< Della congiura di Catilina
Questo testo è stato riletto e controllato.
Gaio Sallustio Crispo - Della congiura di Catilina (I secolo a.C.)
Traduzione dal latino di Vittorio Alfieri (1798)
XXI
XX XXII

Udito che l’ebber coloro, cui, d’ogni sciagura forniti, nè bene rimanea nè onesta speranza; benchè ad essi l’intorbidar l’altrui pace guadagno sommo paresse; molti pure vollero chiarire a quai patti s’avrebbe a far guerra, quai ne sarebbero i premj, donde le speranze e gli ajuti. Catilina allora promettea: di annullare ogni debito; di proscrivere i ricchi; ed inoltre, magistrature, sacerdozj, rapine, e quant’altre cose la guerra e l’insolenza dei vincitori dietro si trae. Aggiungeva; essere a parte dell’impresa, Pisone in Ispagna, Sizio Nucerino nella Mauritania, ambi coi loro eserciti; Cajo Antonio necessitosissimo uomo ed intimo suo, chiedere il Consolato, e sperarselo egli collega: ove il fosse, sarebbero essi i primi all’oprare. Scagliando inoltre invettive assai contro i buoni, ad uno ad uno i suoi encomiava: a questo la propria povertà esponeva; a quello la di lui cupidigia; i pericoli e l’ignominia ad alcuni; le vittorie di Silla e il bottino a molti altri. Vedendoli poi tutti animosi, esortatili ad avere queste sue parole a petto, l’adunanza disciolse.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.