< Della compilazione d'un codice
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Sezione VI Conclusione

SEZIONE VII.



DELLE CONDIZIONI NECESSARIE PER PROCEDERE ALLA CONFEZIONE D’UN CODICE.


Se un governo con una massa di leggi non scritte o di statuti incoerenti volesse formare un codice completo e regolare, qual metodo dovrebbe adottare per conseguir lo scopo nel modo il più sicuro?

11 sistema che si presenta il primo, considerando ciò che è stato praticato fin ora, si è d’affidar questo lavoro ad un legista, che goda la fiducia del sovrano, o ad una commissione poco numerosa di giuristi che si dividono la compilazione dell’opera e si riuniscono per discuterla. Nei governi rappresentativi o repubblicani l’assemblea legislativa forma coi suoi membri delle commissioni, riservandosi l’esame ed il giudizio finale della loro opera.

Niuno di questi sistemi Bentham approva. Diverso è il metodo da lui proposto:

1.° Una concorrenza aperta a tutti con certe condizioni: chiunque vorrà concorrere dovrà in un dato tempo presentare un prospetto generale del suo sistema, unirvi un titolo od un capitolo scritto e composto a guisa di legge per dar luogo a giudicare dell’abilità sua di scrittore, ed aggiungervi un commentario ragionato che ponga i suoi giudici in grado di conoscere i principj e la logica sua.

2.° Quel concorrente che avrà meglio adempite le indicate condizioni, sarà incoraggito a continuare il suo lavoro con obbligo di somministrargli tutte le notizie da lui domandate, senza però escludere gli altri concorrenti.

3.° Tutti questi saggi di concorsi saranno stampati a spese del pubblico.

4.° Sarebbe desiderabile che il corpo intiero del diritto non riconoscesse che un solo e medesimo autore; questa condizione non è però assoluta; è bastevole stabilire che ogni codice particolare (penale, civile, commerciale, militare, ec.) debba esser l’opera d’un solo.

5.° Niuna retribuzione per questo lavoro: ciò non ostante si useranno incoraggiamenti verso i concorrenti.

б.° Niuna esclusione di stranieri; ed anzi a parità di merito, per quanto può giudicarsene, uno straniero dovrà ottener preferenza.

Non obliamo la questione. Non trattasi di promulgare un codice; ma di sottoporre un progetto di codice ad una commissione di dotti o piuttosto ad un consiglio, ad una assemblea legislativa. Questo progetto di codice stampato, pubblicato, distribuito largamente, sarà sottoposto al giudizio della pubblica opinione, ed alla censura di tutti i concorrenti, che l’esamineranno con la severità propria d’emuli succumbenti. Solo dopo questa prova sarà sottoposto al giudizio finale del corpo legislativo, e riceverà la sovrana sanzione.

Ritorno alle diverse condizioni da me enunciate.

La prima consiste nel libero concorso. Non insisterò sopra un argomento usitatissimo in economia politica. Se ogni privilegio è pernicioso al perfezionamento d’una manifattura, come non lo sarà ancor più in un genere di lavoro che sorpassa in difficoltà tutte le altre composizioni letterarie? Qual probabilità che la scienza della legislazione sia posseduta dai deputati d’un’assemblea? Non è forse molto probabile al contrario, che le silenziose occupazioni, i difficili studj che fanno un profondo giureconsulto, abbian poco rapporto con quell’attività e con le relazioni sociali che aprono agl’individui la carriera politica? I deputati, dovendo ad uno ad uno giudicare i provvedimenti e le questioni legislative, non s’occupati molto di studiarne l’insieme; anzi, qualunque fosse il loro merito per giudicar d’una legge, sarebbero molto raramente in stato di prepararla e di combinarla con l’intiero sistema della legislazione. Il libero concorso è dunque infinitamente preferibile ad una scelta limitata ad un corpo qualunque ad un’assemblea, sebben si componesse del fior della nazione. Quegli che non ne fa parte, è forse il solo capace di questo difficil lavoro, e la sua superiorità è probabilmente l’effetto di quella vita solitaria e studiosa che lo rende estraneo alle brillanti società.

Si dirà forse che l’invito del governo rimarrà senza effetto, che nell’incertezza del successo niuno vorrà esporsi al concorso.

Ma con tale obiezione si dimentica che il desiderio di farsi conoscere è un incitamento fortissimo, che gloriosa è questa carriera aperta ad oscuri talenti, e che vi sono anime grandi insensibili ai piccoli successi, ma che si entusiastano al pensiero del pubblico bene e d’una gloria nazionale.

Inoltre non domandasi un’opera completa; ma un saggio, non sì difficile a comporsi per chi avrà consumati molt’anni nello studio delle leggi a meditare in silenzio sopra un sistema di legislazione.

