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Traduzione dall'inglese di Gaetano Barbieri (1842)
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Effetti del tremuoto su gli avanzi del vascello naufragato.
1 maggio.
Giunto presso al luogo ov’erano gli avanzi del naufragio, li trovai stranamente spostali; perchè il castel di prua che dianzi era sepolto nella sabbia si era alzato almeno sei piedi; mentre la poppa, andata in pezzi e staccatasi dal rimanente per la violenza dell’acqua poco dopo l’ultima indagine che io feci sovr’essa, parea fosse stata trabalzata e andata a collocarsi in disparte dal rimanente. La sabbia si era tanto addossata d’intorno ad essa che a bassa marea io mi vi poteva accostare, camminando coi miei piedi laddove si trovava prima un ampio tratto di acqua, che mi obbligava a fare circa un quarto di miglio a nuoto se vi voleva arrivare. La cosa mi fece stupore alla prima, ma conchiusi tosto esser questa una conseguenza del tremuoto; e poichè in forza di tale sconquasso lo scheletro del vascello rimase più sbandato di prima, arrivavano di giorno in giorno alla spiaggia molte cose che il mare avea poste in libertà, e che i venti e l’acqua mandavano a riva di mano in mano.
Tutto ciò divagò i miei pensieri dal disegno di traslocare la mia abitazione, onde mi affaccendai soprattutto, massimamente in quel giorno, nel cercare di potermi aprir qualche via entro al corpo del vascello; ma vidi che nulla di così fatto poteva sperarsi, perchè l’interno di esso era pieno zeppo di sabbia. Nondimeno avendo imparato a non disperare più di veruna cosa, divisai di metterne in pezzi tutto quanto mi fosse riuscito, pensando che per poche cose che avessi potato trarne, mi avrebbero sempre servito o ad un uso o ad un altro.
3. Dato di mano alla mia sega tagliai per traverso un pezzo di trave ch’io credo tenesse unito alcun che della parte superiore del cassero; indi con questo pezzo di legno mandai via quanta sabbia potei dalla parte di vascello che rimaneva più alta; ma ingrossandosi la marea, fui costretto per allora a desistere dal mio lavoro.
4. Andai alla pesca, ma non presi un sol pesce che avessi coraggio di mangiare; tantochè io cominciava ad essere annoiato del mio diporto, quando nell’atto appunto di venirmene via, pigliai un giovine delfino. Io mi avea fatto una lenza di gomona sfilata, ma mi mancavano gli ami; ciò non ostante io pigliava spesso tanto pesce quanto poteva aver volontà di mangiarne; seccato tutto al sole il pesce pigliato, lo mangiava dopo questa preparazione.
5. Giorno impiegato lavorando su gli avanzi del naufragio. Fatto in pezzi un altro trave, m’impadronii di tre grandi tavole d’abete che legate insieme feci navigare alla spiaggia appena sopravvenuta la grossa marea.
6. Impiegato nello stesso lavoro; e trattine parecchi catenacci ed altri ferramenti; ottenuti con grande stento e portati a casa con tanta fatica, che mi trovai stanco da vero ed in procinto di abbandonare l’opera.
7. Pure ci tornai ancora, ma non con intenzione di lavorare. Trovai che il corpo del vascello si era fracassato sotto il proprio peso, perchè le travi ne erano rotte e molti pezzi di esso ne pareano staccati; il fondo della stiva era sì aperto, ch’io ci poteva guardar dentro, ma quasi affatto pieno di acqua e di sabbia.
8. Portatomi allo stesso genere di lavoro, presi meco un rampicone di ferro per disfare il ponte che lasciai questa volta libero di acqua e di sabbia. Trattene due tavole, portai anche queste al lido con l’aiuto dell’alta marea, e lasciai ove gli aveva portati i rampiconi per valermene nel dì seguente.
9. Tornato all’opera e apertomi strada nell’interno col mio rampicone, sentii parecchie botti, che mossi col ferro stesso, ma senza poter levarle di lì; sentii pure un fascio di piombo inglese e mi riescì anche di smoverlo, ma era troppo pesante per tirarlo via di dov’era.
Dal 10 al 14. Ognuno di questi giorni fu impiegato nella stessa natura di lavoro, e mi fruttò molti pezzi di legname, assi o tavole, e due o tre quintali di ferro.
15. Portai meco due accette per provare se potessi tagliare un pezzo del fascio di piombo, collocandovi sopra il taglio di una di esse e battendola con l’altra; ma siccome questa rimaneva per un piede e mezzo nell’acqua non potei imprimerle alcun colpo che facesse effetto.
16. Era spirato un gran vento tutta la notte, onde lo scheletro del vascello appariva rotto anche di più dalla forza dell’onde. Ma io era rimasto sì lungo tempo ne’ boschi a procacciarmi colombi pel mio nudrimento che, sopraggiunta la grossa marea, m’impedì in questo giorno di andare al consueto lavoro.
17. Vidi alcuni pezzi di vascello che il vento avea portati su la spiaggia ad una distanza di due miglia da me; a malgrado della qual distanza risolvei di andar a vedere che cosa fossero, e trovai un frammento di sperone1, ma troppo pesante perchè io potessi trasportarlo meco.
Dal 18 maggio al 15 giugno. E in questo giorno e ne’ seguenti sino al 24 di questo mese, il mio lavoro fu sempre dello stesso genere. Nel giorno 24 giunsi, benchè a grande stento, a smovere tante cose col rampicone, che alla prima marea crescente galleggiavano parecchie botti e due casse da marinai; ma il vento soffiando da terra, nessuna di queste cose potè giungere a riva, eccetto alcuni pezzi di legname ed una botte che contenea carne di porco del Brasile, ma affatto rovinata dall’acqua salsa e dalla sabbia. Continuai in simil lavoro ogni giorno fino al 15 giugno, salvo le ore necessarie a cercarmi nudrimento, le quali io facea sempre cadere durante l’alta marea per essere in tempo a recarmi al lavoro giornaliero quando essa calava. In tutto questo tempo ottenni e legnami e tavole e ferramenti, quanti sarebbero bastati a costruire una buona feluca se fossi stato abile a ciò; in più volte ed in pezzi spezzati giunsi ancora a procacciarmi circa un quintale di lastre di piombo.
16. Trasportatomi alla riva del mare, trovai una grossa testuggine, la prima ch’io avessi veduta; e ciò, a quanto sembra, fu solamente mia sfortuna, non difetto del luogo o scarsezza quivi di questi animali; perchè se mi fosse occorso di pigliar terra in un’altra banda dell’isola, ne avrei avuto un centinaio per giorno, come ebbi occasione d’accorgermene in appresso; ma forse avrei pagata troppo caro la mia scoperta.
17. Tal giorno fu impiegato nel cucinare la mia testuggine, entro cui trovai sessanta uova; la carne di essa fu per me in quel tempo la più saporita e deliziosa che avessi gustato in mia vita, perchè io non aveva avuta altra carne, che di capre e d’uccelli da che fui gettato in questo deserto.
- ↑ Unione di pezzi sporgenti dalla ruota di prua che operano di conserva con gli alberi e le altre parti del vascello.