< Commedie (Ariosto) < La Lena
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Prologo primo
La Lena - Persone della comedia La Lena - Prologo secondo

PROLOGO

PRIMO DE LA LENA

INANZI CHE FVSSE

AMPLIATA DI

DVE SCENE.


D
I anzi ch’io ueddi queſti Gĕtilhomini.

Qui ragunarſi, e tante belle gioueni,
Io mi credea per certo che uoleßino
Ballar, che ’l tempo me lo par richiedere:
E per queſto mi ſon ueſtito in maſchera.
Ma poi ch’io ſono entrato in una camera
Di queſto, & ha ueduto circa a ſedici
Perſone, traueſtite in diuerſi habiti,
E che ſi dicon l’un l’altro, e riſpondono
Certi uerſi, m’auueggio che far uogliono
Vna dele ſciocchezze che ſon ſoliti,
Ch’eßi comedie chiamano e ſi credono
Di farle bene. Io che ſo quel che dettomi
Ha il mio Maſtro, che fra le Poetiche
Inuention, non è la piu difficile,

E che i Poeti antiqui ne faceano
Poche di nuoue, ma le traduceuano
Da i Greci, e non ne fe alcuna Terentio
Che trouaſſe egli: e neſſuna o pochißime
Plauto, di queſte c’hoggi di ſi leggono,
Non poſſo non marauigliarmi e ridere
Di queſti noſtri, che quel che non fecero
Gli Antiqi loro, che molto piu ſeppono
Di noi, in queſta, e ſi in ogni altra ſcientia,
Eßi ardiſcan di far. Tuttauia eſſendoci
Gia ragunati qui: ſtiamo un po taciti
A riguardarli. non ci puo materia
Ogni modo mancar hoggi, da ridere.
Che ſe non rideremo del’argutia
De la comedia, al men del’arrogantia
Del ſuo Compoſitor, potremo ridere.

PROLOGO

PRIMO DELLA LENA

INNANZI CHE FOSSE

AMPLIATA DI

DUE SCENE.


D
Ianzi ch’io veddi questi gentiluomini

Qui ragunarsi, e tante belle giovani,
Io mi credéa per certo che volessino
Ballar, chè ’l tempo me lo par richiedere;
E per questo mi son vestito in maschera.
Ma poi ch’io sono entrato in una camera
Di questo, ed ho veduto circa a sedici
Persone travestite in diversi abiti,
E che si dicon l’un l’altro e rispondono
Certi versi, m’avveggio che far vogliono
Una de le sciocchezze che son soliti,
Ch’essi Commedia chiamano, e si credono
Di farle bene. Io che so quel che detto mi
Ha il mio maestro, che fra le poetiche
Invenzïon non è la più difficile,

E che i poeti antichi ne facevano
Poche di nuove, ma le traducevano
Da i Greci; e non ne fe alcuna Terenzio
Che trovasse egli; e nessuna o pochissime
Plauto, di queste ch’oggidì si leggono;
Non posso non maravigliarmi e ridere
Di questi nostri, che quel che non fecero
Gli antichi loro, che molto più seppono
Di noi sì in questa e sì in ogn’altra scienzia,
Essi ardiscan di far. Tuttavía, essendoci
Già ragunati qui, stiamo un po’ taciti
A riguardarli. Non ci può materia,
Ogni modo, mancar oggi da ridere:
Chè, se non rideremo de l’arguzia
Della Commedia, almen de l’arroganzia
Del suo compositor potremo ridere.


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