< Dell'entusiasmo delle belle arti < Parte II
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RAPIDI.

Sappiamo che per ordinario questi uomini elevati, e veggenti per entusiasmo, questi genj sovrani fuggirono la fatica, non soffrirono la lunghezza, e le Ior più belle opere furono parti di un impetuoso invasamento felice. E però portano seco e le bellezze, e i difetti della rapidità. Quel che abbiam dette della Ior libertà troppo b chiaro, che accoppiasi con questa, non meno che l’elevazione dell’anima sopra gl’inciampi di qualunque suggezione. E quelle opere, e quei passi, che furono i più affrettati non per necessità di comando, o di bisogno, ma per impeto d’entusiasmo furono sempre i più caldi, i più nobili, i più propr; dei genj grandi, come i più lenti, e più studiati, e più furono sempre accusati di quello studio, e di quella fatica, che già costarono, e che ognor vi si sente. E’ notabile il numero grande dell’opere lasciate da’ pittori della scuola veneta per la loro rapidità, ed è la scuola più ricca d’entusiasmo d’esecuzione. E pur troppo si veggono pochi geni in quel tempo, in cui tutto è divenuto legame, precetto, scuola, e schiavitù, sicchè languiscono molti anni gl’ingegni al tenerli tra mille ceppi, e se ancor nacquero con entusiasmo, non poterono mai sapere di possederlo per mancanza di libertà1. Così più rari divengono i geni, quanto più sia comune ad una nazione in-5*Rapidi.

la letteraria, e scolastica educazione, quando per tutto regnano precettori, e precetti, si moltiplicano le grammatiche, le rettoriche, le poetiche, ognuno crea nuove regole, ond’è tolta la libertà a correre, e d’ogni minima libertà fassi un delitto. Si dice con maraviglia, che non vi sono più di quegli uomini; ed è vero pur troppo, perchè riuscire non possono, ancorché natura producali, tagliando l’educazione servile le penne al loro entusiasmo, che’ama volar disciolto, e veloce, nè soffre i riregni della pedanteria, e il letto abbomina di ProCusre.

Dalla qual libertà, che può dirsi indocilità per l’impeto, che la domina, deriva quell’ inimicizia irreconciliabile tra l’estro, e l’arte, tra 1’erudito, e l’uomo di lettere, ira il poeta, e il grammatico, tra l’oratore, e il tendi i versi d’Orazio supremo giudice in questo. Art. Post.

Natura fieret laudabile carmen, an arte Quasitum est &c. e tutto quel libro t’insegnerà ciò eh’ io non debbo, perchè tratto dell’ entusiasmo e non dell’arte poetica. e il rettorico, e molto più tra le scienze,. e le bell’arti, che non arti si chiamano quasi artifizi, ma come, talenti e facoltà piuttosto, benchè qualche parte pur non ricusino di magisterio discreto. Questa vera inimicizia esser dee tra il rapido immaginare di quell’anime privilegiate, ed il lento pensare degl’ ingegni posati, e puramente ragionatori (I).

Così alcuno che udì parlare di Cicerone, e della sua eloquenza trattandolo da impostore, e mancante di logica, e reo di sofismi.

Vi furon per fino tre precettori d’eloquenza, e di poesia, che negarono l’estro, come dice il Quadrio. Come mai convertire tal genie? Non altra ragione può darsi loro, che quella data al filosofo, che negava esser moto in natura, cioè il far dei passi, e costoro essendo assiderati, c srorp; dell’ aniina, non sanno dar passo. A tali uomini per verità non intendo parlare, massimamente parlando della rapidità, nè vorrei, che leggessero questo scritto, che avrei a temere d’esser ( i ) Nota sesta.

5-iRapidi.

set ter.-uto per pazzo, e trattato peggio di ^ Cicerone.

