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I Termometri
Bizzarrie Carta bianca e carta nera

I TERMOMETRI.


C’è un arnese ingegnoso nella mia stanza, al quale io porto amore come a fratello. Senz'esso non mi arrischierei a lasciarmi riscaldare dalla stufa quando il rigore dell’inverno è più intenso: è per esso che mi è dato sapere fino a qual punto io possa godere del ristorante tepore. Io guardo ad esso come a volto di amico, ed ei mi fa cenno, notandomi grado per grado tutte le differenze, anche le meno avvertite, di quella limitata atmosfera in cui vivo molta parte del giorno. Anche da me non interrogato ei continua a rispondere; io posso dormire tranquillamente perch’ei sempre veglia. Caro termometro! È sorretto da due colonnette nei lati, e sorge nel mezzo con un arco acuminato, come quello de’ gotici edifizii, sotto il quale è disteso il picciol tubo che contiene il mirabile metallo, presto a salire e a discendere secondo la varia condizione della circostante atmosfera. Si potrebbe proporlo ad emblema di un animo squisitamente affettuoso, a cui si fanno sensibili tutte le impressioni che possono tornar vantaggiose o funeste all’amico; e non contentandosi di rimanerne impressionato, ne dà avviso sollecito ed infallibile senza badare se gli sarà o no dato ascolto. Vorrei continuare a fare l’elogio di questo termometro della mia stanza, ma mi sento portato a parlarvi d’altro per non riuscire prolisso, voglio dire dei termometri che incontro tutti i giorni via per le strade.

Essi mi sono vantaggiosi, nol nego; ma non gli amo. Oh non gli amo questi termometri animati, la cui parte spirituale è tutta mercurio, che s’alza e s’abbassa secondo i mutamenti dell’aria! Eppure non si può a meno di confessare, che a chi sappia interrogarli non apportino spesse volte molti vantaggi. Io ne ho parecchi ai quali professo grandissima obbligazione. Se io voglio sapere che opinione corra di me fra quelle persone, che scioperano tutto il giorno per trovarsi più vigorose la sera a fabbricare opinioni, non ho che a far visita a Fidenzio, e a cercare d’imbattermi in lui per istrada. Quel risolino onde accompagna il saluto, il premermi la mano più o meno forte, il cavarmi di cappello con maggiore o minore esuberanza, mi sono indizii infallibili a congetturare che cosa sia stato detto di me la sera innanzi. Una mattina fra l’altre Fidenzio mi colmò di gentilezze, mi accompagnò buona pezza verso il luogo a cui ero incamminato, togliendosi alla sua strada, fu lì lì per annoiarmi colle reiterate proteste della sua amicizia, e cogli interminabili elogii al mio merito: che diamine! diceva io fra me stesso, non so d’aver vinto nessuna lite, non ho aspirato a nessuna carica, nè posso quindi sperare che mi sia stata conferita... un terno al lotto? non ci gioco mai, nulla pubblicai di recente, se non qualche gramo articolo di giornale, e poi la gloria letteraria non merita tanti inchini... Seppi finalmente che atteso uno scambio di lettere nel mio cognome (Fidenzio è un po’ duro d’orecchia) mi aveva preso pel signor N. N. di cui vociferavasi da varii giorni, che sarebbe d’ora in ora salito a non so che dignità di primo ordine. Mi spiace di non aver avuto modo di rifare il signor N. N. de’ molti inchini, e delle larghissime esibizioni di Fidenzio, da me usurpategli involontariamente per quel malaugurato scambio di lettere sopra descritto.

Ci sono, oltre che i termometri maschi, i termometri femmine; quantunque quest’ultimi per verità in minor numero. Va bene che s’impari per tempo a conoscerle certe occhiatine che accusano un antecedente discorso tenuto in altra casa, e sono mosse da un poco di quell’aura popolare che spira favorevole a gonfiare i palloni. Quante amicizie strette non altrimenti che per questa via! Il fervore di siffatte affezioni fittizie è, rispetto al vero fuoco delle spontanee inclinazioni dell’animo, ciò che il caldo artifiziale della stufa riguardo a quello naturale del sole. Quel primo è padre assai spesso di costipazioni per chi non ci è avvezzo, e per tutti generalmente appena utile durante una stagione. Certo che per alcune persone intirizzite è buono a qualche cosa; intiepidire loro le membra sarebbe nulla, bisogna scottarle chi voglia che si risentano.

Entrando in una stanza, quando ci sia qualcheduno de’ termometri fin qui ricordati, non mi bisogna guardarmi all’intorno per sapere in qual genere di atmosfera io mi trovi. Il contegno della persona, le inflessioni della voce, il modo più o meno libero di girare il capo, di alzare un braccio, mi avverte a puntino, prima ancora che la conversazione sia incominciata, su qual argomento essa sarà per cadere, e di qual tenore saranno le proposte e le risposte. Oh la scienza importante quella di saper leggere in siffatti termometri! Sono tutti segnati d’impercettibili linee dalla fronte al calcagno: ogni grinza della pelle, ogni tenue giuntura del loro corpo hanno il loro significato. Se mi si accennerà con sola una stretta di ciglia, saprò di aver a lato qualche gran personaggio cui il termometro mi avvertirà che io non sono in troppo grande considerazione. Se il saluto mi vien pieno, col riso di tutta la faccia, e anche con un poco di abbassamento del capo posso dire che spira buon vento, che non ci sono all’intorno vapori sovrabbondanti.

Molti ho sentito montare in furia con persone alle quali sarebbesi convenuto il nome di termometri. Quella furia, mi si permetta, era ingiusta. Ci hanno uomini creati da natura a questo fine, bisogna farne conto, e dentro certi limili esser loro grati per l’utilità che ci apportano. Hanno torto coloro che stringono con essi legami amichevoli: l’amicizia non si regola a seconda dei mutamenti dell’atmosfera; o a dir meglio, per l’amicizia non c’è altra atmosfera che del cuore. Finché la temperatura di questo è immutabile, immutabile dee rimanere pur l’amicizia. Ma per resistere alle impressioni esteriori, e non alzarsi nè abbassarsi nel modo che si è detto, bisogna aver sortito da natura mente e cuore temperati appositamente. Anche in ciò adunque prudenza e moderazione nei nostri giudizii: tener l’occhio a chi è nato termometro, per giovarsi delle quotidiane indicazioni che se ne ricevono; ma non presumere che possa rimanere saldo al suo posto chi è fatto da natura per ascendere e discendere continuamente. Quante indagini non vi saranno da ciò risparmiate! Di quanti apparenti misteri non avrete in ciò solo la spiegazione!

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