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GRECIA.
Avendosi molte volte del clima di grecia e del suo particolar entusiasmo fatta menzione, non sarà qui forse alieno di raccogliere in pochi tratti l’epoche sue almen principali a maggior intelligenza del detto.
E’ mirabile veramente sin dall’origine tra tutte l’altre la greca nazione, secondo la storia e i monumenti più illustri, e per una serie d’autori, d’artisti, e d’eroi d’ogni genere, non meno che per naturaii prerogative. Poco più noi sappiamo, oltre il nome di Zoroastro infra i caldei, di Badasso tra gl’indi, d’Ermete tra gli egiziani, e quanto di loro sappiamo è da molti creduto simbolico, tolto a’ greci, o agli ebrei, certamente confuso ed incerto, e lontano da quella grandezza e beltà incantatrice delle greche. V’ha chi pretende esser le arti passate dall’etruria in grecia, ma come provarlo in tempi sì tenebrosi? Forse presero i greci alcuna cosa dal popolo ebreo, ma come questo non fu destinato ad esemplare delle arti e delle lettere umane, ma ad oggetti più venerandi, così tutta rimane ai greci la gloria nel resto. Degli ebrei e del loro entusiasmo dirassi in un trattato a parte sopra la poesia scritturale. Or come mai la gloria de’greci è quella del genere umano dell1 ingegno, dell’ ardir, de’ talenti ? Come in quell’ angolo sol della terra parve raccogliersi tutto il bello, ed il grande delia nostra natura sin da principio ? Come mai le Ior tradizioni ancor favolose son tanto degne della storia dell’uomo, e ridondanti d’occulta verità filosofica ?
Prometeo forma P uomo, e prende il fuoco dui sole per animarlo. Lino inventa la lira, ed insegna ad Orfeo con essa in lirici versi da lui trovati. Orfeo dell’esametro è l’inventore, aggiugne corde alla cererà de!
maestro, rinforza la melodia, e forse ancor l’armonia, divien padre e signore di mansuefatti al suo canto, e fonda il più bello imperio, che fosse mai, l’imperio della umanità, e dell’amichevole vita, e questo egli stende alla poesia per tutti i secoli, la quale adoralo suo fondatore per le maraviglie e care immagini, che ancor fan la delizia del mondo, per le amabili illusioni delle arti, che se ne arricchiscono ognora, e per le passioni addolcite e nobilitate da lui. Quei sassi e quelle selve tratte al suo canto, e i fiumi arrestati, e Cerbero sin nell’inferno placato, e Plutone sedotto a concedergli la cara sposa, e il suo pianto per lei perduta, e le sue sventure, e la sua morte incantano ancora, benchè ripetute in ogni età, e da tutte le penne, e i pennelli delle genti più culte.
Museo, Anfione, Esiodo suoi successori guidano sempre ad un medesimo scopo per la via stessa con sempre nuovi prodigi il cuor umano, sinchè a capo di quella via luminosa incontrasi Omero. Il suo nome basta a risvegliare nell’animo l’epoche più famose della sua patria, e dell’umana virtù. Tutte le arti, e tutte le scienze lo riconosco-r.o per padre, e la grecia ne riconosce le nuove generazioni degli eroi, e dei classici autori. Gli Euripidi e i Sofodi, i Pindari e gli Anacreonri, i Demosteni e i Perieli, i Tucididi e i Senofonti, gli Aristoteli e gli Archimedi, e gl’ Ippocrati guidati da Socrate e da Platone, e cent’ altri sovrani in.
gegni; come pure Apelli, Parrasii, Zeusi» Timanti, Prasiteli, Poiignoti, Dioscoridi, Pirgoteli e tanti mirabili artisti sono suoi figli. Quante città, e popoli anch’oggi si recano a gloria di trar loro origine dalla famosa Troja? Tanto il genio d’Omero magnifico, e grande ne hi trasmessa nel mondo dopo trenta e più secoli una nobile e viva idea sino all’ ultima posterità !
