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SCENA IX.
ADELCHI e DETTI.
adelchi.
Padre, ti trovo!
(s’abbracciano)
desiderio.
S’io t’avessi ascoltato!
adelchi.
Oh! che rammenti?
Padre, tu vivi; un alto scopo ancora
È serbato a’ miei dì; spender li posso
In tua difesa. - O mio signor, la lena
Come ti regge?
desiderio.
Oh! per la prima volta
Sento degli anni e degli stenti il peso.
Di gravi io ne portai; ma allor non era
Per fuggire un nemico.
adelchi.
(ai LONGOBARDI)
Ecco, o guerrieri,
Il vostro re.
un longobardo.
Noi morirem per lui!
molti longobardi.
Tutti morrem!
adelchi.
Quand’è così, salvargli
Forse potrem più che la vita. - E a questa
Causa, or sì dubbia ma ognor sacra, afflitta
Ma non perduta, voi legate ancora
La vostra fede?
un longobardo.
A’ tuoi guerrieri, Adelchi,
Risparmia i giuri: ai longobardi labbri
Disdicon oggi, o re: somiglian troppo
Allo spergiuro. Opre ci chiedi: il solo
Segno de’ fidi è questo omai.
adelchi.
V’ha dunque
De’ Longobardi ancora! - Ebben; corriamo
Sopra Pavia; fuggiam, salviam per ora
La nostra vita, ma per farla in tempo
Cara costar; donarla al tradimento
Non è valor. Quanti potrem dispersi
Raccoglierem per via; misti con noi
Ritorneran soldati. Entro Pavia,
A riposo, a difesa, o padre, intanto
Restar potrai: cinta di mura intatte,
Ricca d’arme è Pavia: due volte Astolfo
Vi si chiuse fuggiasco, e re ne uscìo.
Io mi getto in Verona. O re, trascegli
L’uom che restar deva al tuo fianco.
desiderio.
Il duca
D’Ivrea.
adelchi.
(a GUNTIGI che s’avanza)
Guntigi, io ti confido il padre.
Il duca di Verona ov’è?
giselberto.
(si avanza)
Tra i fidi.
adelchi.
Meco verrai: nosco trarrem Gerberga.
Triste colui che nella sua sventura
Gli sventurati obblia! Baudo, il tuo posto
Lo sai: chiuditi in Brescia; ivi difendi
Il tuo ducato, ed Ermengarda. - E voi,
Alachi, Ansuldo, Ibba, Cunberto, Ansprando,
(li sceglie tra la folla)
Tornate al campo: oggi pur troppo ai Franchi
Ponno senza sospetto i Longobardi
Mischiarsi: esaminate; i duchi, i conti
Esplorate, e i guerrier: dai traditori
Discernete i sorpresi; e a quei che mesti
Vergognosi vedrete da codesto
Orrido sogno di viltà destarsi,
Dite ch’è tempo ancor, che i re son vivi,
Che si combatte, che una via rimane
Di morir senza infamia; e li guidate
Alle città munite. Ei diverranno
Invitti: il brando del guerrier pentito
È ritemprato a morte. Il tempo, i falli
Dell’inimico, il vostro cor, consigli
Inaspettati vi daranno. Il tempo
Porterà la salute; il regno è sperso
In questo dì, ma non distrutto!
(partono gli indicati da ADELCHI.)
desiderio.
O figlio!
Tu m’hai renduto il mio vigor: partiamo.
adelchi.
Padre, io t’affido a questi prodi; or ora
Anch’io teco sarò.
desiderio.
Che attendi?
adelchi.
Anfrido.
Ei dal mio fianco si disgiunse, e volle
Seguirmi da lontan; più presso al rischio
Star, per guardarmi: io non potei dal duro
Voler, da tanta fedeltà distorlo.
Seco indugiarmi, di tua vita in forse,
Io non potea: ma tu sei salvo, e quinci
Non partirò, fin ch’ei non giunga.
desiderio.
E teco
Aspetterò.
adelchi.
Padre....
(a un soldato che sopraggiunge)
Vedesti Anfrido?
il soldato.
Re, che mi chiedi?
adelchi.
O ciel! favella.
il soldato.
Il vidi
Morto cader.
adelchi.
Giorno d’infamia e d’ira,
Tu se’ compiuto! O mio fratel, tu sei
Morto per me! tu combattesti!.... ed io....
Crudel! perché volesti ad un periglio
Solo andar senza me? Non eran questi
I nostri patti. Oh Dio!... Dio, che mi serbi
In vita ancor, che un gran dover mi lasci,
Dammi la forza per compirlo. — Andiamo.