< Dal Misogallo (Alfieri, 1912)
Questo testo è completo.
Epigramma XIV
Sonetto XXVI Sonetto XXVII

Epigramma XIV.

11 ottobre 1794.

Fra Re signori e Re villani,1 corre
Diversità non lieve,
Benché un flagel d’Iddio, perenne, e greve,
4 Sien gli uni e gli altri, e vivano del torre.2
Chi, nato in trono, non conobbe uguali
Spesso è il minor di tutti,
Ma il peggior, no; perché dai vizj brutti
8 Lo esenta in parte il non aver rivali.
Ma chi povero, oscuro e vil si nacque,
S’ei mai possanza afferra,
La lunga rabbia che repressa tacque,
12 Fa che a tutti i dappiú3 muova aspra guerra.
Allor la invidia e crudeltà plebea,
De’ Grandi l’arroganza,
Immedesmate4 entro uno pianta rea,
Forman lo scettro orribile di ferro
17 D’un Re, che in capo ha il pazzo, in cor lo sgherro.5

  1. 1. Re Signori, son quelli che regnano per eredità, Re Villani sono i capi che la democrazia si elegge.
  2. 4. Del torre, dello spogliare il prossimo.
  3. 11. A tutti i dappiú, a tutti coloro che hanno potenza, intelligenza, cultura, maggior della sua.
  4. 14. Immedesmate, entrate, conficcatesi.
  5. 16. Il pazzo, la pazzia; lo sgherro, l’abitudine e il piacere dello spionaggio. Per il contenuto, si confronti questo epigramma con la satira La sesquiplebe.


Note

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.