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La spedizione Andrée
La spedizione di Fridthioff Nansen La futura spedizione di Sua Altezza Reale il Duca degli Abruzzi

LA SPEDIZIONE ANDRÉE


Un’altra audacissima spedizione che ha vivamente commosso il mondo scientifico e che ha pure fatto palpitare tanti cuori, è stata quella intrapresa da un compatriota di Nansen, dal signor Salomone Augusto Andrée e dai suoi due compagni, i signori Strindberg e Fraenkel.

Già molti scienziati ed esploratori, in questi ultimi anni si erano occupati a studiare le possibilità d’una spedizione polare col mezzo dei palloni. Il tenente Cheyne della marina americana, pel primo aveva ventilato il progetto, anzi nel 1882 aveva già iniziata negli Stati Uniti una sottoscrizione nazionale per raccogliere gli 80.000 dollari necessari per le spese ma che poi sfumò.

Invece di salpare dalle Spitzbergen, il Cheyne aveva scelto come punto di partenza la baia di San Patrick, lontana cinque miglia dal luogo dove il capitano Nares aveva svernato colla Discovery durante l’inverno del 1875-76, trovandosi colà un vasto giacimento di carbon fossile.

Le difficoltà dell’impresa parvero allora tali, da rigettare immediatamente il progetto del luogotenente americano, anzi poco mancò che non venisse trattato da pazzo. Nondimeno alcuni scienziati ed alcuni aeronauti furono di parere affatto contrario, anzi uno di loro, l’Andrée, si mise a studiare seriamente l’audace tentativo e si convinse che se i pericoli erano grandi, le possibilità di giungere rapidamente al polo erano molte.

Prima però di maturare il progetto volle conoscere le regioni polari e nel 1881 prendeva parte alla spedizione svedese del capitano Thorsder alle Spitzbergen, che aveva per iscopo di studiare il passaggio di Venere.

Ritornato in patria, si consacrava completamente allo studio della navigazione aerea, facendo numerose ascensioni con un pallone che si era fatto fabbricare a Parigi da Gabriel Yvon.

Nel 1895 l’intrepido aeronauta lanciava, al mondo stupito, la notizia che stava per tentare l’esplorazione del polo con un pallone. Tale audacia parve così enorme, che dapprima non fu creduta, quando però si seppe che già nella Svezia e Norvegia si raccoglievano i fondi necessari per la costruzione dell’aerostato o che il punto fissato per la partenza era una delle sette isole dell’arcipelago delle Spitzbergen, nel mondo scientifico si aprì una grossa campagna prò e contro il progetto che i più ritenevano, e forse non a torto, come una pazzia, ammirabile sì, ma pur sempre una pazzia.

Infatti enormi difficoltà si presentavano e prima fra tutte quella di una corrente aerea stabile che lo portasse verso il polo, sapendosi ormai che i venti dominanti soffiano dal nord al sud; l’impossibilità che il pallone potesse sostenersi in aria parecchi giorni in una regione dove il freddo, anche in estate, è intenso, e dove un subitaneo gelo poteva guastare la seta; le difficoltà di portarsi provviste sufficienti per poter vivere parecchi mesi, nel caso che gli aeronauti fossero stati costretti a scendere sui grandi campi di ghiaccio. Ciò nondimeno Andrée, uomo risoluto e fermamente convinto nella buona riuscita del suo progetto, non esita. Raccolte, mediante una sottoscrizione nazionale, 130.000 corone delle quali 45.000 sottoscritte dal Re di Svezia, si fa costruire a Parigi, dal Lachambre, un enorme pallone di seta doppia, della cubatura di 4500 metri e nell’estate del 1896 salpa per le Spitzbergen a bordo della nave a vapore la Virgo, ma la corrente favorevole manca e dopo due mesi di soggiorno su quella terra deserta, trascorsi in vana aspettativa, la spedizione ritorna in Norvegia.

Qualunque altro si sarebbe forse scoraggiato ed avrebbe rinunciato definitivamente al tentativo, ma non l’Andrée.

Attende pazientemente l’estate successiva, occupando il tempo ad introdurre nuovi perfezionamenti nel suo pallone, ed il 18 maggio la spedizione salpa da Gothenborg a bordo della cannoniera Svendksund, seguita più tardi dal battello a vapore Virgo che l’attendeva a Tromsò.

Il 30 maggio le due navi, che portavano anche numerosi invitati, si ancoravano all’isola dei Danesi, al nord dell’arcipelago delle Spitzbergen, luogo scelto per la partenza degli aeronauti, dove vengono raggiunte, alcuni giorni dopo, dallo sloop l'Express noleggiato da alcuni turisti e dal Lafoten condotto dal capitano Sverdrup, l’ex-comandante del Fram, la nave di Nansen.

Lo sbarco del pallone ed il suo gonfiamento richiedono parecchie settimane; pei primi di luglio tutto è pronto ed il gigantesco pallone si libra superbamente entro la sua prigione di legno.

