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Luciano di Samosata - Dialoghi dei morti (Antichità)
Traduzione dal greco di Luigi Settembrini (1862)
15. Achille ed Antiloco
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15.

Achille ed Antiloco.


Antiloco. Che hai detto testò ad Ulisse intorno alla morte, o Achille; che parole ignobili ed indegne dell’uno e l’altro tuo maestro, Chirone e Fenice! T’ho udito quando dicevi voler piuttosto esser lavoratore e garzone di poveri contadini, al quale Non basti il cibo a sostentar la vita, che esser re di tutti i morti. Questa vigliaccheria forse stava bene a dirla un Frigio timido e troppo amante della vita; ma il figliuol di Peleo, il più coraggioso degli eroi, pensare sì bassamente di sè, è una vergogna, è un contraddire a quello che tu hai operato nella vita; tu che potendo regnar inglorioso per lungo tempo nella Ftiotide, volesti meglio la morte con bella gloria.

Achille. O figliuolo di Nestore, io allora ignoravo come stesser le cose quaggiù, e non sapendo il meglio, scelsi la misera glorietta della vita: ma ora capisco come essa è inutile, e che quanto se ne dice da quei di lassù, son canzoni. I morti son tutti pari: quella bellezza, quella forza non c’è più, o Antiloco: tutti siamo nello stesso buio, tutti simili, e l’uno in nulla differente dall’altro: nè le ombre de’ Troiani mi temono, nè quelle degli Achei mi onorano; ma perfetta eguaglianza, tutti morti d’una fatta e i malvagi ed i buoni. Ciò mi pesa, e duolmi di non vivere, anche facendo il garzone.

Antiloco. E che ci vuoi fare, o Achille? La natura ordinò per tutti il morire: bisogna obbedirne le leggi, e non addolorarsi de’ suoi destinati. E poi vedi quanti tuoi amici siamo qui presso di te: tra breve ci verrà anche Ulisse per sempre. È gran conforto la comunanza della sventura. Vedi Ercole, Meleagro, e tanti altri mirabili uomini, i quali credo che non vorrebbero tornare in vita a patto che uno li facesse garzoni di poveri campagnuoli che non han da mangiare.

Achille. Tu, come amico, vuoi consolarmi; ma io, non so come, mi addoloro quando mi ricordo della vita: e credo che così anche voi: e se dite di no, voi state peggio di me, perchè lo stesso patite, e nol dite.

Antiloco. No, stiamo meglio, o Achille: perchè vediamo che il parlarne non giova. Abbiamo imparato tacere, sopportare, patire, affinchè non si rida anche di noi, come di te, per siffatti desiderii.


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