< Clizia < Atto secondo
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Atto secondo - Scena prima Atto secondo - Scena terza


Pirro, Nicomaco

Pirro
Eccomi!
Nicomaco
Pirro, io voglio che tu meni questa sera moglie in ogni modo.
Pirro
Io la merrò ora.
Nicomaco
Adagio un poco! - A cosa, a cosa, - disse ’l Mirra. E’ bisogna anche fare le cose in modo che la casa non vadia sottosopra. Tu vedi: mogliama non se ne contenta, Eustacchio la vuole anch’egli, parmi che Cleandro lo favorisca, e’ ci si è vòlto contro Iddio e ’l diavolo. Ma sta’ tu pur forte nella fede di volerla; non dubitare, ch’io varrò per tutti loro, perché, al peggio fare, io te la darò a loro dispetto, e chi vuole ingrognare, ingrogni!
Pirro
Al nome di Dio, ditemi quel che voi volete che io facci.
Nicomaco
Che tu non ti parta di quinci oltre, acciò che, s’io ti voglio, che tu sia presto.
Pirro
Così farò, ma mi era scordato dirvi una cosa.
Nicomaco
Quale?
Pirro
Eustachio è in Firenze.
Nicomaco
Come, in Firenze? Chi te l’ha detto?
Pirro
Ser Ambruogio, nostro vicino in villa, e mi dice che entrò dentro alla porta iarsera con lui.
Nicomaco
Come, iarsera? Dove è egli stato stanotte?
Pirro
Chi lo sa?
Nicomaco
Sia, in buon’ora. Va’ via, fa’ quello ch’io t’ho detto. [Pirro parte] Sofronia arà mandato per Eustachio, e questo ribaldo ha stimato più le lettere sue che le mie, che gli scrissi che facessi mille cose, che mi rovinano, se le non si fanno. Al nome di Dio, io ne lo pagherò! Almeno sapessi io dove egli è e quel che fa! Ma ecco Sofronia, che esce di casa.
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