< Antigone (Sofocle - Romagnoli)
Questo testo è stato riletto e controllato.
Sofocle - Antigone (442 a.C.)
Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1926)
Prologo
Personaggi Parodo



È l’alba. Dalla reggia escono Antigone e Ismene.


antigone
O mia compagna, o mia sorella. Ismene,
sai tu quale dei mali che provengono
da Edipo, Giove sopra noi non compia,
mentre siamo ancor vive? Oh!, nulla v’è
5di doloroso, di funesto e turpe,
di vergognoso, che fra i mali tuoi,
fra i mali miei visto non abbia. E adesso,
qual bando è questo, che il signore, dicono,
fece or ora gridar nella città?
10Lo sai? Lo udisti? O ignori tu che offese,
come a nemici, sugli amici incombono?
ismene
Nessuna nuova, né trista né lieta,
dei nostri amici, Antigone, mi giunse,
da quando entrambe noi di due fratelli
15orbe restammo, in un sol giorno uccisi
con reciproca mano. E poi che lungi
la scorsa notte andò l’argivo esercito,

io null’altro mi so: né più felice
né sventurata più di pria mi reputo.
antigone
20Ben lo sapevo; e fuori del vestibolo
perciò ti trassi; per parlarti sola.
ismene
Che c’è? Qualche tuo detto oscuro sembrami.
antigone
Non sai tu che Creonte, onor di tomba
concesse all’uno dei fratelli nostri,
25l’altro mandò privo d’onore? Etèocle,
come la legge e la giustizia vogliono,
sotto la terra lo celò, ché onore
fra i morti avesse di laggiù; ma il corpo
di Poliníce, che perí di misera
30morte, ha bandito ai cittadini, dicono,
che niun gli dia sepolcro, e niun lo gema,
ma, senza sepoltura e senza lagrime,
dolce tesoro alle pupille resti
degli uccelli, che a gaudio se ne cibino.
35Questo col bando impose il buon Creonte
a te, dicono, e a me — lo intendi? a me! —
e che vien qui per proclamarlo chiaro
a chi l’ignora; e che non prenda l’ordine
alla leggera; e chi trasgredirà,
40lapidato morir dovrà dal popolo
della città. Son questi i fatti. E presto

mostrar dovrai se tu sei generosa,
o se, da buoni uscita, sei degenere.
ismene
Se a questo siamo, o sventurata, come
45stringere io mai potrei, sciogliere il nodo?
antigone
Vedi, se oprare vuoi, meco affrontare...
ismene
Quale cimento? Il pensier tuo dov’erra?
antigone
Se dar sepolcro vuoi meco al defunto.
ismene
Vuoi seppellirlo, e la città lo vieta?
antigone
50Anche se tu rifiuti: traditrice
niun potrà dirmi: è mio fratello e tuo.
ismene
Quando Creonte fa divieto, o misera?

antigone
Strappar non mi potrà da chi m’è caro!
ismene
Ahimè!, sorella, al padre nostro pensa,
55che odiato morí, per le sue colpe
ch’egli stesso scoprí, d’onore privo,
e con la man sua stessa ambe le luci
si svelse; e poi la madre sua, sua moglie —
di nomi orrida coppia! — a un laccio stretta,
60scempio fe’ di sua vita; e i due fratelli,
terza sciagura, l’un l’altro s’uccisero
in un sol giorno, miseri, e compierono
con reciproche mani il triste fato.
Ora noi due, sole rimaste, vedi
65quanto sarà la nostra fine orribile,
se i decreti del principe e il potere
trasgrediremo, della legge a scorno.
Ed anche a ciò convien pensare: femmine
siamo, e non tali da lottar con gli uomini;
70e assai piú forti son quelli che imperano;
e obbedire dobbiam dunque ai loro ordini,
e se fosser piú duri. Io dunque, ai morti
chiedo perdono, poi che son costretta,
ed ai potenti obbedirò: ché ardire
75oltre le proprie forze, è cosa stolta.
antigone
Piú non ti prego; né se ancor tu l’opera
partecipar volessi, io di buon grado
t’accetterei: sii tu quale esser brami.

Sepolcro io gli darò: bella, se l’opera
80avrò compiuta, mi parrà la morte.
E cara giacerò presso a lui caro,
d’un pio misfatto rea: poiché piacere
piú lungo tempo a quelli di laggiú
debbo, che a quelli che qui sono. Là
85giacer debbo in eterno. E tu, se credi,
disprezza pure ciò che i Numi pregiano.
ismene
Non lo disprezzo io, no; ma fare quello
che la città divieta, io non ardisco.
antigone
Tu tal pretesto adduci: io vado, e il tumulo
90innalzo intanto al fratel mio diletto.
ismene
Misera me! Come per te pavento!
antigone
Non temere per me! Pensa a salvarti.
ismene
Non svelare ad alcuno il tuo disegno,
ma nascondilo; e anch’io farò cosí.

antigone
95Ah, no, parla! Odïosa più se taci
mi sei, che se ne fai pubblico bando.
ismene
Abbrividir mi fa ciò che t’infiamma.
antigone
Ma piaccio a quelli a cui piacere io debbo.
ismene
L’impossibile brami; e non potrai.
antigone
100Quando più non potrò, desisterò.
ismene
L’impossibile tenti; e sarà vano.
antigone
Se questo dici, l’odio mio sarai,
e infesta anche al defunto: e sarà giusto.
Or me, la mia follia, lascia che soffrano
105l’orrenda pena: niun saprà convincermi
ch’io non affronti questa morte bella.

ismene
Muori dunque, se vuoi; ma questo sappi
che stolta sei, ma cara a chi pur t’ama.
Escono.



Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.