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AUREA QUISTIONE ED UTILISSIMA
PUBBLICATA DALL' ECCELLENTISSIMO POETA FIORENTINO DANTE ALLIGHIERI
INTORNO ALLA NATURA DE' DUE ELEMENTI ACQUA E TERRA1
A tutti ed a ciascuno in particolare, che questo scritto vedranno, Dante Allighieri, il minimo fra’ veri filosofi, augura salute in Colui, ch’è principio e lume della verità.
§. I. Sia manifesto a voi tutti, come, essendo io in Mantova, insorse una certa quistione, la quale amplificata assai volte, rimanevasi più in apparenza, che realmente indeterminata. Laonde, comechè io fossi fin dalla fanciullezza continuamente nutrito nello studio della verità, non soffersi di lasciare indiscussa la prefata quistione; ma piacquemi dimostrare il vero intorno ad essa, e gli argomenti addotti in contrario risolvere, sì per amore della verità, come per avversione alla falsità. Ed affinchè il livore di molti, i quali sogliono fabbricar menzogne a danno degli assenti degni d’invidia, non abbia a trasmutare le cose dette bene, ho voluto inoltre sopra questo foglio scritto di mio pugno lasciar ciò che da me fu determinato, ed accennare colla penna la forma di tutta la disputa.
Quistione.
§. II. Versò dunque la quistione intorno al sito e alla figura, ossia forma de’ due elementi, dell’Acqua cioè e della Terra. E chiamo io qui forma, quella che il Filosofo 2 pone nella quarta specie della qualità ne’ Predicamenti: e fu la quistione ristretta a questo, come a principio d’investigare la verità, cioè di ricercare se l’acqua nella sua sfericità, vale a dire nella propria naturale circonferenza, fosse in qualche parte più alta della terra, la quale emerge dalle acque, ed è comunemente chiamata quarta abitabile; ed argomentavasi affermativamente per molte ragioni, delle quali, tralasciate alcune per la loro leggerezza, cinque ritenni, che aver sembravano qualche efficacia.
Prima ragione.
§. III. Fu questa la prima: Due circonferenze l’una dall’altra inegualmente distanti è impossibile che abbiano un centro comune; la circonferenza dell’acqua e quella della terra distano inegualmente; dunque ecc. Indi procedevasi: Essendo il centro della terra centro dell’universo, siccome da tutti si conferma; e tutto ciò che ha nel mondo una posizione diversa da quello, è piu alto; concludevasi, che la circonferenza dell’acqua fosse più alta della circonferenza della terra, avvegnachè la circonferenza segue d’ogn’intorno lo stesso centro. La maggiore del principale sillogismo appariva manifesta per le dimostrazioni, che porge la geometria; la minore pel senso, in quanta che vediamo in qualche parte la circonferenza della terra essere inchiusa nella circonferenza dell’acqua, in alcuna parte poi esserne esclusa.
Seconda Ragione.
§. IV. A più nobile corpo è dovuto più nobile luogo: l’acqua è corpo più nobile della terra; dunque devesi all’acqua luogo più nobile. Ed essendo tanto più nobile il luogo, quanto è superiore pel suo approssimarsi di più al nobilissimo de’ continenti, ch’è il primo cielo; dunque ecc. Tralascio, che il luogo dell’acqua sia più alto di quello della terra, e in conseguenza che l’acqua sia più alta della terra, non essendo differente il sito del luogo da quello della cosa locata. La maggiore e la minore del principal sillogismo di questo ragionamento quasi manifestamente si escludevano.
Terza Ragione.
§. V. Consisteva la terza ragione in ciò: Ogni opinione che contraddice al senso, è cattiva opinione; il pensare che l’acqua non sia più alta della terra, è un contraddire al senso; dunque è cattiva opinione. La prima dicevasi essere manifesta pel Comentatore sopra il III dell’Anima; la seconda, ossia la minore, per la esperienza de’ naviganti, i quali scorgono, stando nel mare, i monti più bassi di lui, dicendo che nel salire sull’ albero li veggono, ma non altrimenti dalla nave; lo che sembra accadere, per esser la terra molto inferiore e più bassa del dorso del mare.
Quarta Ragione.
§. VI. Così si argomentava in quarto luogo: Se la terra non fosse inferiore all’acqua stessa, la terra sarebbe totalmente senza acqua, almeno nella parte scoperta di cui trattasi: e così non vi sarebbero nè fonti, nè fiumi, nè laghi; di che veggiamo l’opposto. Quindi l’opposto, che ne seguiva, è il vero; cioè che l’acqua sia più alta della terra. La consequenza si prova per questo, che l’acqua naturalmente viene portata allo ingiù: ed essendo il mare principio di tutte le acque (siccome è dichiarato dal Filosofo nelle sue Meteore), se il mare non fosse più alto della terra, non sarebbe l’acqua mossa verso la terra stessa, come appunto avviene; avvegnachè in ogni natural movimento fa d’uopo, il principio dell’acqua essere più alto.
