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XXXV. Se quella fiamma che nel cor m’accese
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XXXV.


Se quella fiamma che nel cor m’accese,
     Et or mi sface in doloroso pianto,
     Fosse ver me pietosa pur alquanto
     Et del monstrarsi un poco più cortese1,

     Anchora spererei trovar difese5
     Alla mia vita, che m’è in odio tanto,
     E’ sospir grevi rivolger in canto
     Et poter perdonar le facte offese.
Ma perché, come Phebo fuggì Dane2,
     Così costei d’ogni parte mi fugge,10
     Et niega agli occhi miei il suo bel lume,
     Troppo invescata in l’amorose pane
     La mia vita cognosco che si strugge,
     E ’l cor diventa di lagrime fiume.

  1. Anche questo sonetto esprime, come il precedente, il dolore del Boccacci per non poter vedere, tanto spesso quanto vorrebbe, la sua donna.
  2. Per la menzione di Febo e Dafne cfr. XXXIII, 11.


Note

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