Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | III - XIV | III - XVI | ► |
III NOVEMBRE
Ultimo fior dell’epopea romana,
nato di sacrificio e di virtù,
o fior di villa Glori e di Mentana,
4la tua radice non germoglia più.
Il vermiglio color di fiamma viva
parve pericoloso alla viltà;
troppo gagliardo il calice s’apriva
8ai primi baci della libertà
e tosto i bocci sullo stel fiorente
la moderata forbice castrò,
poi l’italico bue stupidamente
12la sacra terra che ti crebbe, arò.
Sotto il pungolo vil dell’interesse,
dei martiri tra l’ossa il solco aprì;
ma quando biondeggiò pingue la messe,
16il publicano se ne impadronì.
E ben ci sta. Come la nebbia incombe
sui colli sacri dove crebbe il fior,
così, freddo l’oblio, copre le tombe
20dove riposa dell’Italia il cor,
il generoso cor che non pesava,
nelle battaglie il quando ed il perchè,
ma che del sangue suo crocesignava,
24crisma divino, sulla fronte i Re.
Ed or, poveri morti, ai soddisfatti
troppo la soma del dover pesò.
L’istessa lingua che giurava i patti,
28ruppe la fede data e spergiurò,
mentre voi che giuraste — o Roma, o morte
l' eterno sonno lo dormite qui,
dove, quadrata, l’ultima coorte
32gittò l’ultimo grido e poi morì.
Ultimo fior dell’epopea romana,
nato di sacrificio e di virtù,
o fior di Villa Glori e di Mentana,
36la tua radice non germoglia più!