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Platone - Critone (IV secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Francesco Acri (1925)
Capitolo I
Introduzione Capitolo II



IL CRITONE

OVVERO

DI QUEL CHE SI DEE FARE.




Le persone del dialogo sono SOCRATE e CRITONE



Socrate. O Critone, come va a quest’ora? non è ancora mattino?

Critone. Oh sì!

Socrate. Che ora è mai?

Critone. È quasi alba.

Socrate. Mi maraviglio come il carceriere t’abbia lasciato entrare.

Critone. È tanto che io ci vengo1, che oramai egli mi s’è un poco domesticato; e poi gli ho fatto anche bene2.

Socrate. E sei tu venuto ora, o è un pezzo?

Critone. Un gran pezzo.

Socrate. E perchè non isvegliarmi subito, e ti sei posto a sedere allato a me, in silenzio?

Critone. Perchè neanche io, per Giove, vorrei stare a vegghiare, con tanta tribolazione3. E poi com’era incantato a guardarti come dormivi quieto; e non t’ho svegliato a posta acciocchè ti passasse il tempo, quanto esser può, dolcemente. E tante volte, anche prima, considerando io la tua natura, ho detto nel cuore mio: Come è felice! Ciò dico specialmente ora in questa tua sciagura, vedendo come la sopporti in pace, con una faccia serena.

Socrate. Eh! Critone, sarebbe una stonata a pigliarsi collera a questa età, se già si ha a morire4.

Critone. Altri pure ce n’è, Socrate, persone di anni come te e disgraziati5, ma l’età non toglie che non si accorino della lor sorte.

Socrate. È vero. Ma perchè sei venuto a così buona ora?

Critone. O Socrate, per arrecarti una dolorosa novella; a te no, lo vedo6; ma dolorosa e nera a me e a tutt’i tuoi amici: per me io sento che non ci reggo. Socrate. Che è? è arrivata la nave da Delo, la quale come arriva, io avrò a morire?7

Critone. Ancora no: ma io mi penso ch’ella abbia ad arrivare oggi, secondochè dicono alcuni, venuti da Sunio, dove la lasciarono8. Ah! dalle loro novelle è chiaro che oggi arriverà bene, e domani di necessità è che tu abbia a finire la tua vita9.

  1. Da che Socrate attende, nel carcere, che tomi la nave sacra da Delo, e venga così il giorno dalla sua morte.
  2. Il carceriere permetteva ormai agl’intimi di Socrate di passar la giornata con lui discorrendo
  3. Critone giudica da sè. Se toccasse a lui di dover morire, il pensiero della morte prossima gli sarebbe tal peso che solo sollievo gli sarebbe dormire. La serenità di Socrate gli provoca un ingenuo stupore.
  4. Socrate non ha nessuna voglia di vantarsi. All’amico suo, così devoto ma così limitato, dice la ragione più piana, più facilmente comprensibile: «A settant’anni, è ora di morire; a che dolersi d’anticipare un po’ il giorno?» Critone non s’appaga: «Altri, alla stessa età, si accorano». E Socrate risponde dolcemente: «È vero»; e non rileva per nulla che appunto perché non è come gli altri, egli è così sereno mentre gli altri smaniano. Tutto questo, poiché Critone da sè non l’intende, resti pure non capito. Socrate troverebbe così sciocco vantarsi!
  5. Socrate non si riteneva punto disgraziato. Disgraziato, per lui, era chi faceva male, non chi ne pativa. Ma Critone giudicava all’ingrosso. A Socrate toccava di dover morire; dunque era disgraziato.
  6. Anche Critone si convince - perchè proprio lo vede - che per Socrate non è un dolore morire.
  7. Socrate, condannato a bere la cicuta, e consegnato agli Undici, non aveva potuto morir sùbito, perché era legge in Atene che nessuno fosse messo a morte finchè non tornasse da Delo l’Ambasceria sacra, inviata appunto di quei giorni. Il ritorno della nave sarebbe stato segno di morte per Socrate.
  8. La nave era già al capo Sunio. Doppiato che l’avesse, sarebbe giunta in vista di Atene. L’arrivo, dunque, era imminente.
  9. Socrate morrà: al cader del sole. Ma tutto il giorno disputerà coi suoi più cari, e li convincerà ch’è ben verisimile che l’anima dei buoni abbia, dopo morte, beatitudine: giacchè è sicuro che l’anima, al morire del corpo, non dilegua anch’essa. Le sacre speranze di Socrate, che l’anima non perisca, e goda se fu buona, son consegnate nel Fedone, il dialogo ch’è immaginato tenuto dopo di questo Critone.


Note

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