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Marte, invincibil Marte
Questo testo fa parte della raccolta Canzoni eroiche di Gabriello Chiabrera


I

alla serenissima gran-duchessa di toscana.

Cetra de’ canti amica,
     Cetra de' balli amante,
     D'altrui musica man dolce fatica,
     Io dalla spiaggia di Parnaso aprico
     Movo sull’Arno errante:
     E se le membra ho polverose, umile
     Pur sulla fronte porto
     Edera, e lauro al torto,
     Vago ristoro di sudor gentile:
     E te fra le mie dita,
     Cetra, dagli alti Eroi sempre gradita.
Tu le campagne ondose,
     Ampio regno de' venti,
     Tu meco sai varcar l'Alpi nevose,
     Tu, s'invermiglia April vergini rose
     In sul mattin ridenti,
     E tu, se il Ciel sotto l’Aquario verna,
     E col gel frena i rivi
     Rapidi fuggitivi,
     Fissa al fianco mi stai compagna eterna;
     Nè corte rea trass’arco,
     Che mai da me t’allontanasse un varco.
Già per la prima etate
     Cantasti in forme nove
     L’acerba d’una Dea vaga beliate,
     Indi tra’l sangue delle schiere armate
     Vittoriose prove,
     Quando temprava alle stagion più liete
     Dell'alta Roma i danni,
     E i Gotici Tiranni
     Dieder le braccia, e’1 collo al gran Narsete,
     E per Italia allegra
     Tonò Vitellio come Giove in Flegra.
Or de' soavi Amori
     Lascia le corde in pace,
     Fin ch'Amor desti in me novelli ardori;
     E lascia il soon dell’arme a i rei furori
     D’altra stagion pugnace,
     E perch’io sia d’un’alta gloria degno,
     Le corde a gl’inni tendi,
     E tal concento rendi,
     Ch’alta orecchia real nol prenda a sdegno,
     Anzi benigna intenda
     Quanto t’arco discenda, e quanto ascenda.
Ma se nota non hai,
     Che giunga Aquila viva,
     Quando del Sol poggia dorato a’ rai;
     Val sopra l'oro un bel silenzio assai.
     Quando viltà n’è schiva.
     Là nel Permesso, che Toscana inonda,
     Strozzi nettare beve
     Puro Ciglio di neve,
     Ch’ove canta primier, Febo seconda.,
     E i duo nobili augelli
     Cara coppia di Clio Pitti, e Martelli.
Questi con varj accenti,
     Che Anfriso udir solea,
     Quando il Rettor del Sol reggeva armenti
     Tengon dell’alta donna i sensi intenti,
     Onde l'Arno si bea:
     Ed ella in terra dolcemente avvezza
     All'aarmonia celeste,
     Come tuoni, e tempesta
     Udrebbe canto di minor dolcezza:
     Che 'l guardo anco s’adira.
     Se dopo gemma un vetro vil rimira.
Cetra, che stai penosa?
     Tu del gran corso temi,
     E stimi il tuo valor troppo vil cosa;
     Rassembri legno, ove ingolfar non osa,
     Ch’alto sospenda i remi:
     Su su vien meco, e mie vestigio segna,
     Che smisurato ardire,
     Suolsi quaggiù gradire,
     S'Amore e Fè tra sua famiglia il degna.
     Io dell'umil tuo suono
     Al regio piè dimanderò perdono,
Reina, il cui bel crine
     Giunser Fati benigni
     Compagni al gran valor gemme divine;
     L'anime a te congiunte peregrine
     Ben son canto da Cigni;
     Ma s’impelo di fede altrui consiglia
     Alzar la voce frale,
     Benigna alma reale,
     Come colpa d’amore in grado il piglia,
     Nè patisca rifiuto
     D’una povera man picciol tributo.
Per voce ferma e negletta
     Volvesi rivo ancora,
     E pur ricco del Gange il mar l’accetta,
     E dove a Febo innauzi Alba s’affretta

     Stridulo angel s’onora.
     Questa di cetra umil rosa armonia
     Anco destar diletto
     Potrà nel nobil petto,
     Se con sorte s'accorda. Intanto sia,
     Se 'l ripregar mi lice,
     Teco quanto fedel, tanto felice.

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