Quale anima in fatti fu quella mai, che senza esempio creò que’due mondi dell’iliarie, e dell’odissea ? Qual cuor sentì mai, fece mai tanto sentir la pietà, come lo spirante Ettore, Tro/a caduta, Andromaca, e il figlio ? Dove trovò egli l’eloquenza perfetta degl’inviati d’Agamemnone, e d’Achille, e tanti tratti sì vivi, sì fòrti, sì acconci a movere, ed a piacere sparsi per tutto?
Dove Dove infin quel pennello, che descrisse: lavori, e la fucina volcania, dipinse un Acni!le, un Ajace, un Ulisse, e tanti eroi, e tanti Iddìi del cielo, degli abissi, deila terra, e del mare, e mille immagini piene del più bel fuoco, che scalda ancor 1’anime generose dopo ben due mill’anni, g. forse tre, e quattro milla ( i ) ì A quel fuoco ecciiaronsi Un popolo vero d’eroi, di legislatori, di guerrieri, di politici, e di sapienti. Sette per eccellenza si dicono i saggj di grecia; con lor Licurghi, e Soloni, dopo loro Temistocli, ed Alcibiadi,.
Milziadi, ed Aristidi, e i chiari esemplari sovra ( t ) Ma che più dire, se abbiamo sin da^ gli antichi quel celebre basso rilievo in marmo con l’apoteosi d’Omero seduto in troi.o con alla mano le scettro, e presso, ed intorn? !e delle arti, delle muse, e della virtù, l’iliade, e l’odissea da fianco, e Gif1ve in alto, che al coro lo annovera degli Dei? Corone d’alloro, alrare, vittima, e sacerdote, che sagrifica al nuovo nume. Le 17 figure lavoro son d’ Archelao figlio d’Apollonio di Priene, e si bel monumento in Roin^ si serba, e s’ammira. Alessandro Mas’«) tenea seco l’iliade in un vaso d’oro.
sovra tutti delle virtù dei gran Socrate, e della gloria d’Epaminonda. La libertà generosa è quella, di cui seguono tutti l’insegne, e queste seguono la vittoria, e l’onore.
’ Tutti questi immortali, non men che le loro virtù si danno la mano, e si accendono insieme ad emulazione colle Ior patrie e genti. Sparta, ed Atene gareggiano in educarli!
le accademie, le scuole, i giuochi, le sfide solenni tra le nazioni, l’età, le professioni porgono ogn’anno pubblici premi al valore, e g istigano l’ignoranza. Pindaro canta gli olimpici vincitori, essi il coronali poeta.
A pelle, e Fidia fanno il ritratto, ed il busto d’Anacreonte, egli canta la Venere del pittore, e il Cupido dello scultore. La patria è intesa a render bellissimi i corpi, e robusti. Le art: ne traggono le idee perfette del bello, e del fòrte, i modelli, e le torme civile statue immortali, che noi anch’ongi copiamo. La bellezza era un proprio frutto del clima, poiché a nostri giorni eziandio in cotanta diversità di costumi, di vivere, di governo son le belle persone colà, e ne’ giorgiani} e negli altri della grecia asiatica ancora, / 6ora. Ivi i.corpi meglio formati, e il_ vestire più comodo alla libera lor formazione si trovano, come pure quell’ accortezza d’ingegno, quantunque ad altri usi rivolta (tolto quello delle arti, e dell5onor patrio) si trova ne’ greci moderni ( 1 ).
