Questo testo è stato riletto e controllato. |
Choro
◄ | Atto secondo - Scena terza | Atto terzo - Scena prima | ► |
CHORO.
Da qual mastro s’apprende
La tua sì lunga, e dubbia arte d’amare?
Chi n’insegna à spiegare
Ciò che la mente intende,
Mentre con l’ali tue sovra il Ciel vola?
Non già la dotta Athene,
Nè ’l Liceo nel dimostra,
Non Febo in Helicona,
Che sì d’Amor ragiona,
Come colà s’impara,
Freddo ne parla, e poco,
Non hà voce di foco,
Come à te si conviene,
Non alza i suoi pensieri
A par de’ tuoi mestieri
Amor degno maestro
Sol tu sei di te stesso,
E sol tu sei da te medesmo espresso:
Tu di leggere insegni
A i più rustici ingegni
Quelle mirabil cose,
Che con lettre amorose
Scrivi di propria man ne gli occhi altrui:
Tu in bei facondi detti
Sciogli la lingua de’ fedeli tuoi,
E spesso (ò strana, e nova
Eloquenza d’Amore)
Spesso in un dir confuso,
E’n parole interrotte
Meglio si esprime il core,
E più par, che si mova,
Che non si fà con voci adorne, e dotte,
E ’l silentio ancor suole
Haver prieghi, e parole.
Amor, leggan pur gli altri
Le Socratiche carte,
Ch’io in due begl’occhi apprenderò quest’arte:
E perderan le rime
De le penne più saggie
Appò le mie selvaggie,
Che roza mano in roza scorza imprime.