Dirà forse alcuno, che nell’impeto stesso più rapido dell’entusiasmo si trabocca a più precipizio. Ed è vero, che i più focosi pittori, e scrittori fanno maggiori falli, che gli altri; ma p:.tendo poi anche, che non hanno gli altri le loro bellezze. Paolo Veronese, TintOretto, Giu.Jano son come l’Ariosto, *4 egli partecipa delle loro sublimi prerogative, come de’ loro errori. Egli com’ essi portato dall’ entusiasmo, anzi pur trasportato impetuosamente cade di tempo in tempo per l’umana imperfezione, e per la furia del suo corso, ma un bel disordine l’accompagna nella carriera ardita, e luminosa, e tanto più gravi però son le cadute, quanto son da più alto, dicendosi acconciamente da non so chi, che i corpi più robusti sono sog* getti a malattie più violente.

( x ) Dante viola però molte leggi della gram( i ) Io per me credo, che i gran poemi di Omero, di Virgilio, e dell’Ariosto sian* sta-grammatica; fa servire le rime a se, non a Jor serve; crea le parole, se non le trova, o le prende d’ altri idiomi, perchè segue suo impulso, purché rappresenti il quadro, che ha in mente. Sebbene talora è sì felicemente investito, che tutto gli si presenta felicemente come nell* Ugolino, e in pochi altri passi, cioè in quei momenti propizi, ne’quali 1’ estro sereno e tranquillo è un mattin lucido, o un limpido fiume, non una sera nebbiosa, o una torbida piena, come esser suol le più volte, Dee qui particolarmente notarsi il pericolo di chi studia, e compone con entusiasmo per stati formati non a guisa di pala:»;’ con accurato disegno, ina bensì come ie città grandi, rozze nella prima /or nascita, indi successivamente ingrandite, abbellite, e adorne, con atterrare in gran parte i primi edilìzi; innalzando qua, e là fabbriche sontuose; unendo poi in progresso di tempo le varie parti in un sol corpo. Ma essendo sì varie le tempre degl’ingegni, non pare, che intorno a ciò possa stabilirsi una regola universale. Cevet V. Lem.

D 4 <¡6Rapi5r.

per riguardo alla sanità. Niuna cosa maggiormente logora gli organi più delicati, quanto lo sforzo dell’ elevarsi, del vedere, e ciò con rapidità, cioè violenza, ed urto, ed esaurimento di spiriti. L’ estro è quel destriero focoso, cui bisogna tenere a freno, e dar giusti riposi; se nò presto avrà fiaccate le forze, e stancato il cavaliere. Anche perciò la poesia non è, che per gli anni del maggior vigore di fibre. Quanti si trovano fiacchi, e stupidi ancora innanzi tempo! Quanti perirono in tali studi ! Esempj non mancano, che ognun sà.

L’indoli forti, rapide, irregolari de’ gen; anche nel vivere, e nell’operare si riconoscono. Poco amici d’ ordine, e metodo ne’ loro studi, e suppellettili, e conversazioni, impazienti di lunga applicazione, nemici di tempo regolato, e distribuito, e soprattutto impetuosamente portati all’ amore del grande, del bello, del vero, sicché non possono dissimularlo anche a lor danno irritando senza volerlo i pregiudizi, l’ignoranza, gli abusi, ed i vizi dominatori, e tiranni della letteratura, e della socievole felicità. Con lo stes-so impetuoso trasporto son benefiche e generose indoli con forza portate, e con elevazioue ed attività straordinaria verso il bene del genere umano, verso le nobili azioni, e le virtù più care, la bontà, la clemenza, 1’ umanifà, la liberalità, la fedeltà, che sono le lor divinità più adorate quaggiù, siccome sono abborriti mostri per loro l’interesse, l’orgoglio, la ferocia, l’inumanità, che vorrebbono strascinare davanti ai tribunali, e allor più, quando quei mostri sono impuniti, o trionfanti, e che la virtù oppressa dee tacere, e piagnere nascosamente. Benché altre volte abbiamo parlato, e a parlare abbiamo di questo, qui pure io ricordiamo a proposito della rapidità; essendo massime a tal proposito, che l’entusiasmo può dirsi un fuoco divoratore, inquieto, impaciente, un sottilissimo spirito dappertutto diffuso, e penetrante, allorché incontra quell’anime di lui più capaci, sicché da un termine all’altro d’Europa investite da lui, e turbinate, per così dire, verso un centro comune formano una invisibile società, e repubblica governata dagli stessi principi, e leggi, ed affetti, onde 58Rapidi, de sentonsi dagli estremi confini gli stessi do gmi, e verità supreme eccheggiar tra i filosofi, tra i poeti, tra gli oratori de’ climi, e de*culti più opposti; si vede una tacita, o palese corrispondenza tra tutti formata da quei legami comuni, rassodata insieme dalla iducia reciproci, dalla stima, e dall’amore; fioriscono l’arti a gara, si risveglian talenti, c virtù; si coltivano scienze, commercio, agricoltura nelle contrade più rimote al medesimo tempo, nè può assegnarsi alcun principio ad una fermentazione sì generale, e sì pronta, se non si ricorre all’ entusiasmo più ardente, che allor scuote, e vien fuori con tutto l’impeto, ed il vigore, ed è l’anima non conosciuta di sì gran corpo ad imprimergli tanto moto improvviso, che giugne talora ad incalorire i popoli più intorpiditi, e i climi gelati, siccome penetra, e scorre nella posterità, e di secolo in secolo si diffonde ( i )..Che se quell’impeto, e quell’impulsio( i ) Un’occhiata alla letteratura d’Euro.

