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III
L’OROSCOPO
Dove, dove t’innalzi,
temerario pensiero? Il volo arresta!
Su quai vanni ti sbalzi,
curiositá funesta
a calcar di Giunon liquidi i campi,
ove gli eterei lampi
scrisser cifre di stelle a mie sventure,
quanto lucide piú tanto piú oscure?
Stimolo dell’ingegno,
folle curiositá, sprone al pensiero,
oh temerario impegno,
oh desiderio fiero,
voglia del mio voler tormentatrice,
ansïetá infelice,
spia de’ segreti, esploratrice audace,
alfin ritroverai ciò che ti spiace.
Ferma l’icario volo;
Argo è di luci il ciel, talpa tu sei.
Per osservar nel polo
gli abissi degli dèi
piú svelati e piú chiari invano impetri
tersi veli di vetri;
cozzar col lume invan, occhio, presumi,
benché scudi di gel t’armino i lumi.
Sovra i cerulei giri,
o che, pesci del ciel, guizzin le stelle,
o in piani di zaffiri
sian nodi; a me procelle
sempre presagiranno astri guizzanti;
le sventure costanti
ne le fisse averò; contrarie sempre,
non d’òr, gli astri han per me ferree le tempre.
Stanchino i Tolomei
sfere, astrolabi, tavole e figure;
leggano i Galilei
chiare le mie sventure;
senza che me ’l predicano i Cononi,
i Firmici, i Ticoni,
teorica che lor studian sugli astri,
pratticata ved’io ne’ miei disastri.
Con la diva di Delo
l’oroscopo contende il dio cretese;
al mio natale in cielo
stanno i numi in contese;
esser ricusan forse astri adirati
signori a’ sventurati;
guarda di trin Saturno la Fortuna,
retrogrado è l’Eleo, cade la Luna.
Stelle, che piú volete?
avete influssi piú maligni e infesti?
stelle no, ma comete,
che presagi son questi?
ogni segno per me s’accozza infausto?
del destino olocausto
bamboletto perché mi fece il fato,
se cagion non sapea men di peccato?
Vibra clava nocente
armato di terror crudele Alcide;
stella non piú splendente
le mie speranze uccide,
ed avverati vidi i suoi presagi
finor ne’ miei naufragi.
Alma, qual dunque scampo aver tu puoi,
se tuoi nemici in ciel s’arman gli eroi?
In questo giorno appunto
infausto... ah no, che dissi? oh folle! e dove
a delirar son giunto?
Se al sempiterno Giove
consecrato ved’io sí lieto giorno,
di nuova luce adorno
ecco risplende fausto il natal mio,
se in oroscopo uman risplende Iddio.
Sogni, larve, follie,
d’Ipparchi indegni e d’Apolloni infidi,
pelasge fantasie,
non sia ch’in voi mi fidi.
Che Eudossi, che Maneti ed Albategni?
che figure? che segni?
Se in segno di pietá Dio mi sovrasta
di pan con gli accidenti, a me ciò basta.
Pensier, se occulti arcani
hai desio di spïar, qui ferma il volo.
Qui misteri sovrani
apprendere puoi solo.
Ve’ la sostanza in Cristo traformarsi,
senza l’annichilarsi,
e mentre gli accidenti agli occhi appresta,
forma sostanzïal di pan non resta.
Sofisticar chi vuole
come accidenti stian senza soggetto?
de le sacre parole
in istante l’effetto?
Come è de l’alma il natural ridutto
in parte ancora tutto,
tutto è nel tutto, e con mirabil arte
tutta la quantitá sta in ogni parte.
Pensiero, ove t’interni?
Tanto secreto occhio mortal non vede;
per tanti arcani eterni
telescopio è la fede.
Tu questo Sol ch’il tuo natale onora,
entro la sfera adora;
e se adori splendor che non comprendi,
quali sian de la fé gli arcani apprendi.
fine.