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4 Maggio 18....
«La libertà dello spirito come si accorderebbe ad un concetto meccanico della natura? La scienza che tu chiami redentrice che altro fa se non assoggettarmi alla necessità delle leggi? son io libera di me stessa in questo addentellato ferreo di moti nei quali si costringe e si strozza ogni autonomia di volere conscio di sè?»
Di qual libertà mi ragioni? sei forse centro alle cose da potertele girare intorno? ciò che chiami il tuo mondo è forse l’effetto istantaneo della tua volontà, o non appartiene, pur esso, all’esperienza organica che l’ha fatto qual’è? Tu non puoi dividerti dal tuo passato, non puoi disviare la grande corrente d’eredità che ti mena su per lo mar della vita; ciò che sei non vien da te sola, in ciò che pensi e che senti si riflette il pensiero ed il sentimento di mille secoli di storia. Le leggi fisiche, chimiche, biologiche, de’ tuoi organi sono l’effetto di una lunga esperienza meccanica che le compose in quei gruppi cui nessuna virtù del tuo spirito può sciorre rifacendoli altrimenti da quelli che sono.
Qual parte hai dunque nell’evoluzione storica della tua coscienza? Tu la ricevi disposta così o così per mano del tempo; ciò ch’ei v’ha registrato nessun arbitrio cancella; tu puoi moltiplicare l’eredità che ti venne dai secoli ma non deviarne le leggi meccaniche. V’è un’immensa necessità di cause e d’effetti dalla quale è impossibile di sottrarti; tu nasci recandoti impresso nel tuo cervello il proprio destino. Ciò che dici libertà di spirito non è che la somma delle potenze organiche del tuo cervello esercitate e maturate nel clima storico del secolo decimonono.
Anzi il clima storico stesso nel quale tu vivi, cresci, ti trasformi, è l’effetto, pur esso, dell’esperienza organica che lo creò poco a poco nei centri nervosi convertendoli in veicoli d’ idee. Tu non puoi disfare il tuo mondo ideale come non puoi disfare il mondo organico su cui si fonda; sei circoscritta in un limite al di là del quale t’è impossibile andare. Se tu fossi libera, come credi, il tuo spirito comincierebbe da sè la propria vita indipendente dagli organi, indipendente dal tempo, indipendente dalla storia. Ma tu non sei che parte d’un tutto da cui derivi, che ti domina e t’imprime nel suo clima profondo, di fuor dal quale le attività del tuo cervello si spegnerebbero in un punto. Un arbitrio che si sottraesse alla necessità delle leggi cosmiche, se non fosse un assurdo, sarebbe uno scherno.
Sai tu dov’è la libertà degna dell’uomo che conosce sè stesso? Nel concordarsi alle leggi della natura e non nel ribellarsene. Se i tuoi organi son male disposti a ricevere l’eredità della vita umana nelle sue parti migliori; se le conquiste dell’esperienza non entrarono ancora a saldarsi e maturarsi nel tuo cervello; se i gruppi meccanici vi s’arrestarono a mezza via non convertendosi in quella forma più alta e più idealmente vera alla quale è giunta omai la natura nella storia di sè stessa; se le tue potenze acerbe vi contrastano ancora, e rugge negli organi la ribellione stolta alle sue leggi, tu non sei libera.
Anche qui son pochi, pur troppo, coloro che si conquistarono la libertà dell’intelletto redento riproducendo in sè stessi la legge. La maggior parte dei cervelli è ancora inesperta e rude, l’eredità della vita storica non vi si matura in un gruppo d’attività cognate che si rifecondano insieme; v’è dissidio doloroso e tragico non concordia estetica che le faccia pronte e, per così dire, alate all’ideale che sorge dai disastri del reale. Oh! chi è giunto alla conscia maturità delle potenze concordi ed une colle leggi della natura, le rivela e le adempie in sè stesso, costui è libero. Chi produce con gioia i frutti sereni dell’ideale sdegnando da sè le ribellioni della carne e del sangue, costui è giunto alle cime più alte della vita, libero solo in mezzo agli schiavi. Addio.