Quinta Ragione.
§. VII. Parimenti disputavasi in quinto luogo: L’acqua sembra seguire principalmente il moto della Luna, siccome appare nel flusso e riflusso del mare; quindi essendo eccentrico l’orbe lunare, sembra ragionevole che l’acqua nella sua sfera imiti l’eccentricità di quello, e per conseguenza sia eccentrica: e siccome questo non può essere, se non è più alta della terra, come fu dimostrato nella prima ragione; così ne consegue quello stesso, che superiormente fu detto.
§. VIII. Con queste ragioni adunque, e con altre da non curarsi, si sforzano di provare esser vera la loro opinione quelli che sostengono, che l’acqua sia più alta di questa terra scoperta ed abitabile, comechè a ciò contrarii siano il senso e la ragione. Imperocchè, quanto al senso, vediamo i fiumi discendere per tutta la terra al mare tanto meridionale che settentrionale, tanto orientale che occidentale; lo che non avverrebbe, se i principii dei fiumi e gli alvei loro non fossero più alti della stessa superficie del mare. Quanto alla ragione, si vedrà in seguito manifesto; e ciò sarà dimostrato con molte prove, nell’esporre o determinare il sito e la forma de’ due elementi, siccome accennavasi superiormente.
Ordine della Quistione.
§. IX. Questo sarà l’ordine. Primamente si dimostrerà impossibile, che l’acqua in alcuna parte della sua circonferenza sia più alta di questa terra emergente e scoperta. Secondamente sarà dimostrato, che questa terra emergente è dovunque più alta della totale superficie del mare. Terzo s’insisterà contra le fatte dimostrazioni, e verrà sciolto il dubbio. Quarto dimostrerassi la causa finale ed efficiente di codesta elevazione, od emergenza della terra. Quinto, si scioglieranno gli argomenti superiormente allegati.
Determinazione in due modi.
§. X. Dico adunque in primo luogo: Se l’acqua, considerata nella sua circonferenza, fosse in qualche parte più alta della terra, ciò sarebbe di necessità nell’uno o nell’altro di questi due modi; o perche l’acqua fosse eccentrica, come affermavano la prima e la quinta ragione; o perchè, essendo eccentrica, fosse gibbosa in qualche parte, e perciò sovrastasse alla terra: nè altrimenti esser potrebbe, siccome è ben noto a chi sottilmente ossenva. Ma nè l’uno nè l’altro di codesti modi è possibile; e quindi nè quello da cui o per cui l’altro conseguiva. La conscguenza, come dicesi, è manifesta rispetto al luogo per la sufficiente divisione della causa; l’impossibilità del conseguente apparirà per quelle cose che si dimostreranno.
Prima e seconda supposizione.
§. XI. Ad evidenza dunque delle cose da dirsi, due sono le supposizioni da farsi: la prima si è, che l’acqua naturalmente si muove allo ingiù; la seconda, che l’acqua è un corpo labile naturalmente, e non terminabile per termine suo proprio. E se alcuno negasse questi due principii, o l’uno di essi, la determinazione non sarebbe per lui, poichè contra uno che nega i principii di qualche scienza, non deesi disputare in quella scienza, come desumesi dal I della Fisica; imperocchè sono questi principii ritrovati dal senso e dalla induzione, cui spetta ritrovar tali cose, com’è manifesto dal I a Nicomaco.
Distruzione del primo membro.
§. XII. A distruggere adunque il primo membro conseguente dico, che è impossibile ester l’acqua eccentrica; il che dimostro così: Se l’acqua fosse eccentrica, tre effetti impossibili ne seguirebbero; de’ quali il primo è, che l’acqua sarebbe naturalmente mobile all’insù ed all’ingiù; il secondo, che l’acqua non muoverebbesi all’ingiù per la medesima linea colla terra; il terzo, che si asserirebbe equivocamente la gravità di questi corpi: le quali cose tutte non solo veggonsi essere false, ma eziandio impossibili. La conseguenza dimostrasi a questo modo: Sia il cielo la circonferenza, nella quale sono poste tre croci; l’acqua ove due; la terra ove una; e sia il centro del cielo e della terra nel punto A; il centro poi dell’acqua eccentrica nel punto B, siccome apparisce nella figura qui di contro segnata.
