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XXIV.
27 maggio 18....
Un viaggio scettico per l’infinito: ecco la storia del mondo. Chi non comprende che le leggi dell’essere sono scettiche non ne comprende la storia, la quale non è l’effetto d’una virtù creatrice che la predisponga ad un fine trascendente ma si produce dall’esperienza sempre più vasta dei gruppi meccanici nello spazio e nel tempo, e si rivela senz’altro fine che di rivelarsi. La natura è scettica e per ciò non ode le ribellioni stolte del sentimento che si fa centro alle cose misurandole tutte da sè. Forse ch’ella si cura di noi, dei nostri dolori, delle nostre speranze, del nostro orgoglio? si cura dei pensieri che ci desta, dei sogni con cui ci lusinga, delle ebbrezze in che ci esalta?
La natura va serenamente inconscia per le sue vie, e si fa conscia soltanto nel nostro cervello che la riceve, la trasforma, la fa vera. Fuori di noi ella migra di moto in moto, disseminando i pollini delle primavere eterne, producendo cieli nuovi dalle ruine degli antichi. La terra sparirà consumata nel sole, il sole sparirà consumato in un centro più vasto che lo attira fin d’oggi, e noi spariremo con loro; dove n’andrà l’ideale conquistato nelle battaglie tragiche dell’esistenza, a cui prodigammo con tanta fede il miglior sangue dell’anima nostra? Disciolti gli organi della fauna umana si disciorrà con essi la storia umana. Ma il pensiero è ben più alto della coscienza che n’ha l’uomo in un’ora del tempo. Il pensiero sornuoterà al naufragio degli organi; impresso una volta nel moto eterno dell’essere, si risveglierà nei gruppi diversi degli atomi in plaghe migliori, creando cervelli nuovi che lo rispecchieranno men torbido e più efficace del nostro.
Perchè l’esperienza dell’essere dovrebbe arrestarsi nel breve giro dell’uomo? Oh! ficca giù lo sguardo negli ipogei fossili, interroga le faune spente che prepararono la nostra; credi tu che ciascheduna di loro non siasi creduta immortale? eppure son là tutte mute e contrite dalla natura impenitente che le creò per ucciderle. Ma la storia di quelle faune la portiamo segnata nel nostro organismo: anche noi periremo com’esse, anche noi discenderemo nei tetri ipogei della morte, ma rivivremo anche spenti nelle faune superstiti alla nostra. Le forme della vita si disciolgono ma la vita migra eternamente giovine per l’universo.
Tu il vedi son scettico perchè la realtà non è che un gruppo di relazioni senz’alcun fine trascendente; son scettico perchè contemplo le cose dalle cime olimpiche della ragione conscia di sè, son scettico perchè veggo l’ironia dell’essere eterno che si traveste nelle forme caduche di sè stesso, a guisa di fanciullo che scherza coi dadi, come diceva Eraclito. Addio.