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IL CERVO.
di là del Serchio? Il cervo d’unghia nera
si sépara dal branco delle femmine
e si rinselva. Dormirà fra breve
5nel letto verde, entro la macchia folta,
soffiando dalle crespe froge il fiato
violento che di mentastro odora.
Le vestigia ch’ei lascia hanno la forma,
sai tu?, del cor purpureo balzante.
10Ei di tal forma stampa il terren grasso;
e la stampata zolla, ch’ei solleva
con ciascun piede, lascia poi cadere.
Ben questa chiama “gran sigillo„ il cauto
cacciatore che lèggevi per entro
15i segni; e mai giudizio non gli falla,
oh beato che capo di gran sangue
persegue al tramontare delle stelle,
e l’uccide in sul nascere del sole,
e vede palpitare il vasto corpo
20azzannato dai cani e gli alti palchi
della fronte agitar l’estrema lite!
Ma invano invano udiamo i cupi bràmiti
noi tra le canne fluviali assisi.
Tu non ti scaglierai nel Serchio a nuoto
25per seguitar la pesta, o Derbe; e il freddo
fiume non solcherà suplice solco
del tuo braccio e del tuo predace riso,
fieri guizzando i muscoli nel gelo.
Inermi siamo e sazii di bellezza,
30chini a spiare il cuor nostro ove rugge,
più lontano che il bràmito del cervo,
l’antico desiderio delle prede.
Or lascia quello il branco e si rinselva.
Forse è d’insigni lombi, e assai ramoso.
35Ei più non vessa col nascente corno
le scorze. Già la sua corona è dura;
e il suo collo s’infosca e mette barba,
e fra breve sarà gonfio dal molto
bramire. Udremo a notte le sue lunghe
40muglia, udremo la voce sua di toro;
sorgere il grido della sua lussuria
udremo nei silenzii della Luna.