Ma la bellezza più propria, e più invidiabile di quel clima felice, di quell’ indole e libertà, ed emulazione, e studj, e gened arti, ed imprese campeggia, e comprovasi mas- u — ( 1 ) I viaggiatori anch’ oggi trovano in.
quelle isole scene, e prospettive incantatrici, lij| quali natura offrivale ai poeti antichi, che le dipinsero. Ogni lido, e collina offrono oggetti pittorici, avanzi di tempietti, di sepol- ’ cri, di portici, d’ottimo gusto, e de’ marmi di Paro si famosi; le statue ne furon tolte. Ma i vini eletti, gli agrumi, i boschetti di lauro, di melo granato vi sono ancora come pure i bei corpi e volti e fisonomie nelle donne vestite a fogge libere", evoluttuose, che parte coprono, e parte lascian vedere Je forme e le proporzioni elegantissime, che secondano a maraviglia i moti i passi e i balli, dei quali godono ancora, e gli hanno del gusto" antico accompagnati dagli an-.
xichi stromenti ci suono, e con altri usi antichi, come quel delle ancelle co’lor canestri pieni de’gomitoli di seta, ec.
massimamente in quel linguaggio d’ogn’ altro più armonico, più pittoresco, più ricco, come anch’oggi il sentiamo, benché a forza di studio, e tra mille incertezze. Ed è il linguaggio, come ognun sa, l’impronta più cerra a distinguere i genj, ed i caratteri delle nazioni, siccome è 1’ ultima a perdersi, perchè la più intima a propagarsi di madri in figli (1). Che dilicato orecchio, e sdegnoso era quello de’greci, se fino la bassa plebe d’Atene sapea discernere a un minimo accento un colto straniero, che dopo lunga dimora, e studio parlasse lor lingua ? Una sola parola quante cose ne dice? Quale rotondità musicale anche noi ci sentiamo, che si poco possiam sentirne, e qual sentivala Orazio} che dicea le muse ai soli greci aver dato il rotondo parlare col genio felice ?
Or con Orazio appunto vegniamo al para(1) Onde dicesi lingua materna „ facilita enim mulicfes incotruptam antiquitatem conservarli, quoti multoTur» sermonis expertes renertt semptr qua prima didictrunt. „ De Orat. 1. 5.
ragon dei romani a veder sempre meglio la maggioranza de’greci su tutt’i popoli, poi.
chè superarono il popolo re. In più luoghi li dice maestri, e vincitor dei romani, dal ■ quali erano soggiogati (1): Virgilio con luì, ^ concede loro la palma nelle arti, e negljyj studi anche adulando il seccl d’Augusto, e lui con Roma. Marco Tullio okre aver pr^® so tanto da’greci scrisse ueila lor lingua, e in greco era la storia del suo consolato, co# me lo erano i commentar) pur di Li: cui io JS Tutt’i grandi uomini dell’aureo tempo di Roma attinsero a quelle fonti, andarono 1 quella scuola, furon discepoli de’ lor sudditi,/ de’ loro schiavi in mezzo alla gloria de’ loro trionfi, e delia loro opulenza. Questa ver-,fc suva le ricchezze nelle arti, pagando artefici« greci, comprandone codici, e statue, e r-it.M ture a grandissimi prezzi, sinché divennero® romani trionfi gli acquisti di qualche beli’opera ’ ■ (i) Grada capta ferum ctepit viBorem &c.
Horat. a Excudent alii spiraatia mollius area &c, Virg.
pera greca, quando mancarono Je provincie da trionfare. Le ville, Je fabbriche, i templi tutto fu greco in Roma, e fuori: i romani s’ingentilirono, e son famosi al mondo pel gusto greco; e l’oro del bel secolo, coinè J’argenro del susseguente vennero dalla greca miniera, e di man greche furono lavorati.
