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5 Maggio 18....
«Se la libertà è la forma più alta dell’organismo che si concorda alle leggi della natura e della storia, dove collochi tu la parte etica dell’uomo? come si spiega la colpa? come si giustifica la pena? se la volontà non è che simbolo degli stati organici in cui predomina sempre il meglio disposto dai centri nervosi, la colpa è un portato dell’organismo come l’ha fatto l’eredità del tempo storico; non è cosa mia ma di tutti perchè tutti la prepararono e la maturarono dentro di me. V’è dunque una legge nel male come nel bene, e sì l’uno che l’altro si rivelano effetto della dinamica sociale; indifferenti per sè stessi, giacchè la loro origine è l’attività predisposta degli organi non la volontà conscia di sè. La virtù sarebbe dunque un fenomeno e niente più, la giustizia il predominio d’alcuni abiti sopra alcuni altri, e la pena una cappa di piombo gettata addosso a tanti sciaurati che manifestano in sè stessi l’effetto delle colpe altrui? Voi giudicate, voi condannate, voi, non di rado, insanguinate le carni del reo, ma il reo l’avete fatto voi stessi. La società che lo relega da sè, quand’anche non lo uccide, è ben più rea di quello che condanna; il suo grembo è fecondo di colpe; le partorisce ogni tanto ma poi disdegna i suoi parti sagrificandoli crucciata al Re Nomos.»
Che vuol dir ciò? mi domandi accorata, e la mia risposta è, pur troppo, accorata come la domanda.
Le vie della storia son tragiche e la dinamica sociale tu non la puoi fabbricare come ti piace ma comprenderla qual’è. Ciascheduno di noi è il prodotto dell’esperienza storica; i centri nervosi che la trasmettono continuamente al nostro cervello sono pur essi l’effetto d’un’evoluzione meccanica che gli ha disposti nel loro stato recente, e nell’uomo dell’oggi si continua l’esperienza intellettuale e morale di quello del ieri. Or dove si esercita, si matura, e si compie l’esperienza umana se non nella società umana? Fuori di lei l’uomo non rappresenta che un gruppo meccanico senza valore etico, senza progresso, senza ideale. Chi concorda allo stato sociale che l’ha prodotto qual’è, chi sa trasformarsi con lui e per lui, moltiplicandone l’eredità ricevuta, costui fa parte della convivenza umana. Chi vi si ribella violandone in sè stesso le leggi, fa d’uopo cacciarnelo, altrimenti lo stato sociale sarebbe impossibile.
Che diritto ha lo stato d’espellerlo da sè? Il diritto eterno della propria difesa. La dinamica sociale non conosce la colpa se non dove c’è discordia dalle sue leggi. Le colpe sociali somigliano alle colpe della natura; esse son sempre inconscie, sono un effetto certo, indeprecabile, impenitente d’organi adulterati da mille cause segrete che sfuggono, almeno per ora, alla scienza; ma chi le porta in sè stesso non può convertirsi in una forza etica; è condannato a perire e perirà miseramente nelle gemonie sociali.
Gli altri meglio disposti dagli organi si salveranno continuando la grande eredità della storia. Che vuoi? La vita è una battaglia tragica in cui prevalgono sempre i più forti; ma vi prevalgono perchè contengono in sè stessi un più alto ideale che ne costituisce appunto la forza verace. Il fenomeno della colpa è ben triste alla ragione che lo interroga e lo spiega; ma non iscaglia anatemi sul capo degl’infelici nei quali lo vede. C’è qualcosa che stringe il cuore di pietà dolorosa nello spettacolo di que’ reietti dalla mensa umana! Ti pare che una qualche nemesi occulta ne perseguiti i passi amari; invece non altro sono che gli avanzi miserandi cui l’evoluzione storica si lasciò dietro di sè, dimenticandoli sulla via della vita. Addio.