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RIME
I.
Fitte nel capo mio ronzan le rime
come nell’alvear d’api uno sciame,
che colse il miei dalle corolle opime
nel vagabondo errar da stame a stame.
Lo colse per le valli e per le cime,
senza fren di regina o di reame,
e se il libero voi non fu sublime,
l’ala fu pari alle modeste brame.
L’alba le vide uscir col primo lume
e la sera tornar nell’ore estreme,
pel seren, per la piova e per le brume
ed io che tutte le conosco a nome,
le veggo lavorar ronzando insieme
e poi fuggir di nuovo e non so come.
II
Api vestite d’or, strette in cintura,
senza posar giammai da mane a sera,
sotto il bacio del sol l’ala leggera
4aprono spensierate alla ventura
nè, se ben picciolette, hanno paura,
chè ciascuna di lor fatta guerriera,
sa una lama snudar sottile e fiera,
8che gocciola velen nella puntura;
e guai se l’offensor non si ritira,
poichè tutte su lui volano a gara
11e non lo lascian più finchè respira.
Chi le stuzzica dunque in sua malora
sappia che presto ed a suo danno impara
14che la rima è velen, che il verso fora!