Dico adunque, che se l’acqua sarà in A, ed abbia un passaggio, è naturale che si muoverà in B; giacchè ogni parte grave naturalmente muovesi verso il centro della propria circonferenza: ed il muoversi da A a B essendo un muoversi all’insù; ed essendo A semplicemente allo ingiù, rispetto a tutte le cose; l’acqua si muoverà naturalmente all’insù: lo che era il primo impossibile, che dicevasi seguire. Inoltre sia una gleba della terra in Z, ed ivi sia una quantità d’acqua, nè siavi ostacolo: muovendosi dunque, come si è detto, ogni corpo grave verso il centro della propria circonferenza, la terra si muoverà per linea retta ad A, e l’acqua per linea retta a B; ma bisognerà che ciò avvenga per linee diverse, come vedesi nella sovrindicata figura; lo che non solo è impossibile, ma si farebbe a riderne lo stesso Aristotele, se ciò udisse: e questo era il secondo che doveasi dichiarare. Il terzo poi dichiaro a questo modo: Gravità e leggerezza sono passioni de’ corpi semplici, che vonsi con moto retto; e i corpi leggieri muovonsi all’insù, ed i gravi allo ingiù. Imperocchè per grave e leggiero intendo ciò ch’è mobile, secondo che dice il Filosofo nel Cielo e nel Mondo. Se dunque l’acqua si muovesse verso B, e la terra verso A; essendo ambidue corpi gravi, si muoveranno in diverso modo allo ingiù; di che non può essere una sola ragione, essendo uno semplicemente allo ingiù, l’altro invece secondo la qualità. E la diversità nella ragione de’ fini mostrando la diversità in quelli, che sono per se stessi; è manifesto, che sarà nell’acqua e nella terra una diversa ragione di fluidità: e la diversità di ragione facendo equivoco colla identità del nome, come apprendesi dal Filosofo ne’ suoi Antipredicamenti; ne consegue che equivocamente si pronuncia la gravità dell’acqua e della terra: e ciò era il terzo membro della conseguenza, che doveva dichiararsi. Così adunque è manifesto per vera dimostrazione del genere di quelle, colla quale ha dimostrato non esser ciò, vale a dire che l’acqua non è eccentrica: il che formava il primo della successiva principal conseguenza, che dovevasi distruggere.
Distruzione del secondo membro.
§. XIII. A distruzione del secondo membro della successiva principale conseguenza dico, essere pure impossibile che l’acqua sia gibbosa; lo che dimostro così: Sia il cielo dove sono quattro croci, l’acqua dove tre, la terra dove due; ed il centro della terra e dell’acqua concentrica e del cielo sia D. E ritengasi, che l’acqua non può esser concentrica colla terra, se non sia la terra gibbosa in qualche parte sopra la centrale circonferenza, come sa chi è istruito nelle matematiche. Se in alcuna parte s’innalza la circonferenza dell’acqua, e per ciò la sua gibbosità sia nel centro dove è H, quella poi della terra dov’è G; indi si tiri una linea da D ad H, ed un’altra da D ad F; egli è chiaro che la linea da D ad H è più lunga di quella da D ad F; e per questo la sua sommità è più alta della sommità dell’altra: e toccando ciascuna nella sua sommità la superficie dell’acqua, nè oltrepassandola, è chiaro che l’acqua della gibbosità sarà allo insù per rispetto alla superficie dov’è F.
Non essendo quivi adunque ostacolo (se sono vere le prime suppusizioni), l’acqua della gibbosità scorrerà in giù, finchè sarà equiparata al punto D con circonferenza centrale o regolare: e così sarà impossibile che permanga la gibbosità, o vi sia; il che doveva dimostrarsi. Ed oltre a questa principalissima dimostrazione, si può anche per probabilità dimostrare, che l’acqua non abbia gibbosità fuori della regolare circonferenza; perchè ciò che può farsi per un mezzo, meglio è che si faccia per uno, che per più: ma tutto all’opposto può farsi per la sola gibbosità della terra, siccome fra poco sarà dimostrato; adunque non v’ha gibbosità nell’acqua; dacchè Dio e la natura fanno sempre, e vogliono ciò ch’è meglio, siccome appare dal Filosofo dove tratta del Cielo e del Mondo, e nel II della Generazione degli Animali. Quindi risulta chiaro sufficientemente intorno al primo; cioè, essere impossibile che l’acqua sia più alta in alcuna parte della sua circonferenza, vale a dire più lontana dal centro del mondo, di quello che lo sia la superficie di questa terra abitabile: lo che secondo l’ordine era da dirsi primamente.
Conchiude, l'acqua essere concentrica.
§. XIV. Se adunque è impossibile che l’acqua sia eccentrica, come venne dimostrato per la prima figura; e che abbia qualche gibbosità, come per la seconda si è pur dimostrato: ne viene di necessità, che sia concentrica ed equiparata, vale a dire ugualmente in ogni parte della sua circonferenza distante dal centro del mondo; com’è chiaro da sè.
