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ELEVAZIONE.
Perchè l’anima possa assistere ed applicarsi alla varia combinazione e scena delie immagini offertele dalia fantasia, e così esercitar pienamente la sua forza attiva inventando e la sua sensibilità commovendosi, deve ella levarsi ad una sfera superiore. Que-
sto primo suo grado io chiamo elevazione, come altri definiscono tutto l’entusiasmo dicendolo sollevamento dì mente, come dicesi compor sublime in poesia, eloquenza, pittura ec. ( e del sublime stile fece trattato Longino) e come molti ciò dicono volo estasi rapimento. ( i ) Di quali organi poi ella usiin tal azione, e come ne usi, ciò è ignoto quanto T’intima sua natura. Noi favelliamo di lei spesse volte come se fosse corporea, perchè da cose note i termini sogliam prendere, e note a noi sono le materiali assai più. Il saggio analitico dell’idee del sig. Bonet può darne pruova come pur gli altri sistemi di cotal fisica più veramente che metafisica, i quali non saran mai altro che sistemi.
Ciò per tanto che è detto il sublime nelle ( i ) Profondo dicesi il geometra per contrario, e il metafisico, e il teologo. U erte di sprofondersi in poesia intitolò quell’inglese un suo libro per derisione, e mai non si dissero voli estasi rapimenti della giurisprudenza, delia medicina, della fisica.
le belle arti un sollevamènto un estasi, ciò che io chiamo elevazione de!!’anima, fe quella scena apertale avanti più dell’usato con idee straordinarie1, con ricche immagini con varie combinazioni, e giuochi di quelle, ond’essa non opera più come l’altre, sorge sopra il volgare, sembra disimpegnata dal corpo, nè niente più sembra udire e vedere e parlar di terreno ed usato. Quindi son Pespressioni frequenti in poeti, che son gli interpreti più evidenti di tutte Parti e più coraggiosi a spiegarsi, d’un linguaggio divino, d’uno spirito celestiale e sovrano, di vaticini, di vita immortale, di fuggire il volgo vile, di lasciar la terra, di sorgere al cielo, d’assistere al concilio de’numi, e del fato, e d’altre simili, che lor sono concesse siccome a gente a noi superiore, levata a una sfera e ad un mondo, ove non giugne l’invidia, e il basso nostro pensiero. Colassi liberi da’pregiudicj, da vincoli sociali j da doveri di convenzione e da errori o riguardi senton la forza e la spiegano tutta della virtù della verità della natura, che son »s 7 guaste ed oppresse tra gli uomini le passioni, le le icggi, e Parti servili Non veggono più non Sfniono non dipendono siccome noi, e fansi a tutto il nostro misero e picciol mondo insensibili sordi e ciechi. Ne senza ragion può riflettersi, che tre sommi poeti Omero, Ossian e Milton furon forse più grandi per la cecità, onde men si dipende d-gli oggetti distraenti, è più libera e intenta l’anima all*’interne vedute, più ricca di immagini, e di composi/ioni, come il mostrarono tutti e tre creando un mondo lor proprio, una poesia non usata, e cantando l’imprese, gli eroi, le virtù più magnanime sollevati alle celesti e divine secondo loro religione più altamente che niun fè mai mai. (i) Quest’eccelso entusiasmo della virtù ( i ) Milton parla per tutti a tal proposito al lib. j. del paradiso perduto, dopo aver ricordata l’orbezza sua.
