< Decameron < Giornata decima
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[III]

Mitridanes, invidioso della cortesia di Natan, andando per ucciderlo, senza conoscerlo capita a lui, e da lui stesso informato del modo, il truova in un boschetto come ordinato avea; il quale riconoscendolo si vergogna, e suo amico diviene.


Simil cosa a miracolo per certo pareva a tutti avere udito, cioè che un cherico alcuna cosa magnificamente avesse operata: ma riposandosene giá il ragionare delle donne, comandò il re a Filostrato che procedesse; il quale prestamente incominciò:

Nobili donne, grande fu la magnificenza del re di Spagna e forse cosa piú non udita giá mai quella dell’abate di Cligni, ma forse non meno maravigliosa cosa vi parrá l’udire che uno, per liberalitá usare ad uno altro che il suo sangue, anzi il suo spirito disiderava, cautamente a dargliele si disponesse: e fatto l’avrebbe se colui prender l’avesse voluto, sí come io in una mia novelletta intendo di dimostrarvi.

Certissima cosa è, se fede si può dare alle parole d’alcuni genovesi e d’altri uomini che in quelle contrade stati sono, che nelle parti del Cattaio fu giá uno uomo di legnaggio nobile, e ricco senza comparazione, per nome chiamato Natan, il quale, avendo un suo ricetto vicino ad una strada per la qual quasi di necessitá passava ciascuno che di Ponente verso Levante andar voleva o di Levante in Ponente, ed avendo l’animo grande e liberale e disideroso che fosse per opera conosciuto, quivi avendo molti maestri, fece in piccolo spazio di tempo fare un de’ piú belli e de’ maggiori e de’ piú ricchi palagi che mai fosse stato veduto, e quello di tutte quelle cose che opportune erano a dovere gentili uomini ricevere ed onorare fece ottimamente fornire. Ed avendo grande e bella famiglia, con piacevolezza e con festa chiunque andava e veniva faceva ricevere ed onorare: ed intanto perseverò in questo laudevol costume, che giá non solamente il Levante, ma quasi tutto il Ponente per fama il conoscea. Ed essendo egli giá d’anni pieno, né però del corteseggiar divenuto stanco, avvenne che la sua fama agli orecchi pervenne d’un giovane chiamato Mitridanes, di paese non guari al suo lontano, il quale, sentendosi non meno ricco che Natan fosse, divenuto della sua fama e della sua vertú invidioso, seco propose con maggior liberalitá quella o annullare o offuscare: e fatto fare un palagio simile a quello di Natan, cominciò a fare le piú smisurate cortesie che mai facesse alcuno altro, a chi andava o veniva per quindi, e senza dubbio in piccol tempo assai divenne famoso. Ora, avvenne un giorno che, dimorando il giovane tutto solo nella corte del suo palagio, una feminella, entrata dentro per una delle porti del palagio, gli domandò limosina ed ebbela; e ritornata per la seconda porta pure a lui, ancora l’ebbe, e cosí successivamente infino alla duodecima: e la tredécima volta tornata, disse Mitridanes: — Buona femina, tu se’ assai sollecita a questo tuo domandare — e nondimeno le fece limosina. La vecchierella, udita questa parola, disse: — O liberalitá di Natan, quanto se’ tu maravigliosa! ché per trentadue porti che ha il suo palagio, sí come questo, entrata e domandatagli limosina, mai da lui, che egli mostrasse, riconosciuta non fui, e sempre l’ebbi: e qui non venuta ancora se non per tredici, e riconosciuta e proverbiata sono stata. — E cosí dicendo, senza piú ritornarvi si dipartí. Mitridanes, udite le parole della vecchia, come colui che ciò che della fama di Natan udiva, diminuimento della sua estimava, in rabbiosa ira acceso, cominciò a dire: — Ahi lasso a me! quando aggiugnerò io alla liberalitá delle gran cose di Natan, non che io il trapassi, come io cerco, quando nelle piccolissime io non gli mi posso avvicinare? Veramente io mi fatico invano, se io di terra nol tolgo; la qual cosa, poscia che la vecchiezza nol porta via, convien senza alcuno indugio che io faccia con le mie mani. — E con questo impeto levatosi, senza comunicare il suo consiglio ad alcuno, con poca compagnia montato a cavallo, dopo il terzo dí dove Natan dimorava pervenne: ed a’ compagni imposto che sembianti facessero di non esser con lui né di conoscerlo, e che di stanza si procacciassero infino che da lui altro avessero, quivi in sul fare della sera pervenuto e solo rimaso, non guari lontano al bel palagio trovò Natan tutto solo, il quale senza alcuno abito pomposo andava a suo diporto; cui egli, non conoscendolo, domandò se insegnargli sapesse dove Natan dimorasse. Natan lietamente rispose: — Figliuol mio, niuno è in questa contrada che meglio di me cotesto ti