pa farà conoscere quanto sia vieppiù vera qussta mia riflessione di dieci anni passati.

sione sveglia tempeste, e turbini, che pur troppo produco« naufragi, so:i nondimeno que’turbini, e quelle tempeste 0 necessarie, o salutari come quelle del mare, che il continuo riposo farebbe marcire, ed appestarne la terra, se i venti noi commovessero, e le burrasche. Ed è vero, che qualche genio fu sagrifìcato all’invidia, all’ostinazione, alle passioni de’ suoi contemporanei, ma poi le sue verità trionfarono, e dal moto impresso per lui ebbero vita le scienze, e le arti, e sorsero a dominare i gran genj suoi discepoli , e successori. Ognuno che legge, nomina da se stesso, e ricorda quell’ epoche e quelle anime illustri senza bisogno di molta erudizione di storia letteraria, incominciando da quella degl’ indi, e de’ caldei, sino a quella de’ nostri giorni, che ne possono dimostrar esempli recenti. Io non li nomino.

Può riflettersi ancora ai segni fisici, ed esreriori della rapidità in molti geni. Hanno ale a volare, ardon d’un fuoco divoratore, son portati da un impeto irressistibile, e però quelle penne, quel fuoco, quell’impeto dimandano volo, esca, e corso, e talor vengono 6oRapidi-^ no fuori dell’anima, e si manifestano a’fatti. Con ciò si spiega quella vivacità, ed impazienza, qual noi la veggiamo anche esternamente in loro. Non sempre, ed in tutti, perchè ve n’ha alcuni per temperamento,od educazione taciturni, placidi, e lenti, sebbene anche essi divengono all’occasione più fervidi, ed irrequieti. Si disse d’alcuno, che rassembrava a un vulcano, il qnal d’ordinario sta cheto, e non mostra quel fucco, che ha nelle viscere, talché vi si veggono sicuramente errar d’intorno le gregge, e coltivare le vigne, ed i campi gli agricoltori; ma poi d’improvviso dà in furia, e tutto saccheggia, e divora. Finirò col ripetere, che questo fuoco poi passa, come quel de’ vulcani, e che allora è tempo di prender la lima, e condurre le cose a perfezione, ricordando il bel verso di Lord Roscommon!

Scriver con ent uà sismo, ma corregger con

  1. Quintiliano fece l’opera sua per formare con arte e precetti l’eccellente oratore. Ma in questa medesimi ei dice: Propter quae mihi semper moris fuit quam minime alligare me ad praecepta&c. ed in airro luogo parlando dell’arte sua confessa, che non ratione aliqua, sed motu nescio, an innarrabili judicatur Instit. I. 14.
    Perchè dunque far tanta fatica per dar precetti, giudizi, e regole con tanto sminuzzamento, e in tanta mole di gran volume? Ma per illustrare e difinire tal punto leggi ed
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