Altrettanto però tu nell’interno Splendi, o lume celeste, e la mia mente Per entro a sue potenze tutte irradia, Occhi vi pianta e purga, indi e disperdi i urta la nebbia si, ch’io vegga e narri Invisibili cose al vuli;o ignote.
tu forma i passi più belli de’gran poeti alior che parlan di Dio, della religione, delT-amor patrio e figliale, dell’amicizia, della fedeltà, della clemenza, nè se ne trovan d’eguali in viziosi argomenti in sensuali poesie, ch’anzi vestonsi le passion vili con l’abito della virtù per valor fi’ entfisiasmo ( i ).
ui:,si ancor delia verità e della natura, le cui forze si sentono in quella elevazione, li vero e il naturale sono una cosa nelle belle arti. 11 sentimento d Ila virtù mi guida alTt.no e all’alrro: sentomi superiore n^li uomini, son!or giudice e dominatore, sciolgo e freno le lor passioni colla mano sicura della virtù trionfante, della natura sovrana. Non son più T uomo di prima, son più grande, non sono al mio posto, m’accorgo d’esser salito a nuova attività e contemplazione, e invento allor cose nuove con Muove idee, che l’anima mesce e combina e ne trae la sua creazione, che è il grado supremo dell’elevamento avvicinandola alla divi(i) Vedi nota ottava.
vinità nel tempo stesso che esercita il primo bisogno, e la primaria tendenza sua ad agire. Chi osasse chiamar ciò illusione, e follia non l’ha ipai provaro. Io P ho sentirò talora in me stesso, benchè in infimo grado, io provai chc allor son maggior di me stesso, che francamente sceneggio co’ miei fantasmi, or gli ordino e distribuisco, or van da se distribuendosi ed ordinandosi, li contemplo intensamente, e impaziente sono a muoverli a risvegliarli dall’ozio e dal sonno) rompo il loro silenzio, ispiro lor vita, fo giocar le passioni, i caratteri, gl’interessi, gi affetti, tutto s’agita e giubila e vive senza ch’io più ricordi me stesso, le mie faccende, e legami ed usi e leggi dell’arte.
Se non credete a me, credetelo a’ gran maestri, che in sommo grado sentirono questa elevazione. Essi studiarono!; natura, che stì in alto sopra l’arte, le convenzioni, le usanze, e gli abusi. Sfuggirono iurte le forme particolari, i costumi locali, le minuzie familiari in ogni genere per alzarsi a trovare l’armonia, l’accordo, l’unità, a far di getto, a crear in grande; ciò fecero Omero, e Dan-e Dante, Fidia, e Michelangelo; ¡a scuoia greca e ia romana sole si trovano a questa altezza, cioè l’invenzione, che sta nella verità e nella natura.
Ma non basta se la natura stessa e la vefità non sono perfezionate per l’elevazione, il che san fare le bell’arti unicamente. Le scienze profonde sviluppan le idee sempiici, e le compongono e le astraggono per l’intelletto senza forme visibili e nelia Ior nudità, a così dire, e quali sono. Ma l’arti eccelse d’immaginazione trovan più alto le forme sensibili, i simulacri, le rappresentazioni, onde fanno un’accordo un’armonia una unità di varie parti, che siam convenuti di chiamare bellezza ideale, perchè opera appunto dell’idea creatrice ed inventrice dell’entusiasmo più eccelso. Questo bello ideale stà Sfatti al di sopra di tutti gli esempli e gli esemplari che l’arte presenti, o ia natura medesima non perfetta, non dando ella mai l’ultima mano all5opere sue, nè in niuna particolare di quelle ponendo ogni bellezza.
I prototipi delle bell’arti supplirono a ciò componendo da molte sparse s visibili forme ire una forma invisibile e perfetta, come Ce Zeusi di dodici belle una bellissima donna formando. Questo ( i ) astrarre e comporre così 2: un quasi raccogliere ¡e intenzioni del creatore, che suggellò di sua impronta Popere sue primitive, e all’anima nostra diè volere e possanza di trarne le idee creatrici di nuove perfezioni.
Il poema epico, la lirica illustre, le stame greche, gran disegno, pensieri nobili, invenzioni mirabili, virtù, bellezze, affetti eroici, tutto questo è dell’aiiima posta in ’elevazione dalle scene fantastiche e reggitrice di quei personaggi innalzati quasi sul coturno in un luminoso teatro della natura perfezionata. Ivi furon trovate le forme sublimi delia grandezza e maestà che spira ii Giove d’Ome(i) Tullio’ conferma una tal verità nel lib. 2. cap. x. de Inventiene, ove parla di quella perfetta bellezza dipinta da Zeusi; Ncque enim putavit omnia, qua qutereret ad venustatem, uno in corpore se reperire posse; ideo qitod nikil simplici in genere omnibus ex partibus perfeElum natura expoiivit.
