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VEGGENTE ^^eggono questi geni, sono presenti, son tocchi, son mossi da quelle scene, e vedute » che levandosi sopra9e stessi, e quasi fuori dei sensi incontrarono nell’alta loro, e serena atmosfera disgombra dai nuvoli, e dalle tenebre di quaggiù, E’ vero, che spesso traveggono, e questo stesso gli scopre, essendo questo l’eccesso di loro abituale disposizione.
E così non provassero gli esempi funesti r che il più bel dono del cielo si volge talora in furiose manìe, in profonde tristezze, in vera follia o per logoramento degli organi più delicati, e più violentemente usati a grandi sforzi, o per accensione, e ingrossamento di sangue sfiorato de’suoi spiriti miglior:, o per troppo abito, ed uso di fissarsi in oggetti, e visioni straordinarie, come Cartesio creciea vedere fantasmi, udir voci superne, ed aver sogni misteriosi, Pascal si vedea sempre da canto una voragine, Socrate conversava con quel suo genio, e tanti altri filosofi furono visionari. Or che sarà de’ poeti?
(i) Per non funestarci col ricordare gli esempli troppo noti, eJ umilianti basta vederne tra noi la timidità d’alcuni per l’ombre, e i fantasmi, l’ipocondrie, e gli scrupoli della sanità in altri, le stravaganze di ogni maniera in molti. Tutto ciò nasce ancora dalla presenza, ed evidenza del loro entusiasmo fattasi abituale dalla persuasione, e quasi sensazione delle cose e p-rsone, vergendole sì manifeste, che le toccano, le fiutano, Jor sorridono, e con grida, e con canti, con gesticolazioni involontarie mostrano di trovarsi tra quelle. Ma insieme nasce da questa persuasione, e visione la creazione di persone, e di cose mirabili, ed animate, e viventi, e presenti al loro entusiasmo. Io n‘ hcr (i) Nota quarta * n’ho conosciuto alcuno di così naturale tenfc pera nato, che ancor nelle conversazioni ordinarie tutte le idee vestiva, dava corpo ai pensieri, sceneggiava sì vagamente iu ogni materia, che pareva avesse un’anima tutta €cch;: o la fantasia invece d’anima.
Ma chi vuol vedere la forza di questa visione maravigliosamente all’entusiasmo, ed ai geni amica, e creatrice feconda di scene,. vedute, ed immagini, e azioni, e cose, e persone sopra la sfera comune, basta volgersi a Omero. Egli è il padre di tutti i poeli, i pittori, e gli scultori, perchè creò quasi tutto il mondo poetico e il vide in altro modo più bello, e le nostre idee dipinse, e tutto animò, colorì, divinizzò, fecondando della sua mirabile creazion l’universo. Credetter gli uomini di abitare un mondo novello più grande, e più vago per lui, consolandosi in questo immaginario delle noie del vero. Tutto per lui prese vita, persona, ed azione, e fu veduto cogli occhj dell’omerica fantasia con estasi di maraviglia. Il sole è un Dio, che sovra carro di luce ne guida il giorno, e sferza cavalli di fuoco; le le stei-stelle son Dei, che misurano il tempo eoa aureo raggio, e con circoli eterni ordinati.
Un Dio vola coi venti, corre coi fiumi, regna nel mare; molti Dei producon le messi, i fiori, i frutti, i metalli; sollevandoci seco sull’ale di sua visione insino all’empireo, come ne mostra Giove immortale Dio degli Dei con quei fulmini ai piedi tra l’ugue dell’aquila fabbricati là in Lenno da suoi ciclopi, e il gran nume a un volger di ciglio fa scuoter l’olimpo; intorno a Iuitutt’i numi sdraiati sulla porpora beendo la gioji jiell’-ambrosia, e nel nettare dell’immorta, lità,.tra quali Venere bella, nel cui cinto le grazie coi giuochi e coi risi festeggiano, e nelle cui braccia scherza il figlio bambino, al cui potere ubbidiscono cielo e natura. Così converre egli in un tempio il vasto universo, e colorisce, ed avviva ogni cosa con quel linguaggio, che per lui cominciò a dirsi quel degli Dei ( i ). Cesi videCI ) Hunc fa ndi morem ( si vera r.udivimus ipsi ) Cellcola excrccnt cali irr penetralibus altis.
Vida Art. Poet. I. j riero i geni secondo loro talenti, ed occasioni ogni cosa nel modo Ior proprio, e le credettero tali giungendo insino i genj filosofi a far de* sistemi colla Visione. E siccome questi vider creando quel che non era, così veggon altri supplendo quel che manca all’oggetto entusiastico. Veggon gli amanti degli occhi, e delle ciglia nerissime, e splendenti, ove o ciglia appena indovinami, ove gli occhi son morti, ed esanimi; come i geloni,- ed irritati non veggono più la be!’Jezza una volta adorata, o veggolio in vece sul volto medesimo deformità, e difetti, che non vi sono. I poeti (i) son più che gli altri soggetti alle visioni, e però di loro parliamo. Basta leggerli, ed ascoltarli, che bea vedesi chiaramente, come ogni cosa dipingono, idoleggiano, e vestono; mentre gli altri narrando, ed osservando, o ragionando,; sin perorando, le lasciano come sono;. e ss dipigner vogliono, animare, e idoleggiare, le metafore, le figure, le immagini confessati di( i ) Nota quinta.
di toglierle dai poeti, e da questi però furono piti yolentieri le dottrine platoniche abbracciate, come piti vaghe, ed acconce, diceva EaJlavicino, ad infonder buon sangue nelle vene di poesia. E quindi il Petrarca, che di quella scuola era degno, può chiamarsi il poeta deile visioni, e creò per esse una poesia tutta nuova, sublime, estatica, contemplativa; le immagini quasi sempre, e gli spettacoli dell’ amore avendo davanti ad una nobile fantasiavive, e presenti, e trasformando le piante, le fonti, e le rupi medesime in volto umano, e dappertutto veggendo Laura, e Laura sempre portando negli occhi i e sempre Laura anche morta incontrando, e parlandole, e trattenendola in beatissimi rapimenti, senza parlare di que’suoi rrionfi, e di quelle sue canzoni, che tutte sono visioni, comparse, e sceneggiamomi ammirabili.
