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XX Settembre
I - XXVIII I - XXX

XX SETTEMBRE


Diceva un Monsignor — «Se il calendario
     non segna una bugia,
oggi è il Venti Settembre, anniversario
     4solenne a Porta Pia.

Oggi l’alloro, l’inno e l’orifiamma
     trastullano i Romani
ed oggi il Re spedisce il telegramma
     8pei fogli di domani.

Come tutto mutò! L’istessà breccia
     che pareva un tracollo
fu rovina di pietre alla corteccia
     12che non toccò il midollo.

Prima, s’intende, facevamo i morti,
     ma lavorammo poi
e quando i furbi se ne sono accorti,
     16comandavamo noi.


Ma ce ne volle! I Santi e le Madonne
     furono il primo saggio,
col Viva il Papa-Re delle pie donne
     20giunte in pellegrinaggio.

Congressi, banche, fraterie, giornali,
     ci dieder poi buon frutto.
Guadagnammo Consigli e Tribunali
     24entrammo da per tutto.

Ora insegnam de’ framassoni ai figli
     di Don Bosco i prodigi
e solitari a Mondragone i gigli
     28cresciamo a San Luigi.

Ah, il vecchio regno, il piccioletto mostro,
     ormai chi più lo stima?
Oggi l’Italia intera è regno nostro
     32e stiam meglio di prima!

Manca soltanto un po’ d’Inquisizione,
     ma la vedremo presto....
Sia benedetta la rivoluzione,
     36la breccia e tutto il resto!» —

Ah, Monsignore, attento alle voltate,
     se no l’asino casca.
Di questo calmo ciel non vi fidate;
     40può venir la burrasca.


Badate, Monsignor, che la grandezza
     non vi serva d’intoppo.
Il soverchio tirar la corda spezza
     44e voi tirate troppo.

Badate, Monsignor, che se a raccolta
     la vecchia tromba suona,
se apriremo la breccia un’altra volta,
     48sarà la volta buona!





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