¿’Omero e di Fidia, l’Apollo Pithio di Belvedere, il Mose di Michelangelo, il Padre Eterno della disputa del Sagramento, il Gesù della Trasfigurazione, il S. Michele eli Raffaello, quelle della bellezza delle Veneri di Virgilio, e della tribuna Medicea, delie Madonne, e degli angioli di Raffaello, di Coreggio, di Guido, e dell’Antinoo, e dell’A1cina; quelle del valore, e dell’intrepidezza d’Achille, e d’Orlando, di san Paolo nella scuola d’Atene, di san Pietro alla porta del tempio, e di Costantino nella battaglia; quelle della forza dell’Èrcole, del Gladiatore, di Sansone, e quelle del gran dolore nelle preghiere di Priamo davanti all’omicida del figlio, nel Laocoonte padre e ne’ figli, nella disperazion di Didone, nell’Ugolino, nell’Edipo, nella Merope, e quelle tutte raccolte insieme nell’iliade, e nell’eneide, nelle orazioni di Demostene e di Tullio per la corona, e per Milone, nelle odi di Pindaro, e d’Orazio, nelle canzon del Petrarca e del Chiabrera, nella cappella Sistina, e nel Vaticano, nelle gallerie di Firenze, e del Campidoglio, nei Panteon, e in s, Pietro, nelle nelle procuratie di Venezia, nella basilica e nel teatro olimpico di Vicenza, rè palagi Ricardi, Cornaro, Trissino, e in que’di Caserta, di Caprarola, e in pochi altri siffatti.
Da tutti questi io rr.i sono sentito sollevar l’anima veramente per P elevatezza di que’ gr«n pensieri, e di quelle forme sublimi, astratte, generali di maestà e di grandezza, di bellezza e di forza, d’unità e d’accordo mirabilmente inventate sopra l’ordine naturale. Non sono esse già tolte dagli individui, ma dalle classi d’ogni individuo, non son ritratti di questo o di quel guerriero, di quell’eroe, di quel santo, nè son di quel vecchio, o di quel giovane, di quella bella, o di quel robusto, ma sono della generosità, della intrepidezza, della robustezza, della bellezza, della vecchiezza, della gioventù tanto più eccellenti quanto più remore dalle singolari, e locali.
11 che apparisce dai progressi degli uomini grandi levatisi sopra se stessi alla presenza di tai prototipi. Virgilio diventa grande leggendo l’iliade dopo essere stato a terra nè primi poemi, Raffaello vede i un momento Tomo III. F il il Padre eterno di Michelangelo, e divieti maestoso dopo averlo dipinto ne primi tre giorni della creazione in aria sol venerabile, ed aggiugnendo a questa un sacro terrore sovrumano, come alzò il colorito al veèer un quadro del Giorgione. Coreggio si fa più grande al vederne uno di Raffaello, e ardisce dire anch’io son pittore, ed emularlo e diciam pur superarlo nella cupola di Parma.
Quanti non vidi ingrandire le idee collo stile al dar loro a leggere, come feci più volte, e al far loro sentire più vivamente i bei pezzi di Dante di Petrarca dell’Ariosto, al condurli nelle sale di Venezia, di Parma, di Mantova, di Bologna ove sono i prodigi dell’arti, o almen le tor copie nei gessi, nelle stampe, nè bassirilievi, negli zolfi) e in altri modelli! Ognun dicea e potea dire al par di colui, che venia dal leggere Omero, io mi senro più alto di un braccio, che non era. Nè vidi piangere alcuno d’emulazione, e pensai alle lagrime d’Alessandro sulla tomba d’Achille, e <^i Cesare avanti la statua d’Alessandro. Quindi inculcasi giustamente il tentar cose nuove, studiar gli anti-tichi, frequentare le gallerie, accendersi de!
lor fuoco, pensare in grande, empir l’anima de’principi, e delle forme generali e convertirle in propria sostanza, che e quel formarsi una piena e popolosa immaginazione quasi un teatro nell’anima, e all’attiva sua forza più atto perchè più sublime.