Eleveranno alcuni altri un’obiezione a questa totalmente opposta. Vi sarà, diranno, una moltiplicità di progetti tale, che esigerà un immenso tempo per pubblicarli, per confrontarli; e l’assemblea od un comitato dell’assemblea sarà condannalo a perder degli anni in tal lavoro.

In questa seconda obiezione si dimentica che l’opera di cui si parla non è un’ode, un discorso accademico; che la confezione d’un codice è fra quelle che esigono l’occupazione intiera d’un uomo; che non havvi ricompensa pecuniaria; che fa d’uopo occuparsi per la gloria e per l’umanità; e che questo genere d’eroismo non è comunissimo. L’inutil dispendio di fatica e di tempo in tal esame è molto esagerato. Non devonsi giudicar dei codici, ma dei progetti e dei saggi; e quando l’opera del genio è sorta getta una luce che offusca tutte le altre, e che, per così dire, a prima giunta ne fa scuoprire ogni difetto.

Ricercando tutte le obiezioni, ne trovo anche una la quale non sfuggirà a coloro, che bramassero di conservare questo privilegio all’assemblea. Supponiamo, si dirà, che l’autore sia estraneo alla legislatura: non potrà sorgere a difesa della sua opera; sarà giudicato senz’essere inteso. Ma perchè ciò? Perchè non sarà chiamato a dar le necessarie spiegazioni? Perchè una commissione od un’assemblea non consentirà, che a lei si presenti un individuo che non le appartiene? Finalmente supposto che l’autore non possa prender parte alla discussione della sua opera, per mezzo del commentario ragionato, voluto come una delle condizioni necessarie, si ha più dell’autore stesso; i suoi scritti rispondono sopra ogni articolo all’obiezioni che posson esser fatte; e queste risposte silenziosamente meditate hanno maggior precisione delle risposte orali ed improvvise.

Ancora una parola su’ vantaggi del libero concorso. Da un lato tende a far palesi talenti non ben conosciuti, di quei talenti che sono il più raro come il più prezioso frutto dei severi e perseveranti studj; inoltre può svelare al governo gli uomini i più proprj alla legislatura, alle funzioni giudiciarie, alle cariche amministrative.

Da un altro lato l’esame di tutti questi progetti, il confronto di questi diversi piani condurrà ad una necessaria istruzion legislativa non solo quelli a ciò specialmente deputati, ma anche quella parte del pubblico a sufficienza istruita per tener dietro all’adempimento di tal incombenza. Di che s’occupa un’assemblea legislativa? Di questioni staccate, di particolari provvedimenti, di leggi di circostanze; ignorando che sia l’insieme, il sistema della legislazione, i rapporti di tutte le parti, i principj dominatori di tutta la sfera delle leggi. Il resultato di questo concorso sarà di formar delle menti più vaste, dei veri legislatori.

Seconda condizione. Niuna remunerazione pecuniaria.

Perchè una condizione si opposta all’ordinario andamento delle cose? Che v’è di particolare in questo genere d’occupazione da escludere una retribuzione o delle pensioni?

Costituendo un comitato di membri salariati, certamente il numero dei candidati da cui fare scelta è maggiore; ma ciò che s’acquista rispetto al numero, si perde quanto alla capacità. Quando trattasi d’impieghi lucrativi, tutti coloro che hanno qualche speranza d’ottenerli, ricorrono alle amicizie, alle protezioni; il favor vi si mescola, e che che se ne pensi, le migliori speranze non saranno per i più abili, ma pe’ meglio raccomandati. Il savio, vissuto immerso negli studi, sarà qui inferiore al saputello che avrà passati i suoi giorni in mezzo alla società; vi saranno brighe, interessi, motivi totalmente estranei al merito ed alla capacità degl’individui. I dispensatori degl’impieghi avranno meno riguardo al bene generale che al desiderio di collocare i loro aderenti; e la prima delle raccomandazioni sarà d’esser più devoto all’autorità che dispone degli onori e del guadagno, che alla nazione che non comparte titoli nè pensioni.

Ma proseguiamo, e vediamo per l’opera le conseguenze di tal remunerazione. Ogni ricompensa pecuniaria trarrà seco precipitazione o dilazione, anzi indefinita dilazione. La munificenza sovrana non è mancata in Russia, e che ha ella recato? Molti legislatori salariati, e poche o punte opere di legislazione.

