< Canti (Sole)
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Al mio salice
Il primo cadavere Epistola a Giuseppe De Blasiis

AL MIO SALICE




O fu cortese errore
     Del ventolin vagante,
     O batte occulto un core,
     Giovane salcio, in te.
          Nol so ben io; ma come5
               Qui riportai le piante,
               Le bibliche tue chiome
               Vidi piegarsi a me!

E ti gettai le braccia
     Soavemente intorno,10
     E reclinai la faccia
     Sul cortice gentil;
          E tu fedel parevi
               Ridirti il mio ritorno
               Co’ zeffiri più levi15
               Del mattutino april!

Ah, mi ricordi ed ami,
     Giovane salcio, ancora!
     Lo sento dei tuoi rami
     Nel timido stormir!20
          Ne la rugiada il sento,
               Che le tue curve irrora;

               Lagrime di contento,
               Che spargi al mio reddir!

Come sereno e largo25
     Piovi la tua verzura
     Di questa fonte al margo,
     Ov’io ti posi un dì!
          Come di te beato
               Guardi nell’onda pura!30
               Mai non ti avrei sognato,
               Salice mio, così!

Qui, pei silenzi immensi
     De le purpuree sere,
     Fra’ verecondi incensi35
     Degli alberi e dei fior,
          Il mio pensier sorgea
               A più lucenti spere,
               E un immortal mi ardea
               Misterïoso amor!40

Qui mollemente assiso
     In securtà romita,
     Volto a le nubi il viso,
     Chiuse le braccia al sen,
          Stetti a velar l’ardente45
               Raminga Sullamita
               Dei pepli d’Occidente
               O che lo volli almen!1


Chi mi ritolse ai cari
     Ospizi de la villa? 50
     Chi dei paterni lari
     M’invidiò la fè?
          Perchè da la gioconda
               Oscurità tranquilla
               Volli a più vaga sponda 55
               Volger, mal cauto, il piè?

Ecco; l’infermo fianco
     Qui riportai di nuovo!
     Qui fastidito e stanco
     Vengo a posarmi ancor!60
          Nulla cangiò sinora!
               Quanto lasciai qui trovo!
               Ch’io vi ricolga ancora
               De la salute il fior!

Ch’io vi risenta, o miti65
     Soli de’ miei vigneti,
     O cantici romiti
     De l’usignuol vicin,
          O tortori gementi
               Da gl’intimi querceti,70
               O profumati venti
               De l’ultimo Appennin!

Più florida pei clivi
     La primavera esulti,
     Il mandorlo e gli ulivi75
     S’ingemmino per me:

          E tu, Siriaca pianta,
               Che la mia fronte occulti,
               Col venticel ricanta,
               Che vola intorno a te! 80

Da le penombre amene
     Del tuo ricurvo ramo
     Guardo a le vie che tiene
     La sparsa umanità;
          E di fraterna lode85
               Seguo il vagante Adamo,
               Che a le promesse prode
               Tende le braccia, e va!

Ah, da quel dì che il pianto
     Del profugo Israele90
     Sonò converso in canto
     Di speme e di terror,
          E i salici piangenti
               Su l’acque di Babele
               Rimormorâr frementi95
               D’un popolo al dolor,

Mai non udisti, o Assira
     Pianta, quaggiù preghiera
     Per l’esul che sospira
     Verso il paterno ostel,100
          Come la mia profonda
               Come la mia sincera,
               Che da quest’erma sponda
               Vola per tutti al ciel!

  1. Si allude alla versione del Cantico de’ Cantici.

Note

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