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Traduzione dal greco di Luigi Settembrini (1862)
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1.
Prometeo e Giove.
Prometeo. Scioglimi, o Giove, che già ho patito assai.
Giove. Scioglierti? Tu avresti meritato catene più pesanti, e tutto il Caucaso sovra il capo, e sedici avoltoi non pure a roderti il fegato ma a scavarti gli occhi, perchè ci formasti quei begli animali che son gli uomini, e rubasti il fuoco, e facesti le donne. E dell’inganno fatto a me nello spartir delle carni, mettendomi innanzi alcune ossa coverte di grasso, e serbando il migliore boccone per te, che debbo dire?
Prometeo. E non basta ancora la pena che ho sofferta, da tanto tempo inchiodato sul Caucaso, nutrire del mio fegato la crudele aquila divoratrice?
Giove. Cotesto è niente verso di quello che tu devi patire.
Prometeo. Se mi scioglierai, io ti darò una ricompensa, o Giove; ti avviserò di cosa molto importante.
Giove. M’inganni tu, o Prometeo?
Prometeo. Ed a che pro? Tu ora conosci dove è il Caucaso, e non hai bisogno di catene se trovi che t’ho ordita qualche astuzia.
Giove. Dimmi prima la cosa importante che mi sarà di ricompensa.
Prometeo. Se ti dico dove vai ora, mi darai fede nelle altre cose ch’io ti profeterò?
Giove. E perchè no?
Prometeo. Vai da Teti, per giacerti con lei.
Giove. Sì, l’hai detto. Ma che sarà dipoi? perchè parmi che tu dica qualcosa di vero.
Prometeo. Non mescolarti affatto con la Nereide, o Giove. Chè se ella concepirà di te, il figliuolo che nascerà farà a te quel tu facesti a Saturno.
Giove. Vuoi dire, che mi torrà la signoria?
Prometeo. Non sia mai; o Giove. Ma se ti mescoli con lei, questo pericolo ti minaccia.
Giove. Dunque Teti si stia pe’ fatti suoi. Per questo che mi hai detto, Vulcano ti sciolga.