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Lo Scampimetro
Alfabeto morale Impossibile! — Vedremo...

LO SCAMPIMETRO.


Il signor G. A., uomo di buon umore, e veramente filantropo, al vedere come si vanno a’ dì nostri apprestando sempre nuovi aiuti allo scoprimento del vero e alle comodità della vita, attese, con quanto d’ingegno e di cuore la natura gli ha dato, alla composizione di una macchina di cui narrerò l’uso e l’intenzione; riserbandomi il descriverla ad altro tempo, quando cioè potrò presentarne a’ miei lettori il disegno col mezzo dell’incisione o della litografia, senza che riuscirei, a quanto credo, inintelligibile, come riescono per lo più tutti quelli che vogliono far senza degli occhi, in quelle cose che fatte sono, più che altro, per esser vedute.

La macchina s’intitola scampimetro, e fu immaginata pensando all’innumerabile quantità di seccatori che infestano il mondo, e dei quali essa è destinata a tener lontana il più possibile la funesta influenza. Forse che siffatta invenzione non deve esser posta in riga colle più utili ed importanti? C’è cosa al mondo più utile ed importante del tempo, di cui i seccatori ci rubano tanta, e spesso anche l’ottima parte? Non è la noia, se non il pessimo, certamente de’ peggiori fra i mali? E non sono i seccatori che ce la fanno ingollare in dosi sproporzionatissime alla nostra pazienza? Qual dunque non è il pregio dello scampimetro! Quanta la nostra obbligazione al signor G. A. che ne fu l’inventore!

Non pochi sono gli ostacoli coi quali deve lottare la macchina intenta a scampare la razza umana dalla maligna influenza de’ seccatori. Altri nascono dalla massa prodigiosa de’ seccatori stessi, altri dalla loro varietà indefinibile; molto contrasto fanno le sostanze eterogenee colle quali sono per lo più amalgamati, e molto ancora quanto v’ha in essi di repentino e non agevole ad essere presupposto. L’atmosfera di cui si circondano i seccatori, (con palese antitesi di parole) è poi tanto umida e crassa, da rimanerne la macchina assai facilmente offesa, e coll’andar del tempo affatto inetta all’uffìcio a cui fu destinata.

Ma senz’altri esordii, egli è tempo di entrar a parlare di questa macchina propriamente. Ha dessa doppio ufficio, quello cioè di rendere accorti dell’arrivo del seccatore, e quello di tenerlo discosto, arrivato che sia. L’ordigno destinato al primo ufficio bisogna tenerlo sempre in ordine, e, come si suol dire, montato, perchè il seccatore vi coglie in tutti i luoghi, a tutte l’ore; l’altro basta porlo in azione dopo l’avviso ricevuto dal primo. La macchina indica non solamente l’arrivo del seccatore, ma il genere e la ponderosità che gli è particolare, ciò che rimane segnato per gradi sopra una tessera che sporge da lato alla macchina, a cui sovrasta un’altra tessera corrispondente, che serve a regolare i gradi della difesa.

Quando ve n’andate per la strada potete far uso di una macchina di più piccola dimensione, in quanto che l’accostarsi della persona del seccatore, e per conseguenza l’effetto che mettete in opera a rispingerlo, sono più facilmente sensibili; quando ve ne state in casa, la macchina vuol essere molto maggiore, e può tenersi sulla finestra, di dove, per via d’una campanella, o di zufolo, o d’altro, dà avviso del seccatore che arriva. Vi alzate allora dalla seggiola e gettate l’occhio alla tessera, dopo che montate la macchina a que’ tanti gradi che occorrono a tenerlo lontano. Un abile cameriere potrebbe togliervi anche questa fatica, se forse la macchina non suonasse, domandando di essere posta in azione, appunto all’appressarsi del cameriere.

