< Amori (Savioli)
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XVI - All'Amica abbandonata
XV - La Notte XVII - Le Fortune

Me non tuffò nel Tanai
     Braccio di madre Scita,
     E non di Scilla inospita
     4Il fianco a me diè vita.

Non io crudel spettacolo
     Al fondator di Tebe
     Nacqui a fraterno esizio
     8Dalle incantate glebe.

Ed anco a noi pieghevole
     Il cielo anima diede:
     Non l’è pietate incognita,
     12Non cortesía, non fede.


Il giuro; al cor mi scesero
     Le tue dolenti note:
     Io sospirai: di lagrime
     16Vuoi più? bagnai le gote.

Piansi, e ’l furor che t’agita,
     Che a lamentar ti mosse,
     Quasi improvviso fulmine
     20La vinta alma percosse.

Ma deh pei dì men torbidi,
     Ch’or richiamar non lice,
     Per me, per te medesima
     24Pon fine all’ira ultrice.

Eterna fe, confessolo,
     Più volte a te giurai;
     Nè, il san gli Dii, giurandola,
     28Di spergiurar pensai.


S’altro fu poi, non volgasi
     Dell’opra in me la colpa:
     Amor del tutto origine,
     32Il solo Amor ne incolpa.

Onnipossente, indomito,
     Signor d’incerte voglie
     Lega a suo grado gli animi,
     36E a grado suo gli scioglie.

Che non s’udì dal Tessalo
     Deidamía giurare?
     Fede giurò perpetua,
     40Giurò di ritornare.

Rise Il figliuol di Venere
     I giuramenti, e i voti;
     E voi, gridò, portateli
     44Pel mar Carpazio, o Noti.


Ed aspettò la misera
     Le infide vele invano,
     E invano al petto ingiuria
     48Fè coll’avversa mano;

E invan discinta e pallida
     Pianse sul lido incolto,
     E i pianti suoi bagnavano
     52Al picciol Pirro il volto.

Vuoi più? le leggi ei modera
     Amor del sordo fato,
     Egli i decreti ferrei
     56Segna col dardo aurato.

Ei fu, che agli occhi offersemi
     Cara beltà novella,
     E coll’usato imperio
     60Disse; arderai per quella.


Arsi: tra ’l foco insolito
     Tu mi tornasti in mente:
     Tuo sdegno, e tuoi rimproveri,
     64Tutto ebbi allor presente.

Il Nume io stesso, io supplice
     Pregai, sicchè cessasse:
     Fei voti, onde men rigido
     68Tua preda a te lasciasse.

Ma da sue leggi ir libero
     Chi può, se a lui non piace?
     Vivo il novello incendio
     72Tien coll’eterna face.

D’ogni timor qual siasi
     Il Dio mi vuol securo,
     Mentre il rimorso togliemi
     76Perfin del mio spergiuro.


Eco gentil dolendosi
     Del suo crudel Narciso,
     In voce ignuda ed arida
     80Cangiò le membra, e ’l viso.

Clizia affannosa Driade
     In croceo fior cangiata,
     Tien volta al caro Apolline
     84La faccia abbandonata.

Tregua a sospiri, e a lagrime,
     Fine alle tue querele,
     Onde gli Dii non t’abbiano
     88Pietà così crudele.

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