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Atto quinto - Scena VII Atto quinto - Scena IX

SCENA VIII.


CARLO, DESIDERIO, ADELCHI ferito e portato.


                      desiderio.
Ahi, figlio!

                       adelchi.
                   O padre, io ti rivedo! Appressa;
Tocca la mano del tuo figlio.

                      desiderio.
                                    Orrendo
M’è il vederti così.

                       adelchi.
                         Molti sul campo
Cadder così per la mia mano.

                      desiderio.
                                        Ahi, dunque
Insanabile, o caro, è questa piaga?

                       adelchi.
Insanabile.

                      desiderio.
                 Ahi lasso! ahi guerra atroce!
Io crudel che la volli; io che t’uccido!

                       adelchi.
Non tu, nè questi, ma il Signor d’entrambi.

                      desiderio.
Oh desiato da quest’occhi, oh quanto
Lunge da te soffersi! Ed un pensiero
Fra tante ambasce mi reggea, la speme
Di narrartele un giorno, in una fida
Ora di pace.

                       adelchi.
                   Ora per me di pace,
Credilo, o padre, è giunta; ah! pur che vinto
Te dal dolor quaggiù non lasci.

                      desiderio.
                                          Oh fronte
Balda e serena! oh man gagliarda! oh ciglio
Che spiravi il terror!

                       adelchi.
                           Cessa i lamenti,
Cessa o padre, per Dio! Non era questo
Il tempo di morir? Ma tu, che preso
Vivrai, vissuto nella reggia, ascolta.
Gran segreto è la vita, e nol comprende
Che l’ora estrema. Ti fu tolto un regno:
Deh! nol pianger; mel credi. Allor che a questa
Ora tu stesso appresserai, giocondi
Si schiereranno al tuo pensier dinanzi
Gli anni in cui re non sarai stato, in cui
Nè una lagrima pur notata in cielo
Fia contro te, né il nome tuo saravvi
Con l’imprecar de’ tribolati asceso.
Godi che re non sei; godi che chiusa
All’oprar t’è ogni via: loco a gentile,
Ad innocente opra non v’è: non resta
Che far torto, o patirlo. Una feroce
Forza il mondo possiede, e fa nomarsi
Dritto: la man degli avi insanguinata
Seminò l’ingiustizia; i padri l’hanno
Coltivata col sangue; e omai la terra
Altra messe non dà. Reggere iniqui
Dolce non è; tu l’hai provato: e fosse;
Non dee finir così? Questo felice,
Cui la mia morte fa più fermo il soglio,
Cui tutto arride, tutto plaude e serve,
Questo è un uom che morrà.

                      desiderio.
                                   Ma ch’io ti perdo,
Figlio, di ciò chi mi consola?

                       adelchi.
                                     Il Dio
Che di tutto consola.
                    (si volge a CARLO)
                         E tu superbo
Nemico mio....

                        carlo.
                       Con questo nome, Adelchi,
Più non chiamarmi; il fui: ma con le tombe
Empia e villana è nimistà; né tale,
Credilo, in cor cape di Carlo.

                       adelchi.
                                    E amico
Il mio parlar sarà, supplice, e schivo
D’ogni ricordo ad ambo amaro, e a questo
Per cui ti prego, e la morente mano
Ripongo nella tua. Che tanta preda
Tu lasci in libertà.... questo io non chiedo....
Chè vano, il veggo, il mio pregar saria,
Vano il pregar d’ogni mortale. Immoto
È il senno tuo; nè a questo segno arriva
Il tuo perdon. Quel che negar non puoi
Senza esser crudo, io ti domando. Mite,
Quant’esser può, scevra d’insulto sia
La prigionia di questo antico, e quale
La imploreresti al padre tuo, se il cielo
Al dolor di lasciarlo in forza altrui
Ti destinava. Il venerabil capo
D’ogni oltraggio difendi: i forti contro
I caduti, son molti; e la crudele
Vista ei non deve sopportar d’alcuno
Che vassallo il tradì.

                        carlo.
                           Porta all’avello
Questa lieta certezza: Adelchi, il cielo
Testimonio mi sia; la tua preghiera
È parola di Carlo.

                       adelchi.
                       Il tuo nemico
Prega per te, morendo.

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