Eppure con tutto questo, e con ¡studio, gd imitazione, e comunicazion tale di grecia non inventarono nulla i romani, e furono sempre discepoli, come se Panima creatrice, ed il talento delibarti non allignasse fuor di quel clima. Ma l’imitazione, ed emulazione medesima giunse almeno all’eccellenza degli originali, e maestri ? Orazio confessasi inferiore di molto a Pindaro, Virgilio tanto cede ad Omero, che quasi tutto il meglio dei due poemi nel suo derivò, e una sola similitudine (per dir questo solo) non ha forse l’eneide, che da quei non sia tolta. Cosi può dirsi degli oratori, degli storici, de’ poeti, tra quali i tre famosi elegiaci in più luoghi furono ancor traduttori de’gre:i, per non parlare della tragedia, che appena eonobbesi in Roma; restando solo alcun Tomo IV. M van-Vanto per lei nella commedia. Non perciò togliesi la dovuta gloria a Virgilio, come altrove diciamo, nè a Marco Tullio, che superò forse ogni greco.
Il linguaggio non meno restò sempre inferiore per quanto si coltivasse, e si arric-, chisse col greco. Ogni mediocre intendente, come son io, può nel confronto sentirne la gran differenza, e i romani assai volte o lodando la greca, o lagnandosi della nativa lingua mostrarono di più sentirla. ( i ) Orazio ne accusa la rusticità, e sino a’ tempi di Quintiliano peccava di povertà, cui coni- ’ piange Seneca nelle sue lettere, e chiamala!
mendicità, sebben fosse sì tardi, e dopo tanto coltivamento, ed egli fosse obbligato a sa-" perla per dottrina, per condizione, ed in Roma, e alla corre. Altri vizj della latin» fin(i) "Man serum hodieque manent vestigi a run’s. Ep. i. I. i.
Ideoque pauptrtate s ir moni s labor amus. I nstit. 1. 8. c. 3.
Quanta nobì: verborum paupertas, imtrto e.
gcstas sit, numquam magis, quant hoditrno die int¡lieti, Epist, sp.
6R.££IAii’fa lingua sono assai noti, e certamente alcun# ancor non trovai, che l’una, e l’altra sapendo, di lunga mano non preferisse la greca, per quanto da noi possono sapersi ( i ).
Or chi dopo ciò non conosce quanto per ogni titolo fu privilegiata la grecia tra tutti le (i) Dopo rutto questo chi può quistionare sul gusto delle bell’arti, perchè varia in alcuni secoli, e negli uomini diversamente organizzati ? La pluralità de’ voti, cioè de’ tempi e delle nazioni non dee far leg^e nella repubblica letteraria ? E questa jjluralita non è ella in favor de’ greci ? Non è più tempo di ribellare, e far tumulto germanico, galj lico, ovver britannico incontro a’ legittimi legislatori de’piacer deli’ingegno, a’maestr!
dell’arti amabili, agl’ inventori ed esemplari in ogni genere del bello. Le più belle torme, proporzioni, accordi armonici rra il tutto, e le parti sono riconosciuti nelle greche scolture, ed architetture da ogni colta nazione, e per quanto alcuni abbian tentato di trovarne altri più grati all’occhio, e all’ingegno, di dar nuove regole, e nuove misure, ornai siam convinti, che alterarono, e corruppero il vero bello, c che l’opere greche sono i soli precetti da seguirsi perchè i soli esempli da imitarsi in ogni scuola per non -errare „ / le terre, e ie genti ? Ma se pur alcuna po.
tesse più da vicino rassomigliarla, io dico esser l’Italia, e per tutte le cose dette, e principalmente per la sua lingua. Così dico in Italia le due provincie aversi a distingue-», re da tutte l’altre come al confronto, che!
facilmente pub estendersi, proveremo in al.| irò luogo oltre il già detto (x).
