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AL MIO SALICE
O fu cortese errore
Del ventolin vagante,
O batte occulto un core,
Giovane salcio, in te.
Nol so ben io; ma come5
Qui riportai le piante,
Le bibliche tue chiome
Vidi piegarsi a me!
E ti gettai le braccia
Soavemente intorno,10
E reclinai la faccia
Sul cortice gentil;
E tu fedel parevi
Ridirti il mio ritorno
Co’ zeffiri più levi15
Del mattutino april!
Ah, mi ricordi ed ami,
Giovane salcio, ancora!
Lo sento dei tuoi rami
Nel timido stormir!20
Ne la rugiada il sento,
Che le tue curve irrora;
Lagrime di contento,
Che spargi al mio reddir!
Come sereno e largo25
Piovi la tua verzura
Di questa fonte al margo,
Ov’io ti posi un dì!
Come di te beato
Guardi nell’onda pura!30
Mai non ti avrei sognato,
Salice mio, così!
Qui, pei silenzi immensi
De le purpuree sere,
Fra’ verecondi incensi35
Degli alberi e dei fior,
Il mio pensier sorgea
A più lucenti spere,
E un immortal mi ardea
Misterïoso amor!40
Qui mollemente assiso
In securtà romita,
Volto a le nubi il viso,
Chiuse le braccia al sen,
Stetti a velar l’ardente45
Raminga Sullamita
Dei pepli d’Occidente
O che lo volli almen!1
Chi mi ritolse ai cari
Ospizi de la villa? 50
Chi dei paterni lari
M’invidiò la fè?
Perchè da la gioconda
Oscurità tranquilla
Volli a più vaga sponda 55
Volger, mal cauto, il piè?
Ecco; l’infermo fianco
Qui riportai di nuovo!
Qui fastidito e stanco
Vengo a posarmi ancor!60
Nulla cangiò sinora!
Quanto lasciai qui trovo!
Ch’io vi ricolga ancora
De la salute il fior!
Ch’io vi risenta, o miti65
Soli de’ miei vigneti,
O cantici romiti
De l’usignuol vicin,
O tortori gementi
Da gl’intimi querceti,70
O profumati venti
De l’ultimo Appennin!
Più florida pei clivi
La primavera esulti,
Il mandorlo e gli ulivi75
S’ingemmino per me:
E tu, Siriaca pianta,
Che la mia fronte occulti,
Col venticel ricanta,
Che vola intorno a te! 80
Da le penombre amene
Del tuo ricurvo ramo
Guardo a le vie che tiene
La sparsa umanità;
E di fraterna lode85
Seguo il vagante Adamo,
Che a le promesse prode
Tende le braccia, e va!
Ah, da quel dì che il pianto
Del profugo Israele90
Sonò converso in canto
Di speme e di terror,
E i salici piangenti
Su l’acque di Babele
Rimormorâr frementi95
D’un popolo al dolor,
Mai non udisti, o Assira
Pianta, quaggiù preghiera
Per l’esul che sospira
Verso il paterno ostel,100
Come la mia profonda
Come la mia sincera,
Che da quest’erma sponda
Vola per tutti al ciel!
- ↑ Si allude alla versione del Cantico de’ Cantici.