sappia mostrare, e per ciò, quando ti piaccia, io vi ti menerò. — Il giovane disse che questo gli sarebbe a grado assai, ma che, dove esser potesse, egli non voleva da Natan esser veduto né conosciuto; al qual Natan disse: — E còtesto ancora farò, poi che ti piace. — Smontato adunque Mitridanes, con Natan, che in piacevolissimi ragionamenti assai tosto il mise, infino al suo bel palagio n’andò. Quivi Natan fece ad un de’ suoi famigliari prendere il caval del giovane, ed accostatoglisi agli orecchi, gl’impose che egli prestamente con tutti quegli della casa facesse che niuno al giovane dicesse lui esser Natan; e cosí fu fatto. Ma poi che ne’ palagio furono, mise Mitridanes in una bellissima camera, dove alcuno nol vedeva, se non quegli che egli al suo servigio diputati avea: e sommamente faccendolo onorare, esso stesso gli tenea compagnia. Col quale dimorando Mitridanes, ancora che in reverenza come padre l’avesse, pur lo domandò chi el fosse; al quale Natan rispose: — Io sono un piccol servidor di Natan, il quale dalla mia fanciullezza con lui mi sono invecchiato, né mai ad altro che tu mi veggi mi trasse; per che, come che ogni altro uomo molto di lui si lodi, io me ne posso poco lodare io. — Queste parole porsero alcuna speranza a Mitridanes di potere con piú consiglio e con piú salvezza dare effetto al suo perverso intendimento; il qual Natan assai cortesemente domandò chi egli fosse e qual bisogno per quindi il portasse, offerendo il suo consiglio ed il suo aiuto in ciò che per lui si potesse. Mitridanes soprastette alquanto al rispondere, ed ultimamente, diliberando di fidarsi di lui, con una lunga circuizion di parole la sua fede richiese, ed appresso, il consiglio e l’aiuto: e chi egli era e perché venuto e da che mosso, interamente gli discoperse. Natan, udendo il ragionare ed il fiero proponimento di Mitridanes, in sé tutto si cambiò: ma senza troppo stare, con forte animo e con fermo viso gli rispose: — Mitridanes, nobile uomo fu il tuo padre, dal quale tu non vuogli degenerare, sí alta impresa avendo fatta come hai, cioè d’essere liberale a tutti: e molto la ’nvidia che alla vertú di Natan porti, commendo, per ciò che, se di cosí fatte fossero assai, il mondo, che è miserissimo, tosto buon diverrebbe. Il tuo proponimento mostratomi senza dubbio sará occulto, al quale io piú tosto util consiglio che grande aiuto posso donare; il quale è questo. Tu puoi di quinci vedere, forse un mezzo miglio vicin di qui, un boschetto, nel quale Natan quasi ogni mattina va tutto solo prendendo diporto per ben lungo spazio: quivi leggèr cosa ti fia il trovarlo e farne il tuo piacere; il quale se tu uccidi, acciò che tu possa senza impedimento a casa tua ritornare, non per quella via donde tu qui venisti, ma per quella che tu vedi a sinistra uscir fuor del bosco, n’andrai, per ciò che, ancora che un poco piú salvatica sia, ella è piú vicina a casa tua e per te piú sicura. — Mitridanes, ricevuta la ’nformazione, e Natan da lui essendo partito, cautamente a’ suoi compagni, che similmente lá entro erano, fece sentire dove aspettare il dovessero il dí seguente. Ma poi che il nuovo dí fu venuto, Natan, non avendo animo vario al consiglio dato a Mitridanes, né quello in parte alcuna mutato, solo se n’andò al boschetto a dover morire. Mitridanes, levatosi e preso il suo arco e la sua spada, ché altra arme non avea, e montato a cavallo, n’andò al boschetto, e di lontano vide Natan tutto soletto andar passeggiando per quello; e diliberato, avanti che l’assalisse, di volerlo vedere e d’udirlo parlare, corse verso lui, e presolo per la benda la quale in capo avea, disse: — Vegliardo, tu se’ morto! — Al quale niuna altra cosa rispose Natan se non: — Adunque, l’ho io meritato. — Mitridanes, udita la voce e nel viso guardatolo, subitamente riconobbe lui esser colui che benignamente l’avea ricevuto e famigliarmente accompagnato e fedelmente consigliato; per che di presente gli cadde il furore, e la sua ira si convertí in vergogna. Laonde egli, gittata via la spada, la qual giá per fedirlo aveva tirata fuori, da caval dismontato, piagnendo corse a’ piè di Natan e disse: — Manifestamente conosco, carissimo padre, la vostra liberalitá, riguardando con quanta cautela venuto siate per darmi il vostro spirito, del quale io, niuna ragione avendo, a voi medesimo disideroso mostra’mi: ma Iddio, piú al mio dover sollecito che io stesso, a quel punto che maggior bisogno è stato, gli occhi m’ha aperto dello ’ntelletto, li quali misera invidia m’avea serrati; e per ciò, quanto voi piú pronto stato siete a compiacermi, tanto piú mi conosco debito alla penitenza del mio errore: prendete adunque di me quella vendetta che convenevole estimate al mio peccato. — Natan fece levar Mitridanes in piede, e teneramente l’abbracciò e basciò, e gli disse: — Figliuol mio, alla tua impresa, chente che tu la vogli chiamare o malvagia o altramenti, non bisogna di domandar né di dar perdono, per ciò che non per odio la seguivi, ma per potere esser tenuto migliore. Vivi adunque di me sicuro, ed abbi di certo che niuno altro uom vive il quale te quanto io ami, avendo riguardo all’altezza dell’animo tuo, il quale non ad ammassar denari, come i miseri fanno, ma ad ispender gli ammassati s’è dato: né ti vergognare d’avermi voluto uccidere per divenir famoso, né credere che io me ne maravigli. I sommi imperadori ed i grandissimi re non hanno quasi con altra arte che d’uccidere, non uno uomo, come tu volevi fare, ma infiniti, ed ardere paesi ed abbattere le cittá, li loro regni ampliati, e per conseguente la fama loro; per che, se tu, per piú farti famoso, me solo uccider volevi, non maravigliosa cosa né nuova facevi, ma molto usata. — Mitridanes, non iscusando il suo disidèro perverso, ma commendando l’onesta scusa da Natan trovata ad esso, ragionando pervenne a dire, sé oltre modo maravigliarsí come a ciò si fosse Natan potuto disporre, ed a ciò dargli modo e consiglio; al quale Natan disse: — Mitridanes, io non voglio che tu del mio consiglio né della mia disposizione ti maravigli, per ciò che, poi che io nel mio arbitrio fui e disposto a fare quel medesimo che tu hai a fare impreso, niun fu che mai a casa mia capitasse, che io nol contentassi a mio potere di ciò che da lui mi fu domandato. Venistivi tu vago della mia vita; per che, sentendolati domandare, acciò che tu non fossi solo colui che senza la sua domanda di qui si partisse, prestamente diliberai di donarlati, ed acciò che tu l’avessi, quel consiglio ti diedi che io credetti che buon ti fosse ad aver la mia e non perder la tua; e per ciò ancora ti dico e priego che, se ella ti piace, che tu la prenda e te medesimo ne sodisfaccia: io non so come io la mi possa meglio spendere. Io l’ho adoperata giá ottanta anni, e ne’ miei diletti e nelle mie consolazioni usata: e so che, seguendo il corso della natura, come gli altri uomini fanno e generalmente tutte le cose, ella mi può omai piccol tempo esser lasciata; per che io giudico molto meglio esser quella donare, come io ho sempre i miei tesori donati e spesi, che tanto volerla guardare che ella mi sia contro a mia voglia tolta dalla natura. Piccol dono è donare cento anni; quanto adunque è minor donarne sei o otto che io a starci abbia? Prendila adunque, se ella t’aggrada, io te ne priego, per ciò che, mentre vivuto ci sono, niuno ho ancor trovato che disiderata l’abbia, né so quando trovarmene possa veruno, se tu non la prendi che la domandi; e se pure avvenisse che io ne dovessi alcun trovare, conosco che, quanto piú la guarderò, di minor pregio sará: e però, anzi che ella divenga piú vile, prendila, io te ne priego. — Mitridanes, vergognandosi forte, disse: — Tolga Iddio che cosí cara cosa come la vostra vita è, non che io, da voi dividendola, la prenda, ma pur la disideri, come poco avanti faceva; alla quale, non che io diminuissi gli anni suoi, ma io l’aggiugnerei volentier de’ miei, se io potessi. — A cui prestamente Natan disse: — E se tu puoi, vuo’nele tu aggiugnere? E farai a me fare verso di te quello che mai verso alcuno altro non feci, cioè delle tue cose pigliare, che mai dell’altrui non pigliai. — Sì — disse subitamente Mitridanes. — Adunque, — disse Natan — farai tu come io ti dirò. Tu rimarrai, giovane come tu se’, qui nella mia casa ed avrai nome Natan, ed io me n’andrò nella tua e farommi sempre chiamar Mitridanes. — Allora Mitridanes rispose: — Se io sapessi cosí bene operare come voi sapete ed avete saputo, io prenderei senza troppa diliberazione quello che m’offerete: ma per ciò che egli mi pare esser molto certo che le mie opere sarebbon diminuimento della fama di Natan, ed io non intendo di guastare in altrui quello che in me io non so acconciare, nol prenderò. — Questi e molti altri piacevoli ragionamenti stati tra Natan e Mitridanes, come a Natan piacque, insieme verso il palagio se ne tornarono, dove Natan piú giorni sommamente onorò Mitridanes, e lui con ogni ingegno e saper confortò nel suo alto e grande proponimento. E volendosi Mitridanes con la sua compagnia ritornare a casa, avendogli Natan assai ben fatto conoscere che mai di liberalitá nol potrebbe avanzare, il licenziò.

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