Argomenta al contrario; ed in prima:
§. XV. Ora così ragiono: Tutto ciò che sovrasta ad alcuna parte della circonferenza egualmente distante dal centro, è più lontana dallo stesso centro, di quello che lo sia qualche parte della stessa circonferenza: ma tutti i lidi tanto della stessa Anfitrite, quanto dei mari mediterranei sovrastanno alla superficie del contiguo mare, come scorgesi coll’occhio; dunque tutti i lidi sono più remoti dal centro del mondo, essendo il centro del monde anche centro del mare (come si è veduto), e le superficie littorali essendo parti di tutta la superficie del mare. E come ogni cosa più remota dal centro del mondo è anche più alta, ne consegue che i lidi tutti siano sovrastanti a tutto il mare; e se i lidi, molto più le altre regioni della terra, quelli essendo parti inferiori di questa; lo che dimostrano i fiumi discendenti ai lidi. La maggiore poi di questa dimostrazione viene provata nei Teoremi geometrici; e la dimostrazione è ostensiva, benchè abbia la sua forza, come nelle cose che si sono dimostrate superiormente per impossibili. E così è chiaro del secondo.
Argomenta sulle cose determinate.
§. XVI. Ma contra le cose, che si sono determinate, si argumenta in questa guisa: Un corpo gravissimo tende equabilmente da tutte le sue parti e principalmente al centro; la terra è corpo gravissimo; dunque essa tende equabilmente da tutte le sue parti e principalmente al centro. Da questa conchiusione consegue, come dichiarerà, che la terra in ogni parte della sua circonferenza dista equabilmente dal centro, per ciò che dicesi equabilmente; e che sottostà a tutti i corpi, per ciò che dicesi principalmente: dal che seguirebbe (se l’acqua fosse concentrica, come si dice), che la terra sarebbe dovunque circonfusa e nascosta; di che vediamo il contrario. Che dalla conchiusione seguano le predette cose, così lo dichiaro: Poniamo per contrario, od opposto di quel conseguente, che è il distare equabilmente in ogni parte, e diciamo che non disti; e poniamo che da una parte la superficie della terra disti per venti stadii, dall’altra per dieci; e così un emisfero di essa sarà di maggior quantità dell’altro: nè importa se poco o molto diversifichino nella distanza, purchè diversifichino. Comechè adunque della maggior quantità di terra sia maggiore la virtù del peso, l’emisfero maggiore per la virtù prevalente del suo peso spingerà l’emisfero minore, fino a che sia equiparata la quantità di ambedue, per la cui equiparazione si equiparerà il peso; e così dovunque ridurrassi alla distanza di quindici stadii: siccome anche vediamo nella sospensione e nell’equilibrio dei pesi nelle bilance. Dal che risulta, essere impossibile che la terra equabilmente tendente al centro, disti diversamente o inequabilmente nella sua circonferenza da quello. Necessario è dunque, che il suo opposto disti inequabilmente; il che vale equabilmente distare, quando disti: e così è dichiarata la conseguenza dalla parte di ciò, che è equabilmente distare. Che ancora segua, essa sottostare a tutti i corpi (lo che anche dalla conchiusione dicevasi seguire), così dichiaro: La principale virtù tocca principalmente il fine; giacchè per questo è principale, perchè prestissimamente e facilissimamente può conseguire il fine: principale virtù di gravità è quella, che ha un corpo principalmente tendente al centro, come appunto è la terra; adunque essa principalmente conseguisce il fine della gravità, ch’è il centro del mondo; adunque sottostarà a tutti i corpi, se principalmente tende al centro: e ciò dovevasi dichiarare in secondo luogo. Per ciò dunque apparisce, essere impossibile che l’acqua sia concentrica alla terra; lo che sta contro alle cose determinate.
Si scioglie la ragione precedente per instanza.
§. XVII. Questa ragione però non sembra dimostrare, perchè la proposizione della maggiore principale similmente non sembra essere necessaria. Imperocchè dicevasi, che un corpo gravissimo tende equabilmente da ogni parte e principalmente al centro; il che pare non essere necessario; poichè sebbene la terra sia corpo gravissimo paragonato ad altri corpi; paragonato tuttavia in sè, e nelle sue parti, può essere gravissimo e non gravissimo; mentre potrebbe una delle sue parti esser più grave dell’altra. Avvegnachè l’adequazione del corpo grave non facendosi per quantità, in quanto quantità, ma per peso; potrà esser ivi adequazione di peso, dove non siavi adequazione di quantità: e così quella dimostrazione è apparente, e non reale.
Sciogliesi l'instanza.