Ben 3 (i) La forza delia lingua è rale, secondo l’abate di Condiliac, che dai!’ indole sua.
viene in "gran parte l’indole generale d’una.
nazione per le arti principalmente, e per 1’ immaginazione, ond’ egli al greco linguaggio attribuisce la differenza di quelle prerogative di Grecia, che altri danno al clima. A lui potrebbe richiedersi nondimeno da qual cagione ripetasi quel linguaggio, e da qual sorgente quel derivò così dagli altri diver-^ so. Molto sarebbe a filosofare su questo, edl applicarne 1’ esame alle lingue viventi. Ver-1 ri alcuno dietro le tracce del bel trattato c!t\ origina des connoissances humaines, e rischiarerà quel cap. v. del tom. II. sopra la musica. Intanto mi giova ripetere ciò eh’ egli dice tra molt’ altre profonde ricerche al capo intitolato dii Genio delle lingue, e più al mio proposito. Ecco, die’ egli, nell’ ordine loro proprio le cause che concoironoal progresso de’ talenti. Primo. Il dima t una con-Ben ripeto frattanto, ch’io lascio il giudizio ad altrui per timore de’ pregiudizj, e dell’educazione. Giovi in parte a scusarmi ciò che fu avvisato da non so chi, esser giunto il gusto delle arti, e l’eccellenza del bel sapere in tal pregio in Italia, che ottennero il nome della virtù.
Ma come avvenisse, che i romani sì lungi restasser dai greci, e i nostri italiani vi sian giunti sì presso, quantunque d’un clima medesimo, di ciò faremo alcun cenno, e meglio ne verrà altrove da esaminarlo.
Intanto mi piace finire il confonto d’Italia con Grecia, mostrando quanto secondo la storia procedessero similmente i lor passi nelle vi-
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condizione essenziale. Secondo. Bisogna, che il governo presa abbia una forma costante, e che abbia però fissato il carattere della nazione. Terzo. Da questo carattere deve un altro venirne alla lingua, moltiplicando le formole esprimenti il gusto più dominante d'un popolo. Quarto. Ciò fassi adagio nelle lingue formatesi dagli avanzi di molt’altre; ma vinti una volta gli ostacoli, le regole stabilisconsi dell'analogia, fa progressi il linguaggio, e i talenti si spiegano.
G K E c I A vicende della libertà, delle guerre, de’governi, e delle arti sino al secolo d’oro d’entrambe somigliantissimo. Anche in ciò discopre non aver i romani tenuto lo stesso cammino, ed esservi buone ragioni di lor differenza dagl’ italiani moderni. Questo compendio potrà stendersi ad un paragoa più distinto. Frattanto mi par curiosa, e degna di considerazione una sì strana, e non ben osservata da altri, che io mi sappia, »storica rassomiglianza.
GRECIA ED ITALIA, GRECIA. EPOCA PRIMA, i. asciando la guerra troiana, e i tempi eroici, vedesi la tirannia, e l’abuso dell’ autorità di varj sovrapi.
2. I popoli irritati scuotono il giogo, fanno repubbliche, e forman tra loro la lega degli Anfìtioni.
y- Spettacoli, giuochi, feste, sacrifici, ove concorrono le città, e i popoli liberi, e petb amanti di ciò.
4. Spar-4. Sparta per Licurgo, c le sue leggi maggiore autorità e credito divien come l’arbitra, e la capitale per fama di giustizia e di virtù. Centro comune, a cui le altre s’uniscono, e vanno ne’ lor bisogni, e litigi * y. Atene emola per le arti, la coltura maggiore, e un pari valor militare. Temistocle, Milziade, ed altri, come Leonida a Sparta, gran capitani, saggi, commercio, colonie greche nell’Asia minore, e in Europa. Modello dell’urbanità, e del viver tranquillo.
GRECIA ED ITALIA.
ITALIA. FPOCA PRIMA.
x. Tacendo de’tempi ferrei verso il mille, i eonti, marchesi, e duchi governatori opprimono i popoli, abusano del nome degl’imperadori germani, e re d’Italia, e del governo feudale.
2. Chi compera, chi ottien coll’armi la libertà. Venezia lor modello. Genova e PiM 4 sa sa tra le prime. Consoli in vece di conìi* e marchesi; il sol toscano vi resta al 1100.
