< Avventure di Robinson Crusoe
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Daniel Defoe - Avventure di Robinson Crusoe (1719)
Traduzione dall'inglese di Gaetano Barbieri (1842)
Incontro del vecchio pilota portoghese; arrivo alla spiaggia di Nang-King
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Incontro del vecchio pilota portoghese; arrivo alla spiaggia di Nang-King.



D
all’isola Formosa continuammo la nostra navigazione verso tramontana, tenendoci sempre alla stessa distanza di prima, finchè non avemmo oltrepassati tutti que’ porti della China ove sogliono approdare legni europei; chè avevamo risoluto di far ogni possibile cosa per non cadere a qualunque costo in poter loro, specialmente in quel tratto di mare; la qual cosa, in condizioni tali quali vi ho descritte le nostre, sarebbe stata l’estrema rovina di tutti noi.

Arrivati già al trentesimo grado di latitudine, divisammo prender terra al primo porto di commercio, in cui saremmo capitati; e mentre, per far ciò, andavamo tenendoci non più di due leghe distanti della costa, ne venne incontro dalla spiaggia una barca governata da un vecchio piloto portoghese che, dalla costruzione del nostro bastimento avendone ravvisati per Europei, fece quel tratto di mare coll’espresso fine di offrirne i suoi servigi. Contentissimi di tal sua offerta, lo ricevemmo subito a bordo. Egli, senza nemmeno chiederci ove volessimo andare, licenziò, mandandola addietro, la sua navicella.

Al veder ciò dubitai sì poco della buona disposizione di quest’uomo a condurci dove avremmo voluto, che gli parlai subito di guidarne a Nang-King, parte la più settentrionale della costa Chinese. Il vecchio mi rispose:

— «Oh! so benissimo dov’è il golfo di Nang-King. Ma (e qui sorrise) che cosa volete andare a far là?

— Oh bella! risposi. Esitare in gran parte il nostro carico d’oppio, e provvederci in vece di merci chinesi: tele di bambagia, sete crude, tè, sete lavorate e simili cose; poi tornarcene là donde siamo venuti. Questo vogliamo.

— Ma perchè non andar piuttosto a Macao! Lì non mancherà un ottimo spaccio al vostro oppio, e col vostro danaro potrete procacciarvi tutte le grazie di Dio della China così a buon mercato come a Nang-King.»

Aveva un bel dirgli che il viaggio proposto da lui non ci accomodava. S’era ostinato a volerci mandare a Macao, e nessuno potea levargli ciò dalla testa. Finalmente adoprai seco questa ragione.

— «Ascoltate, figliuolo. Siamo trafficanti, è vero, ma siamo ancora gentiluomini, e ne è venuta la volontà di vedere la grande città di Pekino e la famosa corte del monarca della China.

— Oh bene! il nostro vecchio soggiunse. Andate dunque a Ningpo. Imboccate la foce del fiume che mette nel mare, e fatte cinque leghe, siete nel gran canale. Questo gran canale è un fiume navigabile che passa per mezzo al cuor della China, ne attraversa tutti i fiumi, anche diverse considerabili montagne con l’aiuto di cateratte, ed essendo lungo circa cento settanta leghe, vi conduce diritto diritto alla città di Pekino.

— Va bene, signor Portoghese, ma questa non è ora la nostra faccenda. La gran quistione è se possiate condurci alla città di Nang-King, chè di lì poi andremo a Pekino.

— Per poterlo lo posso benissimo. C’è giusto andato poco fa un gran bastimento olandese.»

Questa novità mi scompigliò alquanto, perchè un bastimento olandese era il nostro spauracchio d’allora, e avremmo preferito incontrarci nel demonio, semprechè non si fosse presentato in forme troppo spaventose. Un di que’ legni e la distruzione di tutti noi erano la stessa cosa a’ nostr’occhi. Sapevamo troppo che in questi mari frequentavano sol vascelli d’alta portata e di una forza superiore di gran lunga alla nostra. Bisogna dire che il vecchio s’accorgesse dell’imbarazzo e mal umore nati in me all’udir la parola bastimento olandese.

— «Ma, signore, questo non vi dee dare nessun fastidio. Voi non avete a temer nulla da un bastimento olandese. Gli Olandesi, ch’io mi sappia, non sono ora in guerra con la vostra nazione.

— No, diss’io; è vero quanto dite. Ma so io quali libertà si possano prendere quando sono in tanta distanza dalla giurisdizione del loro paese?

— Di che libertà parlate? (il mio vecchio piloto non mi dava tregua) non siete mica pirati. Di che cosa volete avere paura? Non se la prenderanno contro a pacifici negozianti. Statene sicuro.»

Se mi restò nel mio corpo qualche po’ di sangue che non mi salisse alla faccia all’udire la parola pirati, convien pensare che qualche ostruzione lo facesse stagnare nei vasi ove circola. Certo la mia confusione fu al di là di quanto si possa immaginare, nè riuscii a dominarla tanto, che il vecchio non se ne avvedesse.

— «Signore, mi disse, credo accorgermi che i miei discorsi vi abbiano conturbato alcun poco. Calmatevi pure e prendete qual via vi piace, contando sempre su tutti gli aiuti e i servigi che possono dipendere da me.

