< Dei delitti e delle pene (1821)
Questo testo è stato riletto e controllato.
XXVII XXIX

§ XXVIII.


Ingiurie.


Le ingiurie personali e contrarie all’onore, cioè a quella giusta porzione di suffragi che un cittadino ha diritto di esigere dagli altri, debbono essere punite collinfamia.

Vi è una contraddizione rimarcabile fra le leggi civili, gelose custodi, più d’ogni altra cosa, del corpo e dei beni di ciascun cittadino, e le leggi di ciò che chiamasi onore, che a tutto fa preceder l’opinione. Questa parola onore è una di quelle che ha servito di base a lunghi e brillanti ragionamenti, senza attaccarvi veruna idea fissa e stabile. Misera condizione delle menti umane, che le lontanissime e meno importanti idee delle rivoluzioni dei corpi celesti sieno loro con più distinta cognizione presenti, che le vicine ed importantissime nozioni morali, fluttuanti sempre e confuse, secondo che i venti delle passioni le sospingono, e l’ignoranza guidata le riceve e le trasmette! Ma sparirà l’apparente paradosso, se si consideri, che come gli oggetti troppo vicini agli occhi si confondono, così la troppa vicinanza delle idee morali fa che facilmente si rimescolino le moltissime idee semplici che le compongono, e ne confondano le linee di separazione necessarie allo spirito geometrico, che vuol misurare i fenomeni della umana sensibilità. E scemerà del tutto la meraviglia all’indifferente indagatore delle cose umane, che sospetterà non esservi per avventura bisogno di tanto apparato di morale, nè di tanti legami per rendere gli uomini felici e sicuri.

Quest’onore dunque è una di quelle idee complesse, che sono un aggregato non solo d’idee semplici, ma d’idee parimente complicate, che nel vario affacciarsi alla mente ora ammettono ed ora escludono alcuni de’ diversi elementi che le compongono; nè conservano che alcune poche idee comuni, come più quantità complesse algebriache ammettono un comun divisore. Per trovar questo comun divisore nelle varie idee che gli uomini si formano dell’onore, è necessario gettar rapidamente un colpo d’occhio sulla formazione delle società. Le prime leggi e i primi magistrati nacquero dalla necessità di riparare ai disordini del fisico dispotismo di ciascun uomo: questo fu il fine istitutore delle società, e questo fine primario si è sempre conservato realmente, o in apparenza, alla testa di tutti i codici, anche distruttori; ma l’avvicinamento degli uomini, il progresso delle loro cognizioni hanno fatto nascere una infinita serie di azioni e di bisogni vicendevoli gli uni verso gli altri, sempre superiori alla provvidenza delle leggi, ed inferiori all’attuale potere di ciascuno. Da questa epoca cominciò il dispotismo della opinione, ch’era l’unico mezzo di ottenere dagli altri quei beni, e di allontanarne quei mali, ai quali le leggi non erano sufficienti a provvedere. E l’opinione è quella che tormenta il saggio ed il volgare, che ha messo in credito l’apparenza della virtù al di sopra della virtù stessa, che fa diventar missionario anche lo scellerato, perchè vi trova il proprio interesse. Quindi i suffragi degli uomini divennero non solo utili, ma necessari per non cadere al di sotto del comune livello. Quindi se l’ambizioso li conquista come utili, se il vano va mendicandoli come testimoni del proprio merito, si vede l’uomo d’onore esigerli come necessari. Quest’onore è una condizione che moltissimi uomini mettono alla propria esistenza. Nato dopo la formazione della società, non potè esser messo nel comune deposito, anzi è un istantaneo ritorno nello stato naturale, e una sottrazione momentanea della propria persona da quelle leggi, che in quel caso non difendono bastantemente un cittadino.

Quindi e nell’estrema libertà politica, e nella estrema dipendenza spariscono le idee dell’onore, o si confondono perfettamente con altre; perchè nella prima il dispotismo delle leggi rende inutile la ricerca degli altrui suffragi: nella seconda, perchè il dispotismo degli uomini annullando l’esistenza civile, li riduce ad una precaria e momentanea personalità. L’onore è dunque uno de’ principii fondamentali di quelle monarchie che sono un dispotismo sminuito; e in esse è quello che sono negli stati dispotici le rivoluzioni, un momento di ritorno nello stato di natura, ed un ricordo al padrone dell’antica uguaglianza.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.