< Antonio e Cleopatra (Shakespeare-Rusconi)
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Atto quinto

NOTA



«Il dramma di Giulio Cesare è, sotto un certo rispetto, continuato da quello d’Antonio e Cleopatra. Due caratteri principali, Antonio ed Augusto, vi si trovano co’ medesimi lineamenti. Quest’ultima tragedia occupa un campo vastissimo, e la sua orditura è meno semplice di quella del divino Giulio. L’unione sopra un solo capo della sovranità divisa dell’impero romano produsse avvenimenti forse troppo grandi, e troppo svariati per poter esser raccolti in un solo quadro. La vera difficoltà del dramma istorico sta nel dover essere ad un tempo un conciso epilogo e un vivace sviluppo della storia. Tale difficoltà fu quasi sempre vinta da Shakspeare; ma nel dramma presente i fatti che succedono fuor della scena, sono così leggermente adombrati, che non li potremmo comprendere se non li conoscessimo per altre letture. È questo senza altro un difetto, poichè l’intelligenza di un’opera dell’arte debb’essere indipendente da ogni studio anteriore. Parecchi personaggi importanti si fanno vedere un momento, e tosto scompaiono. Ciò che serve a preparare l’effetto, o contribuisce a produrlo, non è raccolto in masse abbastanza lucide per far sì che l’attenzione non si disperda. Nondimeno gli eroi del dramma sono disegnati e coloriti con vivacità, si riscontrano mirabilmente, e colpiscono l’immaginazione. Vedesi in Antonio un misto di grandi qualità, di debolezza e di vizi. Divorato dall’ambizione, ma suscettibile di opere generose; immerso nelle voluttà, ma geloso di non esser vituperato, egli si rialza di tratto in tratto e s’appiglia a nobili proponimenti, che poi cedono di nuovo alle seduzioni di una donna. In esso si scorge Ercole fra le catene d’Onfale, ma trasportato ne’ tempi storici, e in abito romano. L’artifiziosa Cleopatra è dipinta senza ritegni; ella è quindi una creatura dubbia, un composto d’alterezza regia, di vanità femminile, di lascivia, d’incostanza e di sincera affezione. Non v’è dignità tragica nella passione ch’ella sente ed ispira, ma vi si scerne un certo che di interessante che nasce dalle di lei attrattive. Antonio e Cleopatra sembrano creati l’uno per l’altra: questa è unica nell’universo per lo splendore di sua bellezza; tale pure è il primo per la gloria di sue geste; e si perdona ad entrambi di aver associata la loro vita poichè si seguono nella tomba. Il carattere aperto e sciolto d’Antonio forma un felice contrasto col freddo e racchiuso egoismo di Cesare Ottavio. Shakspeare delineò degnamente quest’ultimo ritratto, nè si lasciò acciecare dalla fortuna e dalla grande riputazione d’Augusto».

(Schlegel, Corso di lett. dramm.)


fine del volume secondo.

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