Ma, si dirà, niuna rimunerazione pecuniaria avanti la confezion dell’opera. Se quest’è un mezzo d’ottenere un prodotto di manifattura; qui è da tenersi che non si compia l’assunto col desiderio piuttosto di conseguir lo statuito premio, che di meritarlo. Un motivo diverso dalla ambizione di ben fare animerà l’attività dei collaboratori, e li renderà meno severi nell’esame dei loro respettivi lavori. Se l’incaricato n’è un solo, sarà più indulgente verso se stesso, e d’altra parte come rifiutare la pattuita ricompensa qualunque fosse l’opera che avesse composta. Sarebbe una manifesta ingiustizia; non avendo altro assunto, che di far quel meglio che avesse saputo, come giudicar che non ha fatto ciò che era in poter suo d’eseguire.

Se la remunerazione pecuniaria è accordata come annua pensione, ben poco bisognerebbe conoscer l’umana natura per non scorgere che in questo caso, ancor più chiaramente che nel primo, la ricompensa nuoce all’incarico; che lentamente si procederà in tal incombenza; che sovente si fingerà d’occuparsi; che l’indolenza non ha freno, perchè non ha giudice; e che in una commissione poi basta un sol uomo incapace o nemico d’occuparsi per ritardar tutti gli altri. L’ostacolo non è si grande, se un giureconsulto solo è incaricato dell’opera; egli è responsabile almeno per onore: non ostante, abbandonato a se stesso, è esposto all’azione pure insensibile di tutti i motivi seduttori. Poi la sola difficoltà dell’opera offre una scusa plausibile per giustificare ogni rimprovero, ogni dilazione.

Terza condizione. Che l’opera sia scritta da un solo.

Il metodo comunemente adottato per compilare un codice, anche nelle assemblee legislative, è, come ho detto, di nominare delle commissioni più o meno numerose, che si dividono le incombenze nel caso in cui le operazioni sono un poco complicate, o che scelgono uno dei loro membri per tracciar l’idea del progetto.

Queste metodo è difettoso.

In primo luogo moltiplicando gli autori, fosser anche due soli, la responsabilità diminuisce; riman dubbio se v’è biasimo chi lo meriti. Se i compilatori sono diversi, la più amara e meritata critica meno aggrava ciascuno, o piuttosto non aggrava precisamente alcun d’essi; rimane incerta; il rimprovero va da uno all’altro, e non ferisce alcuno.

La pubblica opinione si divide in due lati; l’uno aristocratico, l’altro democratico: il primo decide sul merito dell’opera dalla sua uniformità all’interesse delle classi o delle caste privilegiate; il secondo ne giudica riguardando l’interesse dei molti. Ma a quale di queste divisioni apparterranno i compilatori del codice? Alla prima probabilmente; e quanto il lor numero sarà maggiore, tanto è più probabile che un’opinione si pronunzi favorevole al partito aristocratico.

Lasciamo questa responsabilità che s’indebolisce in proporzione del numero. Convien por mente ad un altro effetto della moltiplicità dei collaboratori; cioè, la diminuzione d’onore e di benevolenza pubblica compagna a questo gran lavoro. Si suppongano cinque soli associati, quegli che avrà portato a termine l’opera non riscuoterà che una quinta parte di merito. Ora può forse sperarsi da lui lo stesso impegno come se fosse solo? Quindi o riposi sopra i suoi colleghi, o s’occupi con essi, l’esercizio delle sue facoltà viene infiacchito. Un associato debole o timido che non possa elevarsi fino a lui, serve per obbligarlo ad abbassarsi. Serve un uomo gretto ed ostinato per ottener delle concessioni, dei sacrifizj col disgusto e con la stanchezza che rinnuova ad ogni discussione. In fine ognun d’essi può amare il pubblico bene, ma ognun d’essi avrà certi interessi particolari su cui per vicendevoli condiscendenze, piuttosto tacite che espresse, si faranno delle transazioni a danno del generale interesse. Per tutte queste cause l’opere di numerose commissioni, come i fatti dimostrano, sono si raramente riuscite.

La mancanza d’unità nell’opera è un altro inconveniente della pluralità dei collaboratori. Vi sarà incoerenza sì fra i diversi codici, come nei provvedimenti adottati per la loro esecuzione. Se quegli che s’occupa del codice penale non ha parte alcuna alla compilazione del codice civile, come può sperarsi di trovare una perfetta armonia fra i delitti ed i diritti? I due codici sono intimamente connessi. Colui che crede poterli separare non ha ben inteso nè l’uno nè l’altro. Il codice adjettivo, questo codice riguardante la procedura, il quale a null’altro tende che a stabilir il modo d’eseguire le leggi penali e le civili, suppone pure una perfetta cognizione dei due codici sostantivi. Prescrivendo ad un giureconsulto di fare un codice di procedura per attivar leggi che non conoscesse, sarebbe gettarlo fra vaghe congetture, fargli costruire una macchina senza indicargli con precisione i pesi che dovesse sollevare, nè il suo uso.


