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I.
2 Novembre 18....
Tu mi domandi la via della vita per camminare più pronta nella vigilia dei sensi. Oh! sai tu che la rivelazione del vero ucciderà le speranze fantastiche nelle quali s’adagia mollemente la tua anima stanca? sai tu che gli Dei si ecclisseranno tutti su quella via dolorosa, e che rimarrai soletta cercandoti intorno come chi cerca un paradiso perduto? sai tu quante fraudi, quanti dolori, quante demenze v’ha seminato la natura per trastullarsi nella sua settimana terrestre?
O anima superba, tu vuoi la pace dal vero, e ti ribelli se la ragione te lo dà fra le lagrime? le vie della natura son scettiche; guai a chi vi si mette per entro senza conoscerle! vuoi tu meco interrogare la sfinge che ti si pianta dinnanzi? vuoi tu profondarti negli abissi dell’essere e inebbriarti di spavento sacro nelle visioni terribili dell’infinito? sei ben presta a disfrondare dalla vita ogni speranza adultera d’oltretomba? immolarti con pieno olocausto alle leggi serene dell’universo senza ridomandare a nessun Dio il prezzo codardo del tuo sagrificio? se sei presta a tanto, vieni, ch’io t’insegnerò la via della vita.
Ti narrerò lo strazio dell’anima mia, le lagrime versate in silenzio, le ribellioni amare, le gioie tragiche, la vittoria disperata. Io ti disnuderò la coscienza come se fossi un Dio che la interroghi. Sento in me un’acre necessità di rivelarmi, perchè ciò che porto dentro a me stesso non è mio ma di tutti coloro che si conquistarono l’ideale attraverso le ombre della carne. Oh! fu ben triste il mattino della mia giovinezza, che per gli altri si apre così riposato così bello! L’estasi virginale d’un sogno pien di mistero, di voluttà, di lagrime, m’affascinò per un istante e poi disparve per sempre. La rimembranza lontana di quel sogno benedetto mi distilla ancora una dolcezza malinconica somigliante all’addio d’un amico. Prima di rifabbricarmi il mio mondo quante ruine attraversai di me stesso! quanti gioghi spezzai con furor procelloso di libertà! I miei fiori d’Adone, i fior del desiderio, gli ho gettati via con uno sdegno sciagurato, e m’esaltai nella mia solitudine infausta come S. Paolo nel terzo cielo.
Il due novembre intenerisce i pietosi sulle tombe dei morti; vuoi tu chinarti un poco a contemplare la mia tomba di vivo? quanti si traggono con sè il cadavere della memoria e non hanno il coraggio di confessarlo. Vieni, te lo confesserò io per tutti. Addio.