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IL POLICEFALO.
le canne è quel medesmo degli astuti
lacci, e la cera troppo sa di miele.
Il suono puerile è breve oblio
5pel cor prestante che non ama il gioco
facile né cattare il sonno lieve.
Né tu sei cittadino d’Agrigento
nomato Mida, vincitore in Delfo.
Né t’insegnò la Cèsia il grande carme.
10Pallade Atena dai fermi occhi chiari
prima inventò tal melodìa, nel giorno
in cui Medusa tronca fu dall’arpe.
Udì le grida e i pianti ch’Euriàle
mettea tra il sibilare dei serpenti
15verso la strage; udì l’orrendo ploro.
I gemiti di Steno come dardi
fendeano l’etra, e tutti gli angui eretti
minacciavan l’eroe nato dall’oro.
Così la Melodía di Mille Teste
20nacque in giorno sanguigno; e la raccolse
Pallade Atena e modulò per l’uomo.
Le canne dei canneti d’Orcomèno
ella guarnì con làmine di bronzo
e sì ne fece più possente il tuono.
25Spezzate i flauti esigui, auleti imberbi,
poi che non han potenza al grande carme.
Cercatemi nel mare i nicchi intorti.
V’insegnerò davanti alle tempeste
dedurre dalle búccine profonde
30la melodia delle mie mille sorti.