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III. Il Cancro ardea, passata la sext’hora
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III.
Il Cancro ardea, passata la sext’hora1,
Spirava zephiro e il temp’era bello,
Quieto il mar, e in sul lito di quello,
In parte dove il sol non era anchora,
Vidd’io colei che ’l ciel di sé innamora,5
E ’n più2 donne, far festa: et l’aureo vello
Le cingea ’l capo in guisa, che capello
Del vago nodo non usciva fuora.
Neptunno Glauco Phorco et la gran Theti3
Dal mar lei riguardavan sì contenti,10
Che dir parevon: — Giove, altro non voglio —.
Io, da un ronchio, fissi agli occhi lieti
Sì adoppiati4 aveva e sentimenti,
Ch’un saxo paravamo io et lo scoglio.
- ↑ D’estate (giugno-luglio), poco dopo mezzogiorno.
- ↑ In più, «inoltre, di più.»
- ↑ Tutte divinità marine.
- ↑ ‘Cioè era tanto inebriato. Volle esprimere con tal voce l’ebbrezza cagionata dall’oppio’ (Baldelli).
Note
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