§. XVIII. Ma tale instanza è nulla, comechè procedente dall’ignorare la natura degli omogenei e dei semplici: poichè omogenei o semplici sonó i corpi; omogenei, come l’oro depurato; e semplici, come il fuoco e la terra, che regolarmente nelle lor parti si qualificano per ogni naturale passione. Laonde essendo la terra un corpo semplice regularmente nelle sue parti, si qualifica naturalmente e per sè, a così dire: per lo che essendo naturalmente la gravità inerente alla terra; e questa essendo un corpo semplice; necessario è ch’essa abbia in tutte le sue parti una regolare gravità, secondo la proporzione della quantità: e così scompare la ragione della instanza principale. Perciò deesi rispondere, che la ragione della instanza è sofistica, perchè inganna seconda la qualità, e semplicemente per causa di ciò. Convien sapere, che la natura universale non rendesi vana nel suo fine: onde sebbene la natura particolare alcune volte per l’inobbedienza della materia devii dal fine cui tende; la natura universale tuttavia non può in alcun modo mancare dalla sua intenzione; mentre sì l’atto che la potenza delle cose, le quali posson essere e non esscre, soggiacciono alla naturale universale. Ma l’intenzione della natura universale si è, che tutte le forme, le quali sono nella potenza della materia prima, si riducano ad atto; e siano in atto secondo la ragione della specie; e che la materia prima, nella sua totalità, sia costituita di tutte le forme materiali, sebbene nelle parti sia sotto ogni privazione opposta, eccetto una. Imperocchè tutte le forme, che sono in potenza della materia idealmente, essendo in atto nel Motore del cielo, come dice il Comentatore nel trattato Della sostanza dell’Orbe; se tutte queste forme non fossero sempre in atto, il Motore del cielo mancherebbe alla integrità della diffusione della sua bontà: lo che non è da credersi. E siccome tutte le forme materiali delle cose generabili e corruttibili, oltre le forme degli elementi, richiedono materia e soggetto misto e complessionato a quello, cui, come a fine, gli elementi sono ordinati, in quanto elementi; e mistione non può esservi, dove cose miscibili insieme esser non possono, come per se è manifesto: quindi necessita che nell’universo siavi una parte, in cui lutte le cose miscibili, cioè gli elementi, possano insieme trovarsi; ma questa non potrebbe esistere, se la terra non fosse in qualche parte emergente, come chiaro appare a chi guarda. Laonde ubbidendo ogni natura alla intenzione della natura universale; fu necessario ancora, oltre alla semplice natura della terra, la quale è d’essere allo ingiù, che le fosse inerente un’altra natura, per la quale ubbidisse alla intenzione della natura universale, come sarebbe il lasciarsi innalzare in una parte dalla virtù del cielo, quasi obbediente ad un comando: nella guisa che vediamo del concupiscibile ed irascibile nell’uomo; i quali, sebbene per proprio impeto si trasportino secondo l’affezione sensitiva, tuttavia, comechè inclinati ad obbedire alla ragione, si ritraggono talvolta per impeto proprio, come si ha dal I dell’Etica.
§. XIX. E perciò, quantunque la terra, secondo la semplice sua natura, equabilmente tenda al centro, come dicevasi argomentando della instanza; nondimeno è manifesto, che per una certa natura si lascia elevare in parte, ubbidendo alla natura universale, sicchè la mistione sia possibile: e stante ciò è salva la concentricità dell’acqua e della terra; e niente segue d’impossibile presso i veri filosofi. Tanto apparirà da questa figura (Vedasi di contro).
Sia il cielo indicato dal cerchio A, l’acqua dal cerchio B, la terra dal cerchio C: nè importa, quanto al proposito vero, che l’acqua sembri distare poco o molto dalla terra. E basti sapere che questa è vera, perchè uguale alla forma e al sito de’ due elementi; le altre due superiori sono false, e poste non perchè così sia in fatti, ma perchè il discente capisca, com’Egli dice nel I de’ Priori. E che la terra emerga per gibbosità, e non per centrale circonferenza, indubitabilmente è manifesto, considerata la figura della terra emergente: imperocchè la figura di questa è quella del semilunio; nè tale esser potrebbe, qualora emergesse secondo la circonferenza regolare, ossia centrale. Poichè, siccome è dimostrato nei teoremi matematici, è necessario che la regolare circonferenza emerga sempre con orizzonte circolare da superficie piana o sferica, quale appunto fa d’uopo che sia la superficie dell’acqua. E che la terra emergente abbia la figura pari a quella del semilunio, è manifesto e pei naturalisti che trattano di essa, e per gli astrologi che descrivono i climi, e pei cosmografi che pongono le regioni della terra in tutte le parti. Imperciocchè, siccome ritiensi da tutti comunemente, questa terra abitabile si estende per una linea di longitudine da Cadice, posta sopra i confini occidentali da Ercole, fino alle foci del fiume Gange, come scrive Orosio. La quale longitudine è tanta, che tramontando il sole, mentre si trova nella linea equinoziale, per quelli che sono in uno dei termini, nasce per quelli che sono nell’altro, siccome fu riconosciuto dagli astrologi per mezzo dell’eclissi della luna. Fa d’uopo perciò che i termini della detta longitudine distino per gradi CLXXX, distanza media di tutta la circonferenza. Per la linea poi di latitudine, come pei medesimi sappiamo, si estende, (la terra) da quelli il cui zenit è il circolo equinoziale, sino a quelli il cui zenit è il circolo descritto dal polo dello zodiaco intorno al polo del mondo. Ognuno è distante dal polo del mondo circa XXIII gradi; e così l’estensione della latitudine è quasi di LXVII gradi, e non più, come appare a chi guarda. E così è manifesta la necessità, che la terra emergente abbia la figura di semilunio, o quasi; perchè quella figura risulta da tanta latitudine e longitudine, come fu dimostrato. Se poi avesse l’orizzonte circolare, avrebbe la figura circolare col convesso; e così la longitudine e la latiludine non differirebbono nella distanza dei termini, siccome può essere manifesto eziandio alle donne. E così appare chiaro intorno al terzo proposto delle cose da dirsi.
