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LXXVII. Il fior, che ’l valor perde
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LXXVII.


Il fior, che ’l valor perde
     Da che già cade1, mai non si rinverde.
Perduto ò il valor mio,
     Et mia bellezza non serà com’era:
     Però ch’è ’l van disio,5
     Chi perde il tempo et acquistarlo spera2;
     Io non son primavera,
     Che ogni anno si rinova et fassi verde.
Io maledico l’hora
     Che ’l tempo giovenil fuggir lassai;10
     Fantina3 essendo anchora,
     Esser abbandonata non pensai:
     Non se rallegra mai
     Chi ’l primo fior del primo amore perde.
Ballata, assai mi duole15
     Che a me non lice di metterti in canto4;
     Tu sai che ’l mio cor vole

     Vivere con sospiri doglia et pianto:
     Così farò fintanto
     Che ’l foco di mia vita giugna al verde5.20

  1. La gioventù.
  2. «È vano il desio di colui che perde il tempo ecc.»
  3. «Fanciulla.»
  4. «Di musicarti.» Se il Boccacci non era in grado di far questo, è però probabile che altri lo facesse per lui, come avvenne di altre sue poesie (cfr. p. 111, n. 1).
  5. Questa ballatina conseguì presto una grande popolarità e fu cantata sicuramente sino al principio del secolo XVII. Infatti la si trova compresa in almeno cinque antiche stampe fiorentine delle Canzone a ballo — una senza data, ma del principio del Cinquecento, le altre del 1532, ’62, ’68 e 1614, — ‘con varietà che testimoniano l’intramettersene che fece la musa del popolo’ (Carducci).


Note

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