< Della congiura di Catilina
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Gaio Sallustio Crispo - Della congiura di Catilina (I secolo a.C.)
Traduzione dal latino di Vittorio Alfieri (1798)
Capitolo LV.
LIV LVI

Assentito ch’ebbe, come dissi, il Senato a Catone, il Console giudicò necessario di antivenire nella prossima notte ogni novità, col supplizio de’ rei. Fatta perciò apprestare l’esecuzione dai capitali Triumviri, e disposte le forze, conduce egli stesso Lentulo in carcere, e vi fa gli altri condur dai Pretori. Havvi, nel carcere chiamato Tulliano, un luogo circa dodici piedi sotterra profondo: in esso, per un lieve pendio, da mano manca all’entrata si scende. Le pareti dattorno, e la volta di quadrate squallide pietre, terribile ne fanno l’aspetto e bujo e fetente. Lentulo, là entro calato, dai già preposti carnefici strozzato era tosto. Così quel patrizio della nobile stirpe Cornelia, stato Console in Roma, fine de’ suoi costumi e misfatti ben degno trovava. Cetego, Statilio, Gabinio, e Cepario, ebbero lo stesso supplizio.

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