Della causa efficiente dell'elevazione della Terra.
§. XX. Resta ora a vedersi intorno alla causa finale ed efficiente di questa elevazione della terra, la quale è sufficientemente dimostrata: e questo è l’ordine artificiale; poichè la quistione se sia, dee precedere quella per qual causa sia. E circa la causa finale bastino le cose, che si sono dette nella precedente distinzione. Per investigare poi la causa efficiente, è da notarsi che il presente trattato non è fuori della materia naturale, comechè tra enti mobili, cioè l’acqua e la terra, che sono corpi naturali; e per ciò deesi cercare la certezza secondo la materia naturale, la quale qui è materia soggetta: avvegnachè per ciascun genere in tanto è da cercarsi la certezza, in quanto la natura lo comporta, com’è dimostrato dal I dell’Etica. Essendo adunque innata in noi la via d’investigare la verità circa le cose naturali dalle più note a noi, e dalle men note della natura le più certe e più note della stessa, come risulta dal I della Fisica; ed essendo a noi più noti in tali cose gli effetti che le cause, perchè per essi siamo indotti nella cognizione di queste, com’è chiaro; atteso che l’eclissi del sole ci condusse alla conoscenza dell’interposizione della luna: perciò dall’ammirare cominciarono gli uomini a filosofare intorno alla via della investigazione. Quindi è, che nelle cose naturali questa via dee muovere dagli effetti alle cause; la quale via però, sebbene abbia sufficiente certezza, non ne ha tuttavia tanta, quanta ne ha la via della investigazione nelle matematiche, la quale procede dalle cause, ossia da’ superiori, agli effetti, ovvero agl’inferiori; e perciò è da ricercarsi quella certezza, che con tale dimostrazione si può ottenere. Dico adunque, che la causa efficiente di questa elevazione non può essere la terra stessa, perchè essendo l’alzarsi un essere portato in certo modo allo insù; lo che è contro la natura della terra; e niente per sè, a così dire, può esser causa di quello, ch’è contro la propria natura; rimane che la terra non può esser causa efficiente di siffatta elevazione. E similmente ancora nè l’acqua, può esserlo; poichè essendo l’acqua un corpo omogeneo, in qual si voglia delle sue parti conviene che abbia uniformemente da sè, a così dire, la virtù; e quindi non sarebbe ragionevole, ch’essa elevasse più qui, che altrove. Questa stessa ragione rimuove da tale causalità l’aria ed il fuoco; e siccome altro non resta che il cielo, così dee ridursi quest’effetto in esso, come nella propria causa. Ma essendo molti i cieli, resta ancora a ricercarsi in quale, come nella propria causa, abbiasi a ridurre. Non nel cielo della luna; perchè essendo la luna stessa l’organo della sua virtù, od influenza; e declinando essa tanto per lo zodiaco dalla equinoziale verso il polo antartico, quanta verso l’artico; così eleverebbe al di là della equinoziale, come di qua: al che ripugna il fatto. Nè vale il dire, che quella declinazione non potè essere pel più avvicinarsi alla terra per eccentricità; perchè se questa virtù di elevare fosse nella luna (essendoche gli agenti più vicini operino più efficacemente), avrebbe di più elevato colà, che qui.