Lega famosa tra le moite repubbliche del 1167 3. Feste, corse di cavalli, giostre, tornei a gara. Leggi e statuti. Si comunicano il valore, e le cognizioni per tutta l’Italia colla libertà.
4. Venezia già grande, quasi madre delle altre per le sue leggi, e prudenza. Eamus ad bonos venetos ( 1 ) diceano nelle loro discordie le città. Da lei prendevano più spesso i podestà, sicché con decreto ella vietò a’suoi d’uscire senza suo consentimento.
5. Toscana era l’Attica, come Venezia la Sparta. Arti, lingna, urbanità sino d’ allora. Guerriera come l’altra. Pisa e Firenze, Venezia e Genova con gran flotte ebber vittorie. Ma i lor Milziadi, e Temistocli non ebbero storici sì famosi ( 2 ). Uomini dotti (1) Tantam de eorum sapienti a opinionem incorrupta prr tot oscula se veri tate judiciorum defendente. M. A. Bruto de Instit. Itali x.
( 2 ) Atheniensium res gesta’, sicuti ego existimo, satis ampia magnificte que fuere!
ve~ G*.tctaiiSj dotti in toscana pel commercio cogli arabi dì Spagna custodi delle scienze. Colonie toscane, venete, genovesi in oriente. Commercio e ricchezze in levante, mar nero, arabia ec.
Quindi mode, ed arti in tutta Europa da noi sparse.
G R E C 1 A.
EPOCA SECONDA.
j. Divisioni tra Sparfa e Atene. Quest» prevale in mare. Solone e sue leggi; vittorie, coltura la fan superba ( i ).
2. Vuol ■veruni ali quanto minarti temer:, quam fama for untar. Sed quia provenere ibi scriptorum magna ingenia, per t errar uni or ¿rem fada prò maximis celebrar:: ur: ita eorum qui ra fecero virtus tanta babetur, quantìtm ver bit eam potuerc extollere preclara ingenia. Nalusr. in con;ur. Catil. Vedi più sotto ove degli storici greci, e de’ nostri.
( i ) Nessun Solone, o Licurgo fu iu Italia, e le leggi, e la polirica, e I’arre militare molto inferiori restaron tra noi per quel poco, che ne sappiamo, e che ne fu scritto, benché per tu:to si facessero statati..
I 2. Vuol dominar ciascuna sull’altra, ond* guerre civili, e principalmente gran guerra del Peloponeso per ciò, che fu scritta da Tucidide e Senofonte. Popolo e reggitori mi« iitriri e civilirin contese.
3. Si sottraggono alla dipendenza di Grecia le città asiatiche nella discordia de’greci.
4. Tebe sorge, guerreggia pel primato.
Assediata dagli spartani. Epaminonda vitto, rioso, e Tebe con lui.
5. Rimangono Tebe, Sparta, ed Atene le dominanti, ma tra loro gelose e discordi, ITALIA.
EPOCA SECONDA verso il 1200.
j. (juerre, e gelosie del dominio delmare^ ira pisani, fiorentini, genovesi, e veneti poi!
ognuna superba per ricchezze e commercio, che le crociate ampliarono.
2. Guelfi e gibellini, bianchi e neri; scii> mi: gran guerra di Federico I. che umilia molte con Milano primaria repubblica dei lom» lombardi. Gare rra nobiltà e popolo. Capi, rani nobili divengon potenti, ia plebe, e i Valvassori, che con essi compongono il governo, discordi.
?. Le lontane conquiste e i domini di levante si sottraggono, mentre sono gl’italiani occupati nel furore civile.
4. Roma, Milano, (risorta dall’eccidio di Federico) Napoli, come Tebe, pretendo, no dominare. Assedi e battaglie. Turriani, Scaligeri, Carraresi, come Epaminondi prevalgono nelle lor città, poi le signoreggiano ( 1 ), 5. Milano, Firenze, e Venezia son le più forti. Il papa lascia Roma. Napoli e Genova lontane, e volte al mare. Per tutto discordie e fazioni ( 2).