Basta avere talora qualche scintilla dell’ entusiasmo per abbellir tutto un quadro, e illuminare tutto un pensiero, sicché diletti, e rapisca. E’ una luce, che si diffonde, e di un raggio fa giorno chiarissimo. Così sembra-brano dotti più che non sono taluni, e i dot* ti dottissimi. Chi ha questo dono > par che sappia di tutto senza avere studiato, perchè il poco che sa trasportato in quel vivo lume fantastico, daque’loriocchj interni veduto, e da quel caldo investito si fa più bello, e più largo, e più vivo; sicché destandosi insieme i fantasmi, e quasi riverberandosi l’idee (se però stiasi sui generali, nè si richiegga scienza di fatto, ed erudizione dottrinale) fan comparire gli oggetti, e ingrandiscon le cose udite appena, o lette da loro ni3glio di chi le possiede per lungo studio, ma che non sa dar loro quella luce vivificante!
Dissi, riverberando l’idee, perchè è proprio di quest’ ingegni dir una cosa, che faccia vederne, o sospettarne molt’altre, scoprir ad un punto ciò, che tempo, e studio appena potrebbono. Di qua vengono i grandi pensieri, i memorabili detti, proverbi, sentenze d’alcuni privati in una città, in certe adunanze, e di qua molto stile di certi scrittori tanto ammirabile, come quello di Tacito, o tanto piacente, come quello del Veliejo moderno Volraire sì diversi per al-altro, ma in ciò similissimi. Il che vien forse da tal compiacenza, che sente l’anima nostra allora di sua forza, ed acutezza, ed ampiezza; sicché fa trovarne mirabile Io scrittore, ed il parlatore a quel segno, che ai ogn’altro Io preferiamo, giacche tutto poi anche nell’entusiasmo, e nell’arti va a risolversi nel piacer, che ci danno. Certamente il secondo ha tanto credito nel nostro secolo principalmente per quel suo stile, che in un solo concetto presenta molti oggetti lontani f e disgregati, anzi talvolta opposti, e nimici, rivolgendo le loro facce a quel punto, in cui sorprendono vivamente col doppio lume, e con moltiplici idee combinate, onde veggiarno ad un tempo, e in un colpo ciò, che non mai vedemmo, se non che separatamente. Le dissero alcuni disparate, e ne fanno un proprio caratrere aNo stile di lui.
Ricca visione può dirsi di tutti quelli, che son più felici in metafore, cioè nel vedere ad un tempo più oggetti, ravvisare in essi la simigiianza, e di questa farne una composizione ed unione, che piace per la varietà, cioè per la compiacenza di trovar te tanti teatri, e gli autori tanti pittori, che presentano oggetti varj, e spettacoli agli occhi dell’anima. V’ha certe anime infatti, che colla sola lettura de’ poeti acquistano cognizioni, e ricchezza d’idee con mirabile facilità, moltiplicandole poi per la lor possanza fantastica, e componendole a mille invenzioni lor proprie. Ma sarà sempre pur utile quell’esempio de’due gran pittori Leonardo da Vinci, e Michelangelo Buonarroti, sommi genj dell’arti, i quali non erano paghi della loro fecondità d’immaginazione a figurarsi in mente i bei corpi, e le arie vaghe, e le proporzioni, e le fattezze più graziose, ma usavano d’aggirassi tra la moltitudine per ¿scontrarvi le persone di bella testa, di scelta forma, di pellegrini lineamenti,. e di attitudini risentite; e le seguivano "spesso astratti in esse, e talor le volevano seco a trarne ritratti dall’originale, se non si fidayano delia fedeltà di lor fantasia, che per aU* VtCCEUTT.49 altro così aveano riccamente provveduta deL Je più rare immagini, che ben porea dirsi una rarissima galleria pittoresca. Cosi dovrebbe il poeta, così l’oratore formarsi in capo una galleria de’caratteri, devcostumi, delle passioni degli uomini, e^ ampliarla in un teatro delie diverse nazioni, ch’egli poi mescolando, e separando, e raccozzando renderebbe sue proprie, ed originali. Quindi deriverebbe nel suo comporre alquanto più di filosofia, che poco sinora impinguò le belle arti, e seguirebbe le tracce de’gran maestri, che grandi si fecero per t;.l mezzo, coinè sappiamo di Talete e Pitagora, di Platone e Democrito, e di tanti altri, che dalla Grecia passarono a raccogliere le dottrine nell’Egirro, e nell’Asia, e sino nell’Indie.
Eppur vedevano assai que’ filosofi e per forza del loro talento, e per le dovizie di sapienza, che possedevano nella patria; ma ben intesero, che per ben vedere è necessario molto vedere; che altro è pensare, altro pa_ ragonare, altro riflettere freddamente su t libri o fallaci, o certo indifferenti, ed altro assistete allo spettacolo vivo, e presente deiTomo IV D la la natura, degli uomini, dei governi, degli usi, delle scienze, e dell’arti sparse nell’universo, e sempre mai conosciute su la fede d’altrui.