Il maggior artifizio della macchina, e dove l’ingegno dell’inventore ha dovuto provarsi con più travaglio, sta nell’assegnare ai diversi generi di seccatori e di seccature i gradi corrispondenti. Quando ciò non fosse condotto con abilità e diligenza singolare, se ne avrebbero risultamenti mediocri, se non forse nulli. Guai, a cagion d’esempio, se il seccatore ozioso fosse respinto a quel modo che l’affaccendato! Si correrebbe risico di accrescere la seccatura in luogo di menomarla. In questa parte, quando anche la macchina fosse condotta presentemente al suo maggior punto di perfezione, rimarrebbe alcun che da aggiugnere e da modificare per ogni età, essendo che in ogni età i seccatori assumono aspetti diversi, e infastidiscono il loro prossimo, secondo diverse proporzioni.

Posso tuttavia assicurare tutti quelli i quali credessero di giovarsi della nuova scoperta dei signor G. A. che le gradazioni sono indicate nella tessera con molto fino accorgimento. C’è prima una distinzione generale fra seccatori volontarii ed involontarii; seguono poscia altre distinzioni particolari, e, per quanto ho potuto approfondire il mio esame, le partizioni e le gradazioni sono fatte con diligenza ed acume non ordinarii. Voi ci trovate i seccatori da passeggio, e quelli da conversazione; quelli che vogliono intender tutto, e quelli che non intendono nulla; quelli che parlano di spettacoli e quelli che di politica; quelli che raccontano i proprii amori e quelli che presumono indovinare gli altrui. Sopra tutto c’è un posto distintissimo pei consiglieri spontanei che danno, non interrogati, il loro parere. E a questo punto la macchina dice di premere sul risalto che mette in azione lo scampimetro con quanta forza ci ha nelle dita, e non sarà mai di soverchio.

Devo anche avvertire che per le signore c’è una scala a parte, dacchè non sarebbe giusto che si misurassero come si usa di fare cogli uomini. Altre sono le seccature ch’esse possono dare al loro prossimo, nè qui mi farò a notarle una per una; solamente dirò in generale, che all’inventore dello scampimetro è sembrato che i generi di seccatura femminina sieno in minor copia, che non sono quelli de’ maschi, e in ciò mi sembra che abbia ragione; ma in quei pochi generi, il numero de’ gradi ascende ad un’aritmetica spaventosa, anche in ciò non a torto, per quanto parmi; non fosse altro per l’impossibilità in cui siamo, una volta che quella disgrazia ci sia sopraggiunta, di liberarcene con modi decisi e perentorii, chi non voglia dichiararsi assolutamente villano.

Prima di conchiudere questa notizia, prego i miei discreti lettori ad entrare con me nel sentimento della gratitudine per l’inventore di una tal macchina, pensando alle molte pene che egli avrà dovuto durare, e alla mostruosa pazienza che gli è abbisognata, prima di addomesticarsi co’ seccatori per modo da poter loro assegnare il grado conveniente. Egli dovette soffrirne d’ogni età, d’ogni ordine, d’ogni nazione. Che sarebbe lo scampimetro senza questo? Mentre fuggissi dal seccatore concittadino, eccoti addosso il seccatore forestiero; ti guardi dal plebeo, ed hai il titolato alle spalle; credi avere scampato l’idiota, ed ecco che ti coglie l’erudito. Ebbe ancora il buon senno di congegnar la sua macchina di maniera che ricevesse dal particolare carattere di ciaschedun possessore un movimento particolare. Chi è seccatore per Tizio, per Sempronio è una gioia. Dalla diversa maniera pertanto di premere, di torcere, di tirare, ne derivano movimenti più e meno veloci, più e meno efficaci, più e meno durevoli in tutto l’ordigno dello scampimetro. L’ipocondriaco preme d’un modo, l’uomo allegro d’un altro; il subitano a questa guisa, a quella il riposato: ognuno in somma dà alle proprie difese l’opportuna intensità ed estensione.

Interrogato da me il signor G. A. che premio si ripromettesse dagli uomini che aveva tanto beneficati col suo ingegno, mi rispose non altro che un’iscrizione nel cimitero della sua patria. Mi sono ingegnato di dettargliela, augurandogli tuttavia lunga vita; e la do qui sotto, invitaninvitando altri a far meglio, ciò che potrà accadere assai di leggieri.

G. A. Veneziano
che intese coi proprii studii
a difendere il prossimo dai seccatori
ha qui trovato
luogo opportuno a non temere
la loro vendetta.

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