Come fu detto, aveva una cubatura di 4500 metri ed era un vero capolavoro di costruzione. La sua seta era così fitta che non perdeva più di 35 metri di gas ogni ventiquattro ore, quindi si calcolava che potesse mantenersi in aria almeno cinquanta giorni, essendo fornito di 1700 chilogrammi di zavorra.

Inoltre era stato munito di tre corde-guide del peso di 900 chilogrammi, lunghe ognuna 70 metri e che strisciando sui campi di ghiaccio dovevano modificare o rallentare la corsa dell’aerostato.

Nella navicella erano stati collocati, con cura estrema, tutti gli oggetti indispensabili: barometri, bussole, apparecchi fotografici, medicine, lampade elettriche, armi, munizioni, coperte, una cucina, mentre i viveri, rinchiusi in trentasei sacchi contenenti 750 chilogrammi, erano stati sospesi ad altrettante corde pendenti intorno alla navicella. Consistevano in conserve alimentari, in carni concentrate ed in vini scelti.

Oltre tuttociò, nella navicella eran stati collocati un canotto smontabile, costruito con un doppio tessuto impermeabile e della stessa stoffa del pallone, lungo cinque metri e d’una leggerezza sorprendente, che avrebbe dovuto rendere dei preziosi servigi; una gabbia contenente 32 piccioni viaggiatori e parecchi galleggianti da lanciare in mare, portanti la marca: Andrée’s polar expedition-1897 e muniti d’un tubo per mettervi dei documenti.

L’11 luglio, dopo una tempesta, il vento del sud comincia a soffiare irregolarmente.

Prevedendo che la corrente si sarebbe presto definitivamente stabilita, i marinai delle navi demoliscono una parte della costruzione in legno che aveva servito al gonfiamento del pallone e spingono alacremente gli ultimi preparativi della partenza.

Il momento di spiccare il volo verso il polo era giunto. Andrée rimette al comandante dello Svendksund un telegramma da spedirsi a Sua Maestà il Re di Svezia e Norvegia, così concepito:

«Al momento di partire, i membri della spedizione al Polo Nord pregano Vostra Maestà di accettare i loro umili saluti e l’espressione della loro più viva riconoscenza».

Andrée ed i due intrepidi compagni che si sono offerti di seguirlo, quantunque certi di correre incontro alla morte, salutano vivamente commossi gli equipaggi ed i comandanti delle navi, poi entrano nella navicella.

L’aeronauta, con voce ferma, grida ai suoi compagni: — Strindberg!... Fraenkel!... Partiamo!...

Gli equipaggi, ad un comando del capitano Ehrensvard e dei luogotenenti Norselius e Celsing, lasciano le funi ed il pallone si alza maestosamente nell’aria.

Un urrah immenso scoppia: tutti i marinari della Svendksund e delle tre baleniere ancorate nella baia salutano entusiasticamente i tre eroi che salpano pel polo.

Il gigantesco pallone si alza a cento metri, avendo le tre corde-guide sospese, poi prende decisamente la via del nord, allontanandosi con una velocità di trenta a trentacinque chilometri all’ora.

Gli equipaggi, radunati sulla spiaggia, lo seguono cogli sguardi, con muta ansietà, col cuore stretto. Alle una dopo mezzodì, Andrée, i suoi due compagni ed il pallone che li portava scomparivano fra le nebbie dell’orizzonte.


* * *


Cosa è avvenuto degli audaci aeronauti?... Mistero!... Quindici mesi sono trascorsi di già e più nessuna nuova è giunta né in Europa né in America, né in Asia, dopo quella trasmessa dall’equipaggio del battello da pesca l'Alken.

Quella notizia, portata da un piccione viaggiatore, raccolto al capo Nord delle Spitzbergen, era in data del 13 luglio ed era stato scritto da Andrée, due giorni dopo la sua partenza, a 82°2’ di latitudine Nord ed a 15°5’ di longitudine Est.

Diceva semplicemente:

«Buona marcia verso il nord. Tutto va bene a bordo. Questo dispaccio è il tredicesimo che mando».

Poi più nulla! Nessun altro piccione viaggiatore è stato raccolto né sulle coste della Russia settentrionale, né su quelle della Siberia.

Hanno potuto, gli aeronauti, giungere al polo?... È probabile, se la corrente favorevole che gli spingeva non è stata spezzata da qualche altra proveniente dal nord, potendo, colla velocità di trenta chilometri all’ora, giungervi in meno di due giorni, ma poi?... Cosa è accaduto di loro?... Sono ancora vivi e tentano di giungere sulle sponde della Siberia o sulle isole dell’America settentrionale, oppure il freddo dello scorso inverno li ha uccisi?... Ecco quello che ancora si ignora.

Una spedizione è stata organizzata in Norvegia per mettersi in cerca di Andrée e dei suoi compagni. Andrà a visitare l’Isola di Jan Mayen e le coste della Nuova Semlia, incrociando fra il 70° e l’80° di latitudine, però si dubita molto che possa portare un po’ di luce sulla sorte dei disgraziati aeronauti.

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