Ragioni onde affidare preferibilmente quest’incarico ad uno straniero


A condizioni eguali uno straniero dovrebbe esser preferito ad un nazionale nella compilazione d’un codice.

Questa proposizione ha del paradossale. Sembra che manchino ad uno straniero, eccettuo particolari casi, alcune qualità le più necessarie per questa grand’opera, — La cognizione dei costumi, dei pregiudizj, del carattere, delle disposizioni nazionali; è da temersi che la sua opera, qualunque ne sia la bontà, considerata in astratto, non convenga alla nazione cui è destinata.

Tre osservazioni rispondono a questa obiezione.

1.° Non trattasi d’un legislatore che scriver debba una costituzione politica. Questa classe di leggi è d’un ordine più elevato. Coloro che sono investiti dei poteri politici, respingono l’idea d’ogni innovazione; sì fatti cambiamenti si eseguiscono in tempi di crisi, con mezzi violenti, o per lo meno col terrore. Nella compilazione dei codici si eviterà dunque ciò che direttamente concerne la forma del governo e la distribuzione dei poteri costituzionali.

2.° Non trattasi neppur di compilare una legislazione che non abbia alcun rapporto con quella, che governa la nazione a cui deve darsi un codice. Abbiamo veduto che l’oggetto principale è di ridurre a legge scritta la giurisprudenza del foro, o di dare un ordine sistematico a statuti incoerenti, e che in proporzione del numero e delle contradizioni loro rendono il popolo schiavo dei legali. Trattasi di generalizzare, di semplicizzare, di ordinare, di conservar tutto ciò che riscuote già l’approvazione generale, e non di compor leggi del tutto nuove e non più udite.

3.° La forza di questa obiezione è molto esagerata. I principj di legislazione hanno un’applicazione estesissima, generalissima: le circostanze che devono modificarli secondo i tempi ed i luoghi, il carattere e le abitudini dei popoli, non sono nè mollo numerose nè difficili a scorgersi. Questo lavoro è stato fatto1. Sono state ridotte alla semplicità d’un catalogo tutte le differenze che potevan nascere nei delitti e nelle pene dalle diversità di clima, di religione, di governo, di caste. S’è supposto che un codice penale scritto per l’Europa dovesse esser promulgato all’Indie, e si sono seguite ad una ad una tutte le modificazioni che dovrebbe subire per adattarsi alle circostanze particolari d’una nazione sì differente dalle nostre.

Ma quest’inferiorità, riguardata dal lato delle cognizioni locali, presenta veramente un’obiezione sì grande? Se si trattasse di ricever perentoriamente un codice scritto da uno straniero, ognuno intende qual timore e qual diffidenza potrebbe destar quest’atto di soggezione. Ma un progetto da esaminarsi, un progetto da ammettersi dopo una matura deliberazione, se ha per autore un estraneo, per questa stessa circostanza subirà una più severa critica, e non potrà eludere la vigile censura delle nazionali gelosie.

Ecco risposto all’obiezione che da se stessa si presenta. Esaminiamo ora, se valide ragioni inducono a preferire uno straniero ad un compilator nazionale, quando si potesse contar sulle sue cognizioni.

Trattasi d’attitudine. Esaminiamo gli elementi di cui l’attitudine si compone, e giungeremo alla soluzione del nostro problema.

1.° Attitudine morale, cioè esenzione da interessi locali, da politiche parzialità, da vincoli personali, da pregiudizj di nascita e di stato, da tutte quelle segrete disposizioni che posson far predominare pubblici interessi.

Per queste considerazioni è evidente che uno straniero occupa una posizione più elevata del cittadino. Non parteggia per verun corpo nè per setta veruna, è estraneo agl’interessi dei giuristi ed a quelli del clero, nè è influenzato dal desiderio di far primeggiare tale o tal altra classe dello stato. Non può sperar successo che conciliandosi il plauso generale con favorir l’interesse generale, e supponendo che avesse dei pregiudizi derivanti dalle abitudini nazionali, non avrebbe influenza estranea per sostenerli, non credito, non parentela, non aderenze, non rapporti sociali: solo contro tutti i suoi errori sarebbero innocui.

2.° Attitudine intellettuale. — Non v’è su tal punto presunzion generale favorevole allo straniero; ma poichè le parzialità sono l’origine delle maggiori aberrazioni dell’intelletto, un estraneo ha in questo un vantaggio marcato sui nazionali.

Non bisogna perciò concludere che debba chiamarsi a quest’officio uno straniero ed escludere i nazionali; s’è voluto sol dimostrare che gli stranieri non devono esser esclusi, e che in caso d’un merito celebre vi sarebbero motivi ragionevoli per accordar loro la preferenza.



  1. Ved. Trattati di legislazione, veduta generale d’un codice completo, delle circostanze di tempo e di luogo, ec.
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