Questo teatro è chiuso a chi sta al basso, alle forme particolari, e secondarie, fa piuttosto ritratti, che quadri, segue le usanze, le mode e i capricci del tempo della patria dell’arte e della scuoia. Invece di perfezionar!a natura non semplice elevandosi ai gran modelli, copian le parti, seguono l’educazione, imitano servilmente. Questo h il vizio de’letterati cinquecentisti, onde appena ci diedero dell’opere classiche col Castiglione, coll’Ariosto, col Tasso più creatori degli altri tutti inferiori ai trecentisti Dante, Petrarca, e Boccaccio, che inventarono almeno, e molto si tennero colla natura. Cosi la veneta scucia a fronte della romana più ai sensi che ali’ anima, più al lusinghiero che al grande, più al capriccio, che al disegno, all’Lnvenrione ai sublime parve rivolta; furono furono spesso anche ne’ grandi argomenti gran ritrattisti, o sfoggiarono in pompa di colorito, e d’arte. Furono veneziani nel costume negli abiti negli ornamenti nel lusso, e cani e cavalli e prospettive e chiariscuri e architetture dipinsero, e trassero dietro se la scuola fiamminga. Che direm poi delle pitture caricate, ignobili, buffonesche anche ne’ grandi argomenti avviliti da loro? Con queste io pongo del pari le poesie bernesche, le musiche buffe, i balli grotteschi, e le cicalate, e le novelle oscene, e le statue alla cinese, e tant’altri abusi dell’arti. Pur merita un eccezione la secchia rapita, originale imitato da Boileau, da Pope, da Gresset felicemente, e da alcuni italiani, trovandosi molta invenzione, ed anche elevazione in questi. Voglionsi pure eccettuare alcuni didascalici, benchè non poeti ma sol versificatori per opinione d’alcuno. Ma nella sifillide, nel parto della vergine, nella riselde e in altri tali il poeta ha saputo mostrarsi inventando elevandosi sceneggiando. Lucrezio, e la georgica son modelli perfetti.
Ora in tale sfera dell’invenzione, e della cclh bel-bellezza ideale abita pure una sublime libertà ed una indipendenza da leggi, da usanze, da nostri rispetti e tirnori. Quella sfera è tur* ta dell’anima, ov’ella regna disciolta dalle catene del letterario dispotismo, e sicura dsl flagello delia critica, è sgombra da ogni superstizione e schiavitù. Sente ivi tutta la forza di sua attivili, dii vero, della natura, e del bello sublime suo soio alimento. Queste sono le leggi iole che ascolta l’anima in quell’entusiasmo, e mentre l’ingegno tra noi più basii ragiona, la memoria dà esempli e precetti, il gusto distribuisce, e corregge, P estro crea <Pun sol tratto senza regole e imitazioni di vie battute, scnz* conoscer le logiche le rettoriche le grammatiche autorità a lui troppo inferiori. Può dirsi anche di lui, che i precetti son tele di ragno, ove cadon gl’insetti ma che squarciano i forti velanti.
Gli è vero che nasce il disordine, e vien P eccesso e il difetto talora eia simile indipendenza; ma son que’ falli congiunti con ardimenti e bellezze, che l’arte mai non produsse L’arte vei^a dell’entusiasmo è quella persuasione, e coscienza di poter quel che che vuole oltre l’uso comune, e un’alti’arte per lui sarebbe sì vana, com’è l’arte d’amare d’Ovidio per chi ha sfortunato un cuore arderne. Or mentre altri va passo passo delineando e disegnando a stento, ecco P estro con volo d’aquila sormontare le vie battute, trovar le immagini ed accozzarle, rapire i segreti della natura, come Prometeo il fuoco, che poi reca ad illuminare la terra, a riscaldarla, a fecondarla con le bell’arti inventrici, e sovrane. Se tu gli arresti con regole, con esempli minuti, se gli obblighi a camminar su le tracce dell’arte e dell’artefice, nulla più spera da loro di sublime e di straordinario.
