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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1847 e 1849
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Anzi, appostatamente ciài d’annà
e ddijje chiaro chiaro: «Eccheme cqui».
Allora quarche ccosa l’ha da dì,
e ssai come potette regolà.
Si tte confessa lui la verità,
s’aggiusta la bbaracca llì per lì:
si ppoi nega, lo cucchi luneddì
e hai raggione da venne e dd’affittà.
Seguitanno a cciarlà ccome fai tu,
oggi o ddomani che lo viè a ssapé
stai fresco, stai: nun te la sbrojji ppiù.
Tu nun te sai risorve, ecco ch’edè.
E si nun fussi ch’io te metto sù
nun ze darìa cardeo peggio de té.
21 gennaio 1847
Note
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