— Non vi nego, gli dissi, che era già alquanto perplesso su la direzione da darsi al mio viaggio, e che la mia perplessità si fece maggiore all’udire quanto diceste intorno ai pirati. Spero che non ce ne sieno in questi mari. Sarei ad un tristo partito se dovessi cimentarmi con loro. Le nostre forze, voi lo vedete, son poche e il nostro bastimento è debolmente armato.

— Signore, egli soggiunse, di ciò non abbiate paura. Da quindici anni in qua non ho mai udito da queste bande parlar di legni corsari, fuor d’uno che fu veduto, mi raccontano, circa un mese fa nella baia di Siam; ma potete stare in pace, perchè è andato dalla parte di mezzogiorno. Inoltre quel bastimento non è nè d’una gran forza, nè fatto per corseggiare. Apparteneva ad un privato che lo comprò per mero uso di traffico, ma la sgraziata ciurma che ne era a bordo lo fece divenire corsaro fuggendo con esso quando il suo proprietario ed alcuni della sua gente furono trucidati all’isola di Sumatra, o poco lontano di lì.

— Come! esclamai mostrando che tutto mi giungesse nuovo. Uccisero il lor capitano?

— No, non ho detto che lo uccidessero essi. Per altro si crede generalmente che, quando fuggirono, lo consegnassero a tradimento nelle mani de’ Malesi, e fors’anche instigarono eglino stessi i Malesi ad ucciderlo.

— In questo caso, diss’io, meritano la morte egualmente come se lo avessero ucciso di propria mano.

— Per dinci! se se la meritano! soggiunse il vecchio, e l’avranno sicuramente se si abbattono in qualche vascello inglese o olandese. I bastimenti delle due nazioni si sono accordati insieme di non dar quartiere a quella ciurma, se capita loro fra le mani.

— Ma come volete, gli chiesi, che ciò succeda, se quel legno corsaro è fuori adesso da questi mari? almeno lo avete detto.

— Lo dicono; ma la sola cosa certa è che fu veduto un mese fa, come v’ho raccontato, nella baia di Siam all’imboccatura del fiume Camboia, ove lo scopersero alcuni Olandesi appartenuti prima a quel bastimento, e che i cialtroni fuggendo piantarono su la spiaggia. Mancò poco che non cadesse nelle mani d’alcuni negozianti ancorati nello stesso fiume, perchè furono spedite delle scialuppe a dargli la caccia; anzi se le due davanti fossero state secondate dall’altre, ci cadea sicuramente. Ma sol due essendo arrivate a tiro di raggiugnerlo, il corsaro virò di bordo, fece fuoco sovr’esse e le sconquassò prima che le altre arrivassero. Allora postosi in alto mare, le scialuppe non danneggiate non poterono più tenergli dietro, e quello fuggì. Ma in quell’occasione delinearono i segnali del bastimento con tanta esattezza, che non possono mancar di conoscerlo ovunque lo incontrino; e se ciò accade, hanno giurato di non dar quartiere nè a comandante nè a comandati, e d’impiccarli quanti sono ad un braccio di pennone.

— Come! esclamai. Li giustizieranno o a torto o a ragione? Gli impiccheranno prima, e li giudicheranno dopo?

— Signore, non c’è bisogno di grandi formalità con bricconi di quella fatta. Legarli uno alla schiena dell’altro e mandarli a stare in fondo del mare sarebbe poco a petto di quello che hanno meritato.»

Il mio vecchio nè potea andar fuori del bastimento senza che io lo sapessi, nè stando lì farmi del male, onde gli tenni il discorso che or sentirete.

— «Or bene, signor Portoghese, è questo appunto il motivo per cui desidero che mi conduciate a Nang-King, e non ho nessuna voglia di cangiar direzione per cercare nè il vostro Macao, nè verun porto ove sieno soliti bazzicare navigli olandesi o inglesi. Dovete sapere che questi signori capitani, olandesi o inglesi che sieno, gli ho per un branco di spensierati, d’insolenti, di temerari, che non sanno dove stia di casa la giustizia, nè comportarsi secondo veruna legge o di Dio o della natura. Fatti boriosi dal comandare ad uno straccio di legno mercantile senza conoscere nemmeno i limiti del loro potere, non avrebbero difficoltà di farla da assassini per punire un creduto ladro, e di commettere a mano salva villanie contra un povero accusato senza prendersi l’incomodo di verificare nei debiti modi se sia a torto o a ragione. Ma forse viverò tanto che basti, per chiamarli ad un rendiconto di tal loro procedere, e far che imparino come la giustizia vada eseguita, che imparino a mal loro costo, quanto sia azione da sconsigliati il trattare da delinquente un uomo prima d’avere verificato il delitto, e s’egli sia quel tale che lo ha commesso.»

