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TERZO CANTO INTORNO ALL’ARA
coro
Strofe
Amore, invitto nelle battaglie.
Amor che piombi fra le contese,
che su le molli gote
870di vergine dimori,
che sopra il mare, sopra le agresti
case t’aggiri,
né alcuno t’evita dei Numi eterni,
né alcun degli uomini che un giorno vivono,
875e i cuor delirano che tu pervadi!
Antistrofe
Ad ingiustizia tu sin le menti
spingi dei giusti, con loro scorno.
Tu questa lite or provochi
fra genti consanguinee.
880E della vergine bella dai cigli,
chiaro è, la Brama
vince, che siede signora presso
le Grandi Leggi. Fra i Numi è Cipride
invitta, e domina col suo capriccio.
Dalla reggia esce, fra le guardie, Antigone condotta al supplizio.
corifeo
885Ed anch’io dalle leggi distolto
sento il cuore, a tal vista, e le fonti
rattenere del pianto non so,
quando Antigone veggo affrettarsi
al giaciglio ove tutti han riposo.
antigone
Strofe I
890O cittadini della terra mia,
vedete me che il tramite
ultimo batto, l’ultima
luce del sole miro,
né piú mai la vedrò. Ché, viva ancora,
895Ade, che tutti accoglie,
me trascina alla spiaggia
del fiume d’Acheronte: alle mie soglie
inno di nozze non suonò, ché sorte
non m’ebbi d’Imenèi:
900io sarò sposa al Nume della Morte.
corifeo
Perciò gloriosa e lodata
a quella funerea latèbra
tu muovi; né colpo t’afflisse
di morbo letal, né di spada
905toccasti mercede; ma, sola
fra gli uomini, all’Ade, ancor viva
scendesti poiché tu volesti.
antigone
Antistrofe I
So che a morte miserrima soggiacque
su le vette del Sípilo
910la straniera frigia,
di Tantalo la figlia.
L’avvincigliò, tenace al pari d’ellera,
un germoglio di roccia;
e nevi e pioggie cadono
915su lei che si dissolve a goccia a goccia;
e a lei sul seno piovono dal ciglio
lagrime. — È uguale il Dèmone
ch’ora m’adduce all’ultimo giaciglio.
corifeo
Diva ella era, e di stirpe divina,
920tu mortale sei, d’uomini stirpe.
Anche morta, per te sarà vanto
che il destino di vita e di morte
pari avesti coi figli dei Numi.
antigone
Strofe II
Ahi, mi schernite! Deh, pei Numi patrii,
925perché non attendete
ch’io sia lungi, e l’ingiuria
mi scagliate sul viso,
o patria, o della patria
cittadini opulenti?
930Voi, fontane dircèe,
te, sacra selva dell’equestre Tebe,
or testimoni invoco,
come, non pianta dagli amici, io movo,
e per che leggi, a un carcere, a un sepolcro,
935ad una fossa inaudita. Oh misera!
Ospite non di vivi
né di morti, non d’ombre
né d’uomini sarò.
corifeo
Giunta agli estremi limiti
940d’ardire, o figlia, sopra
l’eccelsa ara di Dirce
cadesti! Forse qualche
fallo paterno espii.
antigone
Antistrofe II
La piú dogliosa mia pena toccasti,
945il travagliato pianto
del padre mio, di tutta
la sciagura comune
dei famosi Labdàcidi.
Oh, bruttura del talamo
950materno, oh della mia
madre infelice incestuose nozze,
ond’io misera nacqui!
E deve ad essi or questa maledetta
muovere, presso a loro aver soggiorno.
955E tu fratello, quali tristi nozze
avesti in tuo retaggio!
Morendo, me struggesti
ch’ero tuttora in vita.
corifeo
Santo è dei morti il culto;
960ma chi stringe il potere,
il poter violare
non può: l’émpito ingenito
in te, ti volge a morte.
antigone
Non pianto, non amici,
965non inni nuzïali: a me s’appresta
sol questa via funesta.
Né la sacra pupilla
vedere piú m’è lecito
del sol; per la mia sorte
970da ciglio amico lagrima non stilla.