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UN’ANTICA IMMAGINE DELLA MADONNA.
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Oh, se quel dolce labbro, che d’amore
Pur sorridendo parla, si schiudesse;
Se ciò, che ascose in core
4Per tanto tempo, quella Pia dicesse;
Quante tacite pene e quanti voti
Non d’altri al mondo, che da Lei, compresi,
Quanti conflitti ignoti
8E segreti martìr sarian palesi!
L’umile paesel non ha dolori
Che non ricorra alla chiesuola antica,
E da te grazia implori,
12O non mai tarda degli afflitti amica.
Lì sgomentata, l’abito negletto,
Vien giovin madre che per pochi istanti
All’egro pargoletto
16Il conforto rapì de’ suoi sembianti.
Pel suo fedel sepolto e pe’ garzoni
Lontan lontano militanti accende
Povera cera e doni
20Di pochi fior la vedovella appende,
Che conta i giorni e piagne. Oh, se non vista
La sua lagrima cade, e profumato
Lin non la bee, men trista
24Anco sgorga dal cor racconsolato.
Miti ha gli affanni il povero che crede
Nè per andar di tempi e di fortuna
Si pente della fede,
28Che da’ canti materni apprese in cuna.
Dal fior della scïenza amaro tosco
Sugge l’audace secolo: più tenta
I chiusi abissi e fosco
32Più lo raggira il dubbio e lo tormenta.
Stretti nel pugno i conquistati veri
Sale superbo incontro al cielo: immensa
Luce è ne’ suoi pensieri,
36Ma la notte del cor si fa più densa.
Per tutto investigar di tutto incerto
Ciò che si creda e che si speri ignora.
O co’ tuoi sogni esperto
40La febbre ad irritar che ti divora,
Povero ingegno uman, di tanti voli,
Onde il mondo abbracciasti e pellegrino
Oltre i lontani soli
44Ferver sentisti l’alito divino,
Degno frutto ti par questa sparuta
Di vil lucro maestra e di sozzura
Filosofia che muta
48L’anima in fango e l’avvenir ti fura?
Ahi, dal dì che lo scettro in sua man tolto,
«Più non v’ha Dio,» l’uom disse e re si assise
Dell’universo, il volto
52Scolorato abbassò nè più sorrise.
Spento il sereno fior della speranza
Che rimena la stanca anima a Dio,
Quello che al mondo avanza
56È notte sconsolata e freddo obblio.