< Confessioni d'un scettico
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21 maggio 18....


Non credo più all’avvenire del cristianesimo; la scienza l’ha già sepolto per sempre e nessuna virtù di pensatori più o meno romantici lo risveglierà nella ragione moderna. So io quanto mi pesa il condannarlo così dopo che l’adorai tanto come il compendio della religione e come l’ideale più alto dell’anima affamata di Dio. Ma i suoi dogmi naufragarono tutti, le sue leggende ci apersero le loro origini, il suo sovranaturale s’è disciolto come un’impossibilità scientifica.

Ora che ci resta di lui se ciò non gli appartiene? quel che restò di Marsia scorticato per mano d’Apolline; una reliquia morta di sè stesso. Il dogma è parte organica del cristianesimo, e se tu ne lo stacchi rifiutandolo come repugnante alla ragione e ti ribelli al sovranaturale su cui punta, per così dir, tutto, a che mi parli di un cristianesimo che rappresenti l’ideale eterno del sentimento? Il suo ideale è nell’apocalissi messianica, nelle speranze d’oltretomba, nel sagrificio della terra al cielo, della natura alla grazia. Quella tetraggine di peccato che respirò per tanti secoli l’umanità maledetta fin dalla cuna; quel perpetuo Calvario sollevato in mezzo alla vita come uno spettro di morte; quell’anatema feroce gittato sulla ragione abbattuta sotto il giogo della fede; quel disprezzo fanatico di tutte le leggi fisiche e storiche; quell’inerzia ascetica d’anacoreti digiuni che aspettano l’imbandigione promessa nel regno dei cieli, è forse ciò l’ideale che si converrebbe al secolo decimonono?

Eppure se il cristianesimo non è qui, esso è nulla. Se tu ne fabbrichi un altro col tuo sentimento e converti l’apocalissi messianica in una rivelazione dell’eterno divino, tu adulteri il cristianesimo stesso, porgendogli un ideale che non conosce e che sdegnerebbe da sè come un frutto satanico della scienza. La chiave di volta del cristianesimo è un concetto ascetico della vita; ei distese l’ecclissi medievale sulla ragione antica omai giunta ad un concetto scientifico dell’universo, liberando l’uomo da quei gioghi che il cristianesimo ricollocò sul suo collo per quindici secoli. Il telaio dell’attività scientifica fu interroto, la natura colle sue leggi eterne disparì dagli occhi abbrunati di pianto, e la verità si stette sepolta sotto un giogo che ieri appena abbiamo scosso dal collo.

L’ideale che illumina il nostro cervello, ideale sano, generate dalla natura e maturato negli organi dall’esperienza di tre secoli che restaurarono l’energie soffocate della ragione, non ci venne dal cristianesimo ma dalla scienza, contro la quale ei cospirò già per le mille demenze che lo sostentavano, e cospira ancora fra le rotte patite e l’abbandono della coltura europea che cresce e si moltiplica contro di lui. Ei trasportò l’uomo fuori della natura, noi lo ricollochiamo nella natura stessa; ei condannò le potenze della ragione, noi le santifichiamo esercitandole nel vero.

A che dunque cristianeggiare l’ideale scientifico che rappresenta la protesta contro l’ideale ascetico? La redenzione che noi aspettiamo per l’avvenire è ben altra da quella annunciata nell’evangelo; il nostro regno dei cieli non è quello dell’apocalissi messianica; anche la terra appartiene al cielo e fa parte, pur essa, dell’infinito vivente. La religione per noi non è giogo che opprime ma libertà che feconda; non è paradiso o supplizio d’oltretomba ma concorde ascensione degli intelletti umani ad una più alta coscienza dell’essere eterno che si manifesta con tutti ed in tutti. Addio.

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