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ARGOMENTO
Dopo la morte di Pompeo, il di lui contraddittore Giulio Cesare, fattosi perpetuo dittatore, si vide render omaggio non solo da Roma e dal senato, ma da tutto il resto del mondo, fuorché da Catone il minore, senator romano, poi detto «uticense» dal luogo di sua morte, uomo venerato come padre della patria non men per l’austera integritá de’ costumi che pel valore, grande amico di Pompeo ed acerbissimo difensore della libertá. Questi, avendo raccolti in Utica i pochi avanzi delle disperse milizie pompeiane, coll’aiuto di Iuba re de’ numidi, fedelissimo alla repubblica, ebbe costanza di opporsi alla felicitá del vincitore. Cesare vi accorse con esercito numeroso, e, benché, in tanta disparitá di forze, fosse sicuro di opprimerlo, pur, invece di minacciarlo, innamorato della virtú di lui, non trascurò offerta o preghiera per farselo amico. Ma quegli, ricusando aspramente ogni condizione, quando vide disperata la difesa di Roma, volle almeno, uccidendosi, morir libero. Cesare a tal morte die’ segni di altissimo dolore, lasciando in dubbio alla posteritá se fosse piú ammirabile la generositá di lui, che venerò a sí alto segno la virtú ne’ suoi nemici, o la costanza dell’altro, che non volle sopravvivere alla libertá della patria. Tutto ciò si ha dagli storici: il resto è verisimile.