Raccontatogli quindi come il nostro bastimento fosse quello stesso che fu assalito per le disposizioni date da essi, gli feci un’esatta esposizione della scaramuccia avuta con le scialuppe e dello stile di battaglia bislacco e codardo che quelle adoprarono. Gli narrai da capo a fondo la storia della compera da me fatta del bastimento, e del servigio resomi dall’Olandese che aveva a bordo. Gli dissi ad un tempo le ragioni ch’io aveva per creder veri e il fatto del primo proprietario del bastimento assassinato dai Malesi, e l’altro della fuga di quella parte di ciurma che s’insignorì del bastimento. «Ma è una fola, aggiunsi, fabbricata dalla fantasia de’ signori capitani inglesi e olandesi, il dire che quegli uomini, ancorchè meritevoli per ciò di castigo, si sieno buttati al mestiere di pirati; e quei signori dovevano ben bene verificare le cose, com’erano prima di avventurarsi ad assalirne e obbligarci ad una inevitabile resistenza. Essi e non noi renderanno un dì conto agli uomini e a Dio del sangue di quegli sciagurati che abbiamo uccisi per la necessità di difenderci.»

Il vecchio Portoghese rimase attonito, sbalordito a tale racconto.

— «Avete non una, ma mille ragioni esclamò, se volete cavarvela da questi mari, e ove vogliate dar retta ad un mio parere, giunti alla China venderete questo bastimento, chè non vi sarà difficile, e là ne comprerete, o ve ne farete fabbricare un altro. È vero che sarà d’una costruzione inferiore, ma sempre quel che basterà a ricondurre voi e le vostre mercanzie al Bengala, o in qualunque altro paese vogliate andare.

— Figuratevi, gli risposi, se non seguirei volentieri il vostro consiglio al primo porto, ove trovassi un altro bastimento adatto al mio viaggio, ed un avventore per disfarmi di quello che ho!

— In quanto a questo (non mi lasciò nemmeno continuare il discorso) troverete avventori a bizzeffe a Nang-King, e uno dei così detti giunchi chinesi vi servirà a meraviglia anche per tornare addietro. Mi darò io pensiero di trovarvi il compratore ed il venditore.

— Va bene, soggiunsi; ma c’è sempre una difficoltà. Poichè mi dite che questo bastimento e tanto conosciuto, potrei, tenendomi al vostro consiglio, mettere in un brutto imbroglio il povero galantuomo che ne fosse il compratore, ed esporlo a farsi ammazzare, quando meno se l’aspettasse; perchè a que’ signori basta trovare il vascello per sentenziare colpevoli gli uomini che vi sono dentro; voi lo vedete che non sono molto sottili nel far distinzioni, e da questa matta loro logica può essere sopraffatto e messo a morte il più innocente uomo della terra.

— Lasciate fare a me; troverò un espediente per andar contro anche a questa disgrazia. Io li conosco tutti questi capitani di cui stiamo parlando, e li vedo tutte le volte che passano da queste parti. Dirò loro le parole che vanno dette, e arriverò a farli persuasi, che sono dalla parte del torto. Spiegherò ad essi, come non sia vero prima di tutto che i rapitori di questo bastimento si sieno mai dati a far la vita di corsari; poi, quel che è più, che i rapitori non sono i possessori presenti del bastimento, passato or nelle mani d’onesti galantuomini che innocentemente lo comprarono per uso del loro traffico. Son persuaso che mi crederanno, o almeno andranno più guardinghi e, se non altro, non prenderanno le cose con tanto caldo per l’avvenire.

*1 — Ottimamente, gli dissi; e mi fareste il piacere di portar loro un’ambasciata a mio nome?

* — Volentieri, purchè me la diate per iscritto, affinchè la sappiano venuta da voi, e non credano che me la inventi.»

* Arresomi alla sua inchiesta, scrissi su i pretesi motivi dell’ingiusto e crudele aggravio, che mi veniva fatto, un luogo discorso, di cui fu conclusione il dichiarare a quei signori comandanti, che avevano commessa un’azione indegna, e che, se mai si fossero lasciati vedere nell’Inghilterra, ed io vissuto tanto da saperlo e trovarmivi nello stesso tempo, me l’avrebbero pagata cara, semprechè le leggi della mia patria non fossero andate, durante la mia assenza, in disuso.

* Il mio vecchio piloto dopo letto e riletto quel mio manifesto, mi chiese se era pronto a sostenere quanto in esso affermai.

* — «Finchè mi rimarrà qualche cosa al mondo, gli risposi, lo sosterrò, e sono convinto, che presto o tardi mi sarà data buona soddisfazione.»

* Ma non venne il caso d’inviare con questo messaggio il portoghese pilota, perchè non tornò più addietro.

Mentre si tenevano fra noi questi propositi, il nostro legno procedeva verso la spiaggia di Nang-King, presso cui dopo tredici giorni di navigazione all’incirca gettammo l’âncora alla punta sud-west (libeccio) di quel grande golfo.



  1. Tutta la parte contrassegnata con asterischi, non trovasi in diverse edizioni inglesi, anzi molti la credono bensì dell’autore, ma da lui indicata nel suo manoscritto come da omettersi, e non omessa per sola svista di qualche tipografo. Certo non giova nè all’interesse nè all’intelligenza del rimanente di questa storia; ma nel secondo rispetto non le dà pregiudizio e per ciò l’ho tradotta.


Note

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