§. XXI. Questa stessa ragione rimuove da consimile causalità tutte le orbite de’ pianeti; ed essendo il primo mobile, cioè la nona sfera, uniforme per tutto, e per conseguenza virtuato da per tutto uniformemente; non vi ha ragione, per cui elevasse più da questa, che da altra parte. Non essendo pertanto molti i corpi mobili, oltre al cielo stellato, ch’è l’ottava sfera; ne viene per necessità, che ad esso si riduca questo effetto. Ad evidenza di che è da sapersi, che sebbene il cielo stellato abbia unità nella sostanza, ha però moltiplicità nella virtù; per lo che fu necessario, che avesse quella diversità nelle parti, la quale vediamo, e che per organi diversi influisse diverse virtù: e chi queste cose non avverte, si riconosca fuori dei limiti della filosofia. Osserviamo in esso differenza nella grandezza e nella luce delle stelle, nelle figure ed imagini delle costellazioni; le quali differenze di certa esser non ponno inutili, come manifestissimo dev’essere a tutti quelli che sono istruiti nella filosofia. Laonde altra è la virtù di questa stella e di quella, ed altra di questa costellazione e di quella; ed altra virtù hanno le stelle che sono di qua dall’equinoziale, ed altra quelle che sono di là. Per lo che essendo simili i volti inferiori ai superiori, come dice Tolomeo; ne consegue, che questo effetto non può ridursi che nel cielo stellato, come si è veduto; perchè la somiglianza del virtuale agente consiste in quella regione del cielo, che sta sopra a questa terra scoperta. E siccome questa terra scoperta si estende dalla linea equinoziale sino alla linea che descrive il polo del zodiaco intorno al polo del mondo, come di sopra si è detto; egli è manifesto, che una virtù elevante hanno quelle stelle, che sono nella regione del cielo da questi due cerchi contenuta, sia che elevi per modo di attrazione, come il magnete attrae il ferro, sia per modo di compulsione, col generare vapori impellenti, come in alcune particolari montuosità. Ora per altro si ricerca: Essendochè quella regione del cielo è mossa circolarmente, perchè quella elevazione non fu circolare? Rispando, che appunto non fu circolare, perchè la materia non bastava a tanta elevazione. Ma allora vie più s’insiste, e domandasi: Perche l’elevazione emisferiale fu piuttosto da questa parte, che dall’altra? A ciò dee replicarsi, come dice il Filosofo nel II del Cielo, allorchè domanda, perchè il cielo si muova da oriente in occidente, e non al contrario: ivi egli dice, che cotali quistioni procedono o da molta stoltezza, o da molta prosunzione, perocchè sono superiori all’intelletto nostro. E però intorno a tale quistione dee dirsi, che quello Iddio dispensatore glorioso, il quale dispose del sito de’ popoli, collocò il centro del mondo, stabilì la distanza dell’estrema circonferenza dell’universo dal centro di lui, e diè ordine ad altre cose consimili, fece per lo meglio sì queste, che quelle. Ondechè quando disse «Sieno le acque congregate in un luogo, ed apparisca simultaneamente la terra», allora il cielo ebbe la virtù di agire, e la terra il potere d’esser passiva.
§. XXII. Cessino adunque, cessino gli uomini dal ricercare quelle cose che sono a loro superiori, e ricerchino solo fin dove possono, affinchè alzino sè stessi alle cose immortali e divine, per quanto è in lor potere, e lascino le maggiori della loro intelligenza. Ascoltino l’amico Giobbe, che dice: «Comprenderai forse le vestigia di Dio, e troverai l’Onnipotente fin nella sua perfezione?» Ascoltino il salmista, che dice: «Mirabile è fatta la tua sapienza; ed hammi confortato, e non potrò giungere ad essa». Ascoltino Isaia, che dice: «Quanto sono lontani i cieli dalla terra, altrettanto le mie vie dalle vostre». E ciò diceva certamente in persona di Dio all’uomo. Ascoltino la voce dell’Apostolo ai Romani: «O sublimità della ricchezza della scienza e della sapienza di Dio! quanto sono incomprensibili i giudizj di lui, ed ininvestigabili le sue vie!» 3. E finalmente ascoltino la propria voce del Creatore, che dice: «Dove io vado, voi non potete venire». E tanto basti alla ricerca della verità, cui si è mirato.
§. XXIII. Vedute queste cose, è facile sciogliere gli argomenti che superiormente adducevansi in contrario; ed era ciò che in quarto luogo ci proponemmo di fare. Allorchè dicevasi dunque, che due circonferenze inegualmente da sè distanti è impossibile che abbiano il medesimo centro, dico ciò esser vero, se le circonferenze sieno regolari e senza gibbosità. E quando dicesi nella minore, che la circonferenza dell’acqua e la circonferenza della terra sono di questa guisa, dico che non è vero se non per la gibbosità della terra: e quindi la ragione non procede. Pel secondo argomento, allorquando dicevasi che a più nobile corpo si dee sito più nobile, dico esser vero giusta la propria natura; e concedo la minore: ma quando si conchiude, che perciò l’acqua dev’essere in luogo più alto, dico esser vero giusta la natura propria dell’un corpo e dell’altro; ma per causa sopraeminente (come di sopra si disse) avviene, che in questa parte la terra sovrasta: e così la ragione mancava nella prima proposizione. Sul terzo punto, quando dicesi che ogni opinione, la quale contradice al senso, è cattiva opinione, dico questa ragione procedere da falsa imaginazione. Imperocchè s’imaginano i nocchieri, stando in mare, di non veder la terra dalla nave, perchè il mare sia più alto della terra medesima: ma questo non è; anzi sarebbe il contrario, poichè vedrebbero di più. La ragione si è, che il raggio retto della cosa visibile frangesi, fra questa e l’occhio, dal convesso dell’acqua: avvegnachè essendo necessario che l’acqua abbia forma rotonda ovunque intorno al centro, è d’uopo che in qualche distanza essa apporti l’ostacolo di alcun convesso. In quarto luogo, allorchè argomentavasi: Se la terra non fosse inferiore ecc.; dico che quella ragione fondasi sul falso; e però nulla vale. Imperciocchè credono i volgari e gl’ignari dei fisici argomenti, che l’acqua ascenda alle cime dei monti, ed anche al luogo delle fonti, in forma acquea; ma questo è molto puerile, giacchè le acque si generano ivi (siccome sappiamo dal Filosofo nelle sue Meteore), salendo la materia in forma di vapore. E per ultimo, quando dicesi che l’acqua è corpo imitante il globo della luna; e perciò conchiudesi, che dev’essere eccentrica, essendo eccentrico il globo lunare; dico che codesta ragione non ha necessità, perchè sebbene l’uno imiti l’altro in una cosa, non per questo è necessario che lo imiti in tutte le cose. Vediamo il fuoco imitare la circolazione del cielo, e tuttavia non lo imita nel non muoversi rettamente, nè nel non avere il contrario alla sua qualità: e perciò la ragione non procede. E ciò basti quanto agli argomenti. — Così dunque si determina la disputa ed il trattato della forma e del sito dei due elementi, siccome fu proposto in principio.
