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XIV.
21 aprile 18....
Dio, Dio, sempre Dio, diceva l’Innominato là nei Promessi Sposi.
Io ti direi lo stesso ma con altri intendimenti. Ognuno di noi l’ha in sommo della bocca, eppur chi lo comprende? chi l’ha interrogato per vedere che sia e se sia? provati a dimandarne uno dei tanti che lo introducono spesso ne’ loro pensieri, e vedrai che sotto a quel nome c’è un sentimento vago e romantico del mistero eterno che siede in fondo alle cose. L’ignoranza lo registrò sulla sua carta fantastica e, benchè la ragione l’abbia già cancellato dalla natura e dalla storia, nondimeno ingombra ancora tanta parte del genere umano, si commettono ancora, in suo nome, tante opere ladre, e se non si sollevano i roghi per bruciarvi le carni de’ nuovi Prometei che gli si ribellano, s’attizza da ogni parte la guerra scellerata contro le conquiste della ragione, si semina copertamente la calunnia per tutte le vie della vita, si prepara una laida famiglia di tartufi superstiti, e si trafora l’aspersorio anche nel santo cenacolo della scienza. Un Dio fuor dalle leggi meccaniche della natura, creatore di leggi contingenti le quali dipendono tutte dalla sua volontà che le domina, le sospende, le toglie quando gli piace, è un Dio impossibile.
Il concetto meccanico dell’universo come ce lo discopre la scienza, e le volontà trascendenti fabbricate dalla fede, non si convengono fra loro.
L’eterna spontaneità dei gruppi meccanici che si risolve nell’eterna necessità delle leggi non ha d’uopo di nessun Dio che la crei, di nessuna provvidenza che la governi. La provvidenza della natura appartiene a sè stessa; la sua finalità non le viene da un demiurgo fuor dalle cose ma la porta nelle sue leggi stesse che attraverso i disastri immensi dell’accidente ritrovano sempre, o presto o tardi, la loro via. Un Dio trascendente supporrebbe l’assurdo scientifico del sovranaturale; un di fuori dall’infinito vivente non c’è; e se Dio n’è il simbolo, allora ei vive nella natura stessa esprimendone le parti più idealmente vere, allora ciascheduno si reca il proprio Dio con sè, lo riflette come una visione di spirito nel suo cervello, trasmettendolo come la lampana della vita di mondo in mondo.
Anch’io credo in lui, anch’io l’adoro, anch’io mi compenetro nella comunione profonda degli esseri in cui si rivela ed in cui migra nel pellegrinaggio eterno dell’ideale. Ma l’altro Dio, la scienza non lo conosce e lo sdegna. Ben so che tu m’hai ripetuto più volte: «se Dio non appartiene alla scienza appartiene al sentimento che in certe cose val più della scienza; ed io, donna, mi vi abbandono senza interrogare più in la.» Ma sai tu che vuol dire fidarsi al sentimento? sai tu che sia il tuo sentimento? delle due l’una: o è la parte sottratta all’imperio scientifico della ragione, e sarebbe sventura fidarvisi nè ti guiderebbe che a ruina certa; o è la parte più alta della ragione che si fa conscia di sè, ed in quel caso non può repugnarvi.
Che prova dunque il tuo sentimento? nulla di più di ciò che v’ha messo la tua ragione, altrimenti sarebbe una forma dell’ignoranza. L’universo senza Dio ti spaventa perchè non sai ritrovare Dio per entro all’universo; perchè vagheggi un ideale fuor dalle cose, mentr’ei vive, si rinnova, s’infutura con esse; mentr’ei t’illumina il tempio del tuo pensiero in cui si nutre, si moltiplica e si esalta il pensiero dell’universo. Addio.
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