Quella superbia infine rimproverata ai poeti da tutti gli altri scrittori trova la sua giustificazione in quell’altezza, ove si trovano veramente superiori ad ogni altro. Orazio insin giugne ad odiare e respinger da se il volgo profano, ed erge di propria mano i monumenti al suo nome immortale più durevoli ancor del bronzo; e con lui Virgilio sì modesto per altro fabbrica un tempio ad Augusto sul Mincio co’ versi suoi, nel qu:tl osa osa di farlo nume, e di guidarlo novel sacerdote all’eternità; Chiabrera e Pindaro mirano d’alto al bisso i mortali non solo, ma gli emoli loro nel canto, e Michelangelo pieno delle grand’opere a fresco del suo pennello creatore e sublime sprezza tutti i dipinti in tavola 0 in tela, chiamando questo rr.estier di donne: ognuno fassi maestro, e giudice, e legislatore de’ popoli, e rerror de’ tiranni; egnuno guardi con disdegnosa pietà cfci sta sotto, nè non può giugner sì alro, e ciò non già per modo di dire, o per capriccio poetico, o per orgoglio pazzo, come molti P intendono, ma per essere infatti in piìi elevata regione tra più gran pensieri, e più nobili invenzioni, ardimenti e tentativi non ad altri concessi. Questi infatti movono a riso in bocca d’ogni altro, come movono a sdegno principalmente nè piccoli, e freddi nostri poeti imitatori, da’quali senriam furto giorno ripetere que’ gran vanti con uno stile senz’anima, e senza grandezza intrinseca, onde sembraci udir le bravate del comico millantatore, e del ridicolo spadaccino.
Ma finiamo elevando noi stessi a quella F 4 sfe-73t£LEVAZioN-g.
sfera coll’intima nostra coscienza. Non seri-’tiam noi talora internamente questa elevazione dell’nomo datagli dalla natura per sorgere al di sopra di lui oltre i confin della vita, oltre la nebbia dei sensi e delle passioni spingendo il guardo nel santuario della natura, de’cieli, de’numi? E dond’è quella sete ardente del cuor umano, que’risalti dell’anima anelante a più sublimi oggetti, nauseante i comuni, nemica di servitù, ingorda di libertà? Chi non fissa più volentieri i suoi sguardi nel firmamento stellato, che in una.
fiaccola, che sol ferisce l’occhio? Non può lo spirito raffrenar le sue penne animose dentro il suo carcere, annoiasi de’ terreni spettacoli, s’¡¡inoltra nt’campi dell’etra, spazia tra i turbini, va al sole, ai pianeti, scorre T empireo, ove sa discoprire e predir nuove stelle,,come fè Dante, e un nuovo mondo, che dietro tal profezia scoprì Colombo dippol, anime pari in elevatezza di gran pensieri, che s’incontrarono colassù con Virgilio, il più sublime combinatore che fosse ma! del sistema dell’universo, dello spirito avvivatole della natura, regolatore degli astri, vita del del mondo? Quale astronomo fu più sublime di questo poeta, e della sua poesia? Ivi è maggior d’Omero. Ma Omero non è pur egli grandissimo ove lascia la terra, e le battaglie degli uomini per ricopiar dal cielo la maestà di Giove, e farne un modello a tutti i secoli, a tutti i poeti, pittori, e scultori? In quell’empirea sede, in seno al vasto oceano, su le cime de’ monti, d’avanti agl’immensi orizzonti del cielo dell’acque del globo, chi ricordasi più delle nuvole de’ ruscelli de’ prati e de’ campi? Ma ciò basti, poichè basta a chi intende, a chi non intende nulla non basta.