Qui (1) Gli Sforza, ed i Carmagnola non eguagliarono i capitani greci; ma neppur essi ebberTucididi, e Senofonti ad illustrarli. I nostri usurpatori, e tiranni non danno a vedere alcuna virtù sino a Cosmo e a Lorenzo de’ Medici; ma chi si prese cura di Tramandarci le belle azioni de nostri Timoleonti e Focioni ?
(2) Geremii e Lambertazzi a Bologna, Ac, i38Grrcir.
GRECIA.
F POCA TERZA.
i. Dalla generale discordia e corruttela prese forza e ardire Filippo Macedone. Fec*‘ lega co’tessali, vinse i greci co’greci nrrab biari nella lor guerra civile, detta la guerra sacra. Irr vano Demostene vi s’oppose per riunirli contro Filippo.
=. Giugne esso colle vittorie, e il credito a farsi dichiarare Anfìtione generale contro’ la Persia. Vinse i beozj, e gli ateniesi a Cheronea. I greci erano stanchi della libertà ? de’suoi sconcerti; amarono la novità e il cambiamento; crederon trovar riposo nelP 1 ubbidire a un solo.
3. Presero voga le arti, il sapere, P eloquencarisi e Manfredi a Faenza, Polenrani, e Traversari a Ravenna, Sanbonifacj e Monrecchi a Verona, Turriani e Visconti a Milano, Colonna e Orsini a Roma, così per tutto; e di ciò venne la scarsità degli storici, e la parzialità di quelli, che scrissero, Queiiza per tutto. Si trovano filosofi, oratori, poeti illustri fino d’allora. Si pregia l’ingegno dopo il valor militare.
4. Viaggi e scoperte de’saggi, e filosofi.
Le scienze d’ Egitto passano in Grecia.
5. Preparasi il secolo d’ Alessandro da Filippo vittorioso, e dulia fortuna favorevole in tutto.
ITALIA.
EPOCA TERZA verso il 1400, 1. Il papa ritorna da Avignone, e Roma rivive. Cesare ripiglia forze in Italih. Visconti, Gonzaghi, Scaligeri ec. a lui si uniscono. La comune discordia lo rende più forte, combatte gli uni con gli altri. I papi in vano distolgono i suoi aderenti. Maneggi de’ veneziani, milanesi ec.
2. Molti tentano essere il Filippo d’Italia. Papi, Cesare, Napoli, Visconti,e Veneti, che conquistano gran paese in Lombardia, sinché destano la lega di Cambrai poco dopo ipo(5R£CSA* dopo. Or essi, or i papi sono gli AnflfionJ generali contro gli esteri, detti barbari. Ces* sano poco a poco gli scismi, e l’anarchia colla libertà per ¡stanchezza, ed amore dl novità, e di riposo (i).
g. ( 2 ) Dante e Citmbue, Boccaccio e Giotto, Petrarca sopra tutti. Scoperte di codici; invenzione della stampa; venuta de$ greci; Medici di Toscana, Veneziani, Sforzeschi, Gonzaghi, Estensi ec. Eugenio IV.
Nicolò V.,^e Paolo II. principali promotori.
4. Passan di Grecia in Italia le scienze coi libri, e i dotti, spargonsi per Europa. Viag* gj d’Italiani per tutto a scoprir opere antiche (3).
5. Tut(1) Il Filippo d’Italia esser potea Gio. Galeazzo Visconti, ma la morte gli tolse la co-.
rona d’Italia a lui destinata, e non ebbe Alessandro, che gli succedesse.
(2) Post punica bella quietus quiererc Ctepit. j Quid Sofoclei, & Tbespis, <iv Aeschilus utile ferrcnt,,, può dirsi d’allora. E’ vero, che Dante, Giotto, e Cimabue non furono sì eccellenti; ma la Grecia non meno avrà cominciato con qualche rozzezza, sinché venne il secolo d’oro.
(j) U concilio di Co$ia.iza, e il fiorentino dIIiCIi,ipt y. Tutto favorisce gl’ imperadori, e si dispone il secolo di Carlo V., che prevalse in Italia quasi come il suo Alessandro.
GRECIA, EPOCA QUARTA.
i. Secolo d’Alessandro Macedone. Dominò sulla Tracia, Macedonia, Illirio, Epiro, Vera Grecia, Peloponeso, Isole dell’Arcipelago, Grecia Asiatica, Asia minore, Fenicia, Siria, Egitto, Arabia, Persia ec.
2. Pace quasi generale preparata nel pre* tedente secolo. Grandi uomini in ogni genere; arti, scienze, linguaggio, coltura, lusso, delizie, teatro, e storici sommi (i).
Cornilo giovarono molto a raccoglier co’ nostri £ dotti stranieri, e a far passare in Italia per mezzo de’nunzj pontifici, de’segretari, de’ dotti d’ ogni maniera le letterarie ricchezze d’ogni nazione.
(i) Il succoso e pieno stile de’ greci storici vince d’ assai quel de’ latini, degli italiani, e di altri. E perchè ? Primo perchè quelli sspea\ I92GR.E£IAt 3. Commercio tra Je provincie soggette e pacifiche. Grecia centro di tutte. Indie coll’ Oriente tributario di lei.
4. Dopo la sua morte, divisioni, mollez.
za, decadenza, perfidie, tirannie; sino a the i romani chiamati da’greci stessi entrano in guerra, vincon Filippo II., e fan prigio, niero Perseo suo figlio, e lor provincia la Grecia.
ita,.
peano P intime cose del governo, e dello staio , entravano ne’consigli, nell? guerra, e__a tutto ponean la mano primi di porla alla penna. Secondo. Così eran"sicuri citila materia, la trattavano graveme!.:e e con autorità, pensavano con elevazione e grandezza su i giudici e su i fatti. Terzo. Dicean liberamente la verità, e il parer loro senza inciampi.
Quarto. Perchè la lor lingua dà molto all’eloquenza, Ja lor filosofia le aggiugne forza, la loro antichità peso, ed autorità. Non è che* trattassero affari più. randi che non quelli de* ■fiorentini, e degl’ italiani, che poteano in Europa far la figura degli ateniesi, e de’ greci. La lega di Cambra! non è grande argomento ? E Guicciardini ¡11 fatti-è un altro scrivendo di quella. Nardi, e Machiavello abbracciano più che le sole vicende deila patria, eppur son ra.ito inferiori a chi scrisse quelle «’Atene. Soa letterati non uomini di stato, ITALIA.
EPOCA QUARTA -verso jl 1500.
, ~\f osto dominio di Carlo V. in Italia, vinto Francesco I., abbassati i papi, e i veneziani cogli altri sovrani resi più dipendenti: re di Spagna, imperatore, signor di Germania in gran parte, come pur di Bor.
gogna, Fiandre, Olanda, Africa, e America dianzi scoperta.
2. I popoli soggiogati più tranquilli, tolti i tiranni minori, gustati gli studi, e gli antichi, tutto fiorisce. Miracoli d’architettura, scoltura, pittura, eloquenza, poesia ec.
Spettacoli, e pompe, e teatri a Roma, 4 Firenze, a Venezia ec. Accademie platoniche, poi aristoteliche, filosofi, oratori, storici ec. Lusso, manifatture, linguaggio italiano in Eurcpa.
3. Passa il commercio altrove, ma restano i tesori accumulati per esso. Questi attraggono il meglio dell’Indie, e dell’America a poi per alcun tempo.
Tomo IV. N 4. Poco 4. Poco a poco nuove divisioni, e vizj, e decadenza; onde perdesi la libertà quasi per tutto; si corrompono le arti e le lettere; P Italia diviene in gran parte provincia ( r).