< Adiecta (1905) < II
Questo testo è stato riletto e controllato.
Mammona
II - XXVIII II - XXX

MAMMONA


     Imagine deforme
nel fosco ciel che tuona
3l’Assirio Iddio Mammona
erge in un nimbo enorme
il capo di sparviero
6sordidamente nero.

     Scuote il flagello d’oro,
forza, strumento e segno
9del suo ribaldo regno
ed il flagel sonoro
nella implacabil mano
12gronda di sangue umano.

     Dal pugno che la serra
una catena pende
15che si disnoda e scende
come una serpe a terra,
quasi nasconder tenti
18i biechi avvolgimenti.


     E tu, secol civile,
che l’onta tua non vedi,
21tu ti trascini ai piedi
di questa imagin vile
e strisci e baci e preghi
24e la pietà rinneghi!

     Or va! Poi che tu mostri
del cor la lue profonda,
27va! Nella polve immonda
bene al tuo Dio ti prostri.
È il Dio dell’oro e ormai
30più degno Iddio non hai.

     Ma bada! Una saetta
squarcia la densa notte.
33Mandan le nubi rotte
un urlo di vendetta....
Bada! Vedrai tra poco
36piovere sangue e foco

     e l’hai voluto! Ultrice
l’ora t’incalza e stringe,
39la terra ti respinge,
il ciel ti maledice
e al colpo che t’uccide
42il tuo Mammona ride!



Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.