< Decameron < Giornata sesta
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[II]

Cisti fornaio con una sola parola fa ravveder messer Geri Spina d’una sua trascutata domanda.


Molto fu da ciascuna delle donne e degli uomini il parlar di madonna Oretta lodato, il qual comandò la reina a Pampinea che seguitasse; per che ella cosí cominciò:

Belle donne, io non so da me medesima vedere che piú in questo si pecchi, o la natura apparecchiando ad una nobile anima un vil corpo o la fortuna apparecchiando ad un corpo dotato d’anima nobile vil mestiere, sí come in Cisti nostro cittadino ed in molti ancora abbiamo potuto vedere avvenire; il qual Cisti, d’altissimo animo fornito, la fortuna fece fornaio. E certo io maladicerei e la natura parimente e la fortuna, se io non conoscessi, la natura esser discretissima e la fortuna aver mille occhi, come che gli sciocchi lei cieca figurino. Le quali io avviso che, sí come molto avvedute, fanno quello che i mortali spesse volte fanno, li quali, incerti de’ futuri casi, per le loro opportunitá le loro piú care cose ne’ piú vili luoghi delle lor case, sí come meno sospetti, sepelliscono, e quindi ne’ maggior bisogni le traggono, avendole il vil luogo piú sicuramente servate che la bella camera non avrebbe. E cosí le due ministre del mondo spesso le lor cose piú care nascondono sotto l’ombra dell’arti reputate piú vili, acciò che di quelle alle necessitá traendole, piú chiaro appaia il loro splendore. Il che quanto in poca cosa Cisti fornaio il dichiarasse, gli occhi dello ’ntelletto rimettendo a messer Geri Spina, il quale la novella di madonna Oretta contata, che sua moglie fu, m’ha tornato nella memoria, mi piace in una novelletta assai piccola dimostrarvi.

Dico adunque che, avendo Bonifazio papa, appo il quale messer Geri Spina fu in grandissimo stato, mandati in Firenze certi suoi nobili ambasciadori per certe sue gran bisogne, essendo essi in casa di messer Geri smontati, ed egli con loro insieme i fatti del papa trattando, avvenne, che che se ne fosse cagione, che messer Geri con questi ambasciadori del papa tutti a piè quasi ogni mattina davanti a Santa Maria Ughi passavano, dove Cisti fornaio il suo forno aveva e personalmente la sua arte eserceva. Al quale quantunque la fortuna arte assai umile data avesse, tanto in quella gli era stata benigna, che egli n’era ricchissimo divenuto, e senza volerla mai per alcuna altra abbandonare, splendidissimamente vivea, avendo tra l’altre sue buone cose sempre i migliori vini bianchi e vermigli che in Firenze si trovassero o nel contado. Il quale, veggendo ogni mattina davanti all’uscio suo passar messer Geri e gli ambasciadori del papa, ed essendo il caldo grande, s’avvisò che gran cortesia sarebbe il dar lor bere del suo buon vin bianco: ma avendo riguardo alla sua condizione ed a quella di messer Geri, non gli pareva onesta cosa il presummere d’invitarlo, ma pensossi di tener modo il quale inducesse messer Geri medesimo ad invitarsi. Ed avendo un farsetto bianchissimo indosso ed un grembiule di bucato innanzi sempre, li quali piú tosto mugnaio che fornaio il dimostravano, ogni mattina in su l’ora che egli avvisava, messer Geri con gli ambasciadori dover passare, si faceva davanti all’uscio suo recare una secchia nuova e stagnata d’acqua fresca ed un piccolo orcioletto bolognese nuovo del suo buon vin bianco e due bicchieri che parevano d’ariento, sí eran chiari: ed a seder postosi, come essi passavano, ed egli, poi che una volta o due spurgato s’era, cominciava a ber sí saporitamente questo suo vino, che egli n’avrebbe fatta venir voglia a’ morti. La qual cosa avendo messer Geri una e due mattine veduta, disse la terza: — Chente è, Cisti? è buono? — Cisti, levato prestamente in piè, rispose: — Messer sí: ma quanto, non vi potrei io dare ad intendere, se voi non n’assaggiaste. — Messer Geri, al quale o la qualitá del tempo o affanno piú che l’usato avuto o forse il saporito bere che a Cisti vedeva fare, sete avea generata, vòlto agli ambasciadori, sorridendo disse: — Signori, egli è buono che noi assaggiamo del vino di questo valente uomo; forse che è egli tale, che noi non ce ne penteremo — e con loro insieme se n’andò verso Cisti. Il quale, fatta di presente una bella panca venire di fuor dal forno, gli pregò che sedessero, ed alli lor famigliari, che giá per lavare i bicchieri si facevano innanzi, disse: — Compagni, tiratevi indietro e lasciate questo servigio fare a me, ché io so non meno ben mescere che io sappia infornare; e non aspettaste voi d’assaggiarne gocciola! — E cosí detto, esso stesso lavati quattro bicchieri belli e nuovi, e fatto venire un piccolo orcioletto del suo buon vino, diligentemente diede bere a messer Geri ed a’ compagni. Alli quali il vino parve il migliore che essi avessero gran tempo davanti bevuto; per che, commendatol molto, mentre gli ambasciador vi stettero, quasi ogni mattina con loro insieme n’andò a ber messer Geri. A’ quali, essendo espediti e partir dovendosi, messer Geri fece un magnifico convito, al quale invitò una parte de’ piú orrevoli cittadini, e fecevi invitare Cisti, il quale per niuna condizione andarvi volle. Impose adunque messer Geri ad un de’ suoi famigliari che per un fiasco andasse del vin di Cisti, e di quello un mezzo bicchier per uomo desse alle prime mense. Il famigliare, forse sdegnato perché niuna volta bere aveva potuto del vino, tolse un gran fiasco; il quale come Cisti vide, disse: — Figliuolo, messer Geri non ti manda a me. — Il che raffermando piú volte il famigliare né potendo altra risposta avere, tornò a messer Geri e sí gliele disse; a cui messer Geri disse: — Tórnavi e digli che sí fo, e se egli piú cosí ti risponde, domandalo a cui io ti mando. — Il famigliare, tornato, disse: — Cisti, per certo messer Geri mi manda pure a te. — Al quale Cisti rispose: — Per certo, figliuol, non fa. — Adunque, — disse il famigliare — a cui mi manda? — Rispose Cisti: — Ad Arno. — Il che rapportando il famigliare a messer Geri, subito gli occhi gli s’apersero dello ’ntelletto, e disse al famigliare: — Lasciami vedere che fiasco tu vi porti. — E vedutol, disse: — Cisti dice vero — e déttagli villania, gli fece tórre un fiasco convenevole; il quale Cisti veggendo, disse: — Ora so io bene che egli ti manda a me — e lietamente gliele empiè. E poi quel medesimo dí, fatto un botticello riempiere d’un simil vino e fattolo soavemente portare a casa di messer Geri, andò appresso, e trovatolo, gli disse: — Messere, io non vorrei che voi credeste che il gran fiasco stamane m’avesse spaventato: ma parendomi che vi fosse uscito di mente ciò che io a questi di co’ miei piccoli orcioletti v’ho dimostrato, cioè che questo non sia vin da famiglia, vel volli staman raccordare. Ora, per ciò che io non intendo d’esservene piú guardiano, tutto ve l’ho fatto venire: fatene per innanzi come vi piace. — Messer Geri ebbe il dono di Cisti carissimo e quelle grazie gli rendè che a ciò credette si convenissero, e sempre poi per da molto l’ebbe e per amico.


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