§. XXIV. Questa filosofica discettazione fu determinata, dominando lo invito Signore Cane Grande della Scala per l’Impero sacrosanto romano, da me Dante Allighieri, minimo tra i filosofi, nella inclita città di Verona, nel tempietto di sant’Elena 4 alla presenza di tutto il clero veronese, eccetto certuni, i quali ardenti di troppo amore di sè non ammettono gli altrui postulati, e per virtù di umiltà poveri di Spirito Santo, per non sembrar d’approvare l’eccellenza degli altri, ricusano d’intervenire ai sermoni loro. — E ciò fu fatto nell’anno della natività del Signor nostro Gesù Cristo millesimo trecenvigesimo, in giorno di Domenica, che il prefato nostro Salvatore per la gloriosa sua nascita e per la maravigliosa sua risurrezione c’impose di venerare; il qual giorno fu pure il settimo delle Idi di Gennajo, e decimo terzo avanti le Calende di Febbrajo.
FINE.
- ↑ [p. 238 modifica]È inutile il dire, che Dante attenevasi alla dottrina degli antichi, i quali non ammettevano nella natura che quattro principali divisioni, chiamate da loro elementi, cioè aria, acqua, terra e fuoco.
- ↑ [p. 238 modifica]Forse nessuno, o pochi ignorano, che per la denominazione assoluta di Filosofo, ovvero Egli disse, solevasi a’ tempi di Dante, ed anche per non breve tratto in appresso, designare Aristotele.
- ↑ [p. 238 modifica]ininvestigabili. Se il verbo Investigare ha in Vocabolario la significazione di «Diligentemente ricercare» (e così dicasi de’ suoi derivati Investigato, Investigatore, Investigazione ecc.), ne verrà per ragione d’analogia che Investigabile significhi Che può ricercarsi; e il contrario di tale addiettivo sarà Ininvestigabile, cioè Che non può ricercarsi, come ad Intelligibile si avversa Inintelligibile; e nel predetto senso se n’è qui per noi fatto uso. La cosa procede diversamente in latino, avendo quella lingua il verbo vestigare, nella quale il suo opposto investigare ha pure ne’ suoi derivati lo stesso senso, assumendolo però diverso nell’agget. investigabilis, sebbene nel Forcellini sia messa in dubbio la lezione dell’esempio di Lattanzio — «Res non investigabiles quaerere; Al. leg. vestigabiles» — . A questa nota diede motivo l’osservare, che nella Crusca è definito Investigabile «Che non si può investigare», allegandosi un esempio del Lib II, cap. 49 del Dial. di S.Greg. — «Come sono incomprensibili gli giudicj di Dio, e investigabili le sue vie!» — ; il qual esempio è appunto la traduzione del passo, che Dante riporta di S. Paolo, (Let. ai Rom. cap. XI, v. 34). Comunque sia di ciò, lasceremo ai filologi il giudicare se bene o male siasi per noi adoperato; su di che ci rimettiamo a quanto altra volta dicemmo circa la voce ininvestigabile nel Vol. I dell’Ottimo Comento alla Div. Com., pag. 609, e pag. 658, nota a).
- ↑ Probabilmente per inavvertenza nel Viaggio di Teodoro Hell in Italia sulle orme di Dante (Treviso, 1841, pag. 106) è detto invece nella chiesa di st. Anastasia; ed oltracciò è sbagliato il titolo della tési, ponendosi sull’Acqua o sul Fuoco: ma di tali qui pro quo ve n’ha parecchi in quel libro; intendo dire nella parte di cui è autore il sig. Hell, non ammettendo eccezioni le tre Appendici che seguono, una delle quali da me col debito onore ricordata nella 1.ma delle due